I nuovi artisti su cui puntare nel 2016, secondo Rockit

10 nomi che a loro modo ci hanno colpito molto, e che hanno tutte le carte in regola per farcela davvero (nel 2016 o ancora più in là)

Spinga Signora Spinga 2015
Spinga Signora Spinga 2015 - Collage di Michele Papetti

Come sempre inauguriamo lo speciale di fine anno con la lista delle band, cantautori, rapper e producer su cui scommettere per i prossimi tempi. 10 nomi nuovi che a loro modo ci hanno colpito molto, e che hanno tutte le carte in regola per farcela davvero (nel 2016 o ancora più in là). Ve li presentiamo.

Celluloid Jam

I Celluloid Jam hanno un enorme talento, a cui si aggiunge un lavoro quasi maniacale sulle melodie che li porta a scrivere non più di due-tre pezzi l’anno. Hanno la freschezza di chi ha poco più di vent’anni e ascolta pop. Hanno una fantasia prolifica, che spazia dal Rocky Horror Picture Show al neo-dadaismo creando un miscuglio visivo potente, che coinvolge nuove forme di femminismo e glitter quanto basta. Faranno grandi cose.

 

Erio

Erio è l'ultimo arrivato in casa La Tempesta, etichetta per la quale ha debuttato nel 2015 con due singoli e un album. Ha studiato canto lirico (e si sente) ed è riuscito a conciliare questa formazione classica in delicatissimi brani di folk elettronico, tra Anthony and the Johnsons e Bon Iver. Un sound poco esplorato in Italia, in cui Erio riesce a meraviglia. 

 

Joe Victor

Ai Joe Victor non manca niente: songwriting, gusto, grandi ispirazioni e aspirazioni, una resa live ad altissimo tasso di coinvolgimento, un ottimo disco d'esordio, "Blue call pink riot", spontaneo e autentico: se fossero una parola, quella parola sarebbe "entusiasmo". Questo dovrebbe bastare a spiegare perché ci aspettiamo grandi cose da loro. E perché il rock'n'roll will never die.

 

IZI

Ascoltare le rime di IZI è come guardare uno dei tanti autoritratti di Egon Schiele, forse quello che si avvicina di più è l'autoritratto con camicia rigata, quello del 1910. Come i dipinti dell'austriaco la musica di Diego Germini trasuda malinconia e disagio ma anche rabbia e voglia di emergere, c'è fame di rivalsa. "Julian Ross" è il suo ultimo lavoro, progetto in cui vengono a galla gli aspetti più ricchi della scrittura del rapper genovese, una penna fortemente condizionata dal suo vizio più grande: la ricerca costante alla melodia perfetta. Anche scrivere diventa un disagio, per questo i versi hanno spesso una struttura completamente fuori dai classici canoni di composizione, e per questo il primo approccio con la musica di IZI potrebbe risultare difficile, per alcuni fastidioso. Ma IZI va ascoltato tutto nel suo insieme, fino al momento in cui le sue parole avranno colonizzato la vostra attenzione. Nel frattempo il ragazzo sta girando un film con Cosimo Alemà e anche i più grandi si sono accorti di lui, la sua forza è la sua unicità e per questo motivo abbiamo deciso di credere nel suo potenziale.  

 

Joan Thiele

L'incontro con Joan Thiele è avvenuto all'inizio dell'anno, inciampando per caso in un live assolutamente meraviglioso registrato negli studi di Radio Due durante la trasmissione Social Club (guardatelo, sul serio). Da quel momento abbiamo cercato mese dopo mese di conoscerla meglio attraverso dozzine di video su YouTube che testimoniano il suo talento cristallino, una voce incredibile e una tecnica chitarristica niente male: live nelle campagne toscane, dentro il carcere di Brescia, cover di Drake e tanto altro. Sì, perché Joan non ha ancora pubblicato niente, letteralmente niente. Ma ha appena firmato per Universal, e un motivo ci sarà.  

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The Yellow Traffic Light

Un ep nel 2014 e un altro uscito quest'anno per We Were Never Being Boring, una manciata di canzoni che ci hanno lasciato una voglia pazzesca di ascoltarne di altre (magari proprio nel 2016, con un album di debutto): siamo in quel terreno ovattato a metà tra new wave, post punk e pop, con in più tutta la naturalezza che i vent'anni riescono a regalarti quando imbracci una chitarra. Una vera rock band, che speriamo cresca in fretta.

 

The Leading Guy

The Leading Guy è il progetto solista di Simone Zampieri, già con la Busy Family. Il suo debutto "Memorandum" è stato come scoprire un fiume d'acqua purissima appena dietro un palazzo di città: l'essenzialità della proposta voce e chitarra ci ricongiunge con la parte più spontanea e cristallina della musica popular, darsena necessaria e desiderabile in cui cercare approdo per riposarsi dal caos del quotidiano.  

 

WrongOnYou

Un talento raro. Qui si va oltre alla bella voce o al songwriting svecchiato rispetto alla media nazionale, c’è un’emotività forte che gli conferisce una credibilità diversa. Perché è un attimo passare per l’italiano che copia cosa va di moda fuori confine. Wrongonyou invece ha una sua personalità molto forte, energica ma al tempo stesso malinconica. Aspettiamo il primo album.

 

Sfera Ebbasta e Charlie Charles

"Eravamo creature comuni. Ci bastava un gesto per sollevarci collera o amore. [...] Creature innocenti, confinate per malinconia, abitudine o amore, per qualcosa di più intimo e rissoso, nel nostro Quartiere
Così Vasco Pratolini descriveva gli abitanti di Santa Croce nelle prime righe de "Il Quartiere", e proprio di questo parlano le storie raccontate da Sfera Ebbasta: di persone comuni e delle situazioni che queste persone vivono ogni giorno in un preciso contesto, nel bene e nel male. Con l'album "XDVR" il rapper di Cinisello e il talentuoso producer Charlie Charles hanno avuto la meglio su due fronti. Sfera ha messo sotto i riflettori il suo quartiere, il luogo in cui è cresciuto, ovvero il sogno di qualsiasi rapper; e poi grazie alla combinazione perfetta con il suono creato da Charlie Charles ha fatto capire ai colleghi italiani come scrivere su strumentali trap, e come farlo con una propria personalità e una propria attitudine, senza risultare una copia banale di quanto si ascolta oltreoceano. I due sono andati oltre e hanno creato un sottogenere del sottogenere: hanno creato la Ciny Trap (e hanno appena iniziato).

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Alessio Bondì

Si è detto di lui che sia un incrocio tra Rosa Balestrieri e Jeff Buckley. Della prima ha l'attitudine da cantastorie, del secondo la capacità di unire il linguaggio del folk a suggestioni blues e soul, riportando il tutto nel cuore e nel colore della sua terra d'origine, la Sicilia, che nel disco d'esordio “Sfardo” fa da sfondo all'espressività giocosa e vivace di Bondì. Arrangiamenti raffinati, il coraggio di cantare in dialetto e un gran gusto nella scrittura fanno il resto: che fortuna poterlo ascoltare.

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L'articolo I nuovi artisti su cui puntare nel 2016, secondo Rockit di Redazione è apparso su Rockit.it il 2015-12-03 13:00:00

COMMENTI (16)

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  • mummo_968 anni faRispondi

    E Ghali?

  • maxavo9 anni faRispondi

    Replico solo per sottolineare che non stavo affatto criticando il tuo punto di vista che, in linea generale, condivido, ma che lo ho usato per fare una puntualizzazione sul mio. Il concetto di cui sopra (inglese=successo) non lo attribuisco a te ma alla maggiorparte di coloro che si affidano all inglese per baipassare lo stereotipo di "musica italiana"(quale poi?), dimenticandosi di fare buona musica. Il bacino d'utenza del cantato in inglese è, oggettivamente, piu ampio, ma, a memoria, non ricordo un artista italiano(che canti in inglese,ovviamente) che sia piu famoso all estero di quanto possa essere o sia in Italia; tutti coloro che sono famosi pur cantando in inglese, lo sono prevalentemente qui a casa loro, a dimostrazione che il palcoscenico di riferimento è sempre il nostro.Secondo me, e sottolineo "secondo me", se si sceglie di cantare in inglese per darsi un tono piu internazionale e "sfondare" all estero si fa peccato d'ingenuità(o di presunzione). Davvero si puo pensare che un italiano faccia il Grunge,il brit pop, il folk(americano?????) meglio o alla pari di Nirvana, Oasis o Devendra Banhart (per dire tre delle "muse" dei nostri avanguardistici giovani, per la serie"noi arriviamo sempre in anticipo")? Io, per quello che ho ascoltato, dico di no. Molto meglio va quando quelle influenze confluiscono nella nostra tradizione, che non è solo musicale, ma anche,e soprattutto, linguistica, dando vita a qualcosa di effettivamente originale. Sembrare qualcosa che non si è restituisce come risultato una ridicola macchietta di qualcosa che non si conosce a fondo.
    Qualcuno si ricorda il 45 giri dei Rolling stones che cantavano "as tears go by" in italiano?
    Se lo ribaltate avete un idea dell'ilarità che potremmo suscitare in un madrelingua inglese cantando nella sua lingua. Difficile pensare che possa essere una mossa vincente al di la dei nostri confini. Poi, ognuno è libero di cantare nella lingua che preferisce, e non sarò certo io fargli cambiare idea, come è giusto che sia. Semplicemente, lo trovo un gran peccato.Tutto qui.

  • utente381239 anni faRispondi

    Rileggo il mio post e non trovo il concetto "inglese=successo all'estero", non capisco da cosa tu lo abbia desunto. leggo invece che se canti in inglese devi essere credibile, cosa certamente non facile, visto che non è la nostra madre lingua.
    Il mio concetto, in estrema sintesi, voleva essere che - di fronte a proposte musicali ugualmente valide (e sottolineo, ugualmente valide), quella in inglese ha un bacino d'utenza potenzialmente più ampio.
    Circa l'ultima frase... se la musica che fai è insulsa, probabilmente il problema non è che sia cantata in inglese...
    Buon anno e buona musica a tutti, qualsiasi idioma usiate!

  • maxavo9 anni faRispondi

    Non voglio monopolizzare l'eventuale conversazione, ma il commento di Norma mi offre una possibilita di puntualizzazione: io stesso non sto difendendo campanilisticamente la scelta di cantare in italiano, quanto non riesco a capire le motivazioni che stanno dietro la scelta di cantare in inglese. Spesso, sembra fatta per volersi smarcare dal "provincialismo" italiota, come se bastasse sostituire l'inglese all italiano per farlo. Di Italiani che sono credibili sia in inglese che in italiano ce ne sono a bizzeffe(afterhours, the niro, elisa, per dirne tre) a dimostrazione che se lo fai convintamente funzioni in Italia prima ancora che altrove. Avere un pubblico piu ampio credo sia lo scopo di chiunque faccia musica , ma pensare di riuscirci applicando la regoletta "inglese=successo all estero" è di un ingenuita disarmante. Inoltre, io credo che per vendere tanto quanto Vasco Rossi, Negramaro o Subsonica(perchè è di questo che parliamo, di vendite) darebbero una mano, eppure loro cantano in italiano. Questo per dire che pensare di vendere all estero più che in italia è un utopia oltre che un atto di presunzione. Si puo fare bellissima musica cantando in italiano come bruttissima cantando in inglese e viceversa, ma tra le due è piu facile incorrere nella seconda. Poi, "la solita musica italiana" non esiste se non proprio nello stereotipo che si cerca di spacciare per "giustificarne" lo smarcamento (per altro esclusivamente linguistico,a quanto pare). Per ogni esempio di "solita musica italiana" io ne posso fare uno che lo smentisca, salvo dire che la musica italiana fa schifo proprio perchè cantata in italiano(i kolors non so come li vedete voi, ma io se non li vedo sto meglio). Si cita Bjork ed io cito i sigur ros(cantano spesso in un idioma inventato da loro) a dimostrazione che ad una cosa ne corrisponde sempre una uguale e contraria. L'illusione di avere una possibilita all estero è , appunto, una mera illusione, soprattutto se lo si progetta a tavolino con la ricetta di cui sopra. Sentire un italiano che fa musica "italiana" biascicando in inglese mi fa schiacciare su skipp in automatico.
    Tutti coloro che fanno musica "sincera" arrivano ad un pubblico, piccolo o grande, sia che cantino in inglese o in italiano, al di la del luogo di nascita.
    Ecco, dico che spesso nelle nuove proposte che cantano in inglese riscontro quest'attitudine; musica italiana(spesso insulsa) cantata in inglese, e mi chiedo: cui prodest?

  • utente381239 anni faRispondi

    Vexata questio, quella sul cantato in italiano...
    Francamente non vedo scelte giuste ma solo personali, non credo che l'una o l'altra cosa sia aprioristicamente preferibile.
    Credo però che sia innegabile che una musica cantata in italiano abbia meno possibilità di diffondersi all'estero, di quante non ne avrebbe se fosse cantata in inglese. A mio avviso è proprio il difendere questo nostro territorialismo che non ci permette di essere ascoltati (e magari apprezzati) all'estero come musicisti che sanno fare qualcosa di diverso dalla "solita" musica italiana (chiediamo all'estero quale musica gli viene in mente quando pensano all'Italia).
    Seguendo questi campanilismi Bjork dovrebbe cantare in Islandese (sai che successo mondiale...)
    Certo, concordo pienamente con chi dice che - se usi l'inglese - devi essere credibile, pertanto testi grammaticalmente corretti, pronuncia corretta, e possibilmente qualcosa da dire....

  • zesiff9 anni faRispondi

    Se volete sentire qualcosa in italiano, perchè non sentire gli ZOIS al loro album d'esordio ?
    Fanno un genere che non riesco ancora a classificare e ad ogni ascolto colgo qualcosa di nuovo. Voce femminile particolare e soprattutto dei testi con un po' di attributi non il solito "ti amo/mi manchi", ormai declinato in ogni forma dal commercialone all'indie.
    Ci aveva creduto Mango (indipendentemente dalla lontananza di genere) prima di andarsene...

  • idramante9 anni faRispondi

    Penso anch'io che si debba prestare più attenzione a chi scrive in italiano. E se invece si sceglie di dare spazio a chi non fa questa scelta, penso occorra individuare artisti che abbiano una padronanza della lingua inglese tale da potergli, potenzialmente, garantire un pubblico internazionale: di gente sui palchi di provincia che canta in un idioma incomprensibile per un anglofono madrelingua, secondo me ce ne facciamo poco.

  • jun9 anni faRispondi

    tutto bello, ma Rosa BALESTRIERI non se pò sentì raga

  • utente1074929 anni faRispondi

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  • lucy9 anni faRispondi

    e' francamente insopportabile e non capisco ( che c'entra l'esterofilia?....) come ancora nell'anno 2015 si possa proporre un intero album in dialetto !..... sta roba qua' si sentiva negli anni 70' ai festival del "proletariato giovanile" ..... BASTA !!!