Quintetto romano versatile e stilisticamente cangiante, che veste di abiti progressive la tradizione autorale italiana. E' un buon esordio questo long-playing dei Senza Nome, band che rimpasta un genere pretenzioso, senza però autocompiacimenti, ma con il giusto dinamismo ed un humus emotivo tutt'altro che scontato. Il tentativo è quello di superare gli assiomi del prog, primo fra tutti il rifiuto programmatico della "forma-canzone". C'è un discreto utilizzo di cambi di tempo nella ritmica, flussi melodici che si incastrano a lunghe dissertazioni strumentali, onde massicce di tastiere e una vocalità serena ed efficace. I ricchi arrangiamenti non assumono toni celebrativi: l'uso di strutturazioni, spesso ritmicamente e melodicamente complesse, sfrutta situazioni armoniche vicine al jazz, stemperando però queste forme virtuosistiche con una scrittura della canzone tutta italiana.
Questo è un album che scorre, a cui va riconosciuto il merito di saggiare delle formule sonore poco usurate e riscoprire argomenti musicali con ancora qualcosa da dire.
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