Baustelle - Rolling Stone - Milano



Io non porto gli occhiali. Ci vedo bene, cazzo. Anche se a volte prendo abbagli, tutto sommato posso vantarmi di una discreta quantità di decimi. Però ci sono sere che proprio ti aggiri in cerca di una spiegazione. Un senso. Una contestualizzazione che rassicuri. E invece non vedi niente. Zero. Ti confondi. Ti confonde. Tutto. Praticamente è un gran casino. E non riesci a parlare e non riesci a fare battute simpatiche e non riesci a limonare. Niente. Fai cose senza capire perchè. Un film che se la ghigna da sè. Perciò, questa sera io mi porto dietro gli occhiali. Non si sa mai. Sento un’aria strana.

Allora. Passi e anzi ben venga andare verso il Rolling Stone di Milano ascoltando i Fall Of Troy. Emo-core sempre, anche se è bello tamarro come in questo caso. Passi passare di fronte ad un tempio che fa della propria vita con la fu musica rock e vedere il delirio, la follia. Se ci sono i Baustelle in concerto, capirete, la sorpresa è delirante, stupenda, e ti gonfia il cuore. Passi dunque che, disorientato e felice, scendi dalla macchina e corri contento verso l’entrata e c’è la fila e c’è la fila! Ma, è da non crederci che poi entri, e dopo un saluto a Dariella degli Amari e un altro a Max Collini degli Offlaga Disco Pax, sul palco c’è un gruppo comandato da un proto-rasta e accompagnato da un bassista metallaro che, durante l’esecuzione di una pregevole canzone dei Doors, si inginocchia sotto la cassa in una assolo di un odioso basso acidoso. Gli Swami, mi pare si chiamino. Nome orribile. Che disperati.

Ti viene una domanda. “Che cazzo ci fanno questi prima dei Baustelle?”. Seguita da: “ma che cazzo ci fai tu, sfigato, a questo Saturday Night Live?”. Domanda legittima, che non avendo un preciso soggetto, puoi anche auto-porti, chissà che se ne cavi un ragno dal buco.

Vedo sfuocato. Sarà perchè hanno abbassato le luci in attesa dell’inizio del live.

Passano minuti. Poi il boato. Lei vestita di nero, piccola, affascinante gioia. Lui in camicia bianca e giacca nera, capello lungo arruffato sopra l’occhio. L’altro tutto di nero, con quel capello da malavita. E tutti con quel tocco di dandismo eccentrico. Il mio disco dell’anno 2005, eccolo lì. E tutta questa gente...

Attacca “Cronaca Nera”. Non si sente una mazza. Si passa a “I Provinciali”. Non si sente una mazza. Qualcuno del pubblico glielo dice, sembra di guardare la tivù a volume basso. Io mi sposto verso il centro, vedo sfuocato. Sgomito fra la folla e il delirio, anche se molto composto. Si alza qualche accendino su “Il Corvo Joe”. Cade qualche lacrima su “Love Affair”. Il pubblico canta “l’erba ti fa male se la fumi senza stile”, e Francesco gli dice “bravi” (sì, anche a quel tamarro alla tua destra, siamo tutti uguali). Chiedo permesso per cercare il modo migliore di ascoltare “La Guerra E’ Finita”. Dove sei amore mio? Vedo sfocato. La voce questa sera non ha la tenebra dei giorni migliori, quelli passati a riempire i vuoti con santissime parole, unica cosa rimasta.

Ve lo ricordate? Bud Spencer in un suo vecchio film spaghetti-western raccontava ad un piccolo e sveglio biondino che si metteva gli occhiali per riflettere. Anche se non sapeva leggere. Diceva: lo aiutavano a pensare. Vorrà dire che lo faccio anche io.

“Gomma” è incredibile, stupenda. “La Canzone Del Riformatorio” è la consacrazione. Sono la cosa indie-pop più bella che c’è, forse fossi mia mamma mi sentirei come alla laurea del mi’ figliolo. Ma vedo sfocato. Devo mettermi gli occhiali. Non è quel concerto da cui esci carico, in sintonia con il mondo. Non è stato come per i Bloc Party sempre dentro quella gabbia, dove la gente era quasi la stessa ma l’adrenalina quadrupla. Non è andata come al Jail di Legnano un mese e mezzo prima, con la percezione di sentirsi al centro di una cosa che esplode, “La Malavita”, e un universo in espansione, i Baustelle. Non è come dopo i !!!, sudato marcio. Cos’è, allora? Gli occhiali aiuteranno a riflettere? Perchè sono felice che il mondo abbia avvolto con le sue braccia uno dei nostri lontani amori, ma questa sera è stato un concerto mediocre? Perchè in questo locale si sente sempre da schifo? Perchè mi hai deluso nel giorno in cui dovevi darmi la vita? Perchè al Conchetta (tre di notte) passano Simone Cristicchi e il Califfo? Questi occhiali non aiutano a riflettere proprio per un cazzo. Ma forse è normale. Sono di plastica. E non hanno le lenti.



Rolling Stone. Milano. E' un sabato di quelli dove la scaletta della serata la fanno tanti gruppi emergenti, in relazione a quanti tickets riescono a piazzare prima del loro live. Questa sera fuori dal locale c'è una bolgia incredibile. Suonano i Baustelle, gruppo di Montepulciano, un pezzo di cuore a Milano. Francesco Bianconi, voce, veste una giacca nera sopra una camicia bianca. E' il poeta nuovo della musica italiana, il crooner dandy delle notti violente. E' bravissimo. Sono bravissimi. Ma dentro il freddo pungente che aggredisce le gote c'è di più. E noi non l'abbiamo capito

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L'articolo Baustelle - Rolling Stone - Milano di Carlo Pastore è apparso su Rockit.it il 2006-01-14 00:00:00

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