The pale flowers "The pale flowers" 2013 - Rock'n'roll, Punk, Garage

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Il punk-blues diviene spettacolo e The Pale Flowers sbocciano: alcuni motivi per cui adorare o dimenticare questo debutto omonimo.

The Pale Flowers è il prototipo del complesso vacuo e superficioso anni '10: la loro non è musica, non innovano, non emulano, imitano senza contegno; sono a tal punto relegati nel solco della tradizione, da apparire parodia. Sono un trio: il basso e le corde vocali di Nick Veleno, la chitarra di Richie Dagger, la batteria e la voce di Joe Mitraglia.

Detto questo: "Imitano bene?", sì! "Il disco è divertente?", sì! "La musica scorre per bene?", sì!. "Si può ballare?", un sacco! "Dunque non c'è di meglio per lo stereo della macchina, per la libreria dell'iPod, lo scarico?", già!

Fine: i dettami di un debutto adorabile, ma monocromatico. Uno potrebbe non accontentarsi, il pogo sotto il palco non è universalmente una ragione d'essere. A vedere bene il confine dei due livelli esistenti, quando si impugna uno strumento, e quindi musica, che è arte, e spettacolo, che è intrattenimento, loro oziano nel mezzo: spettacolo sonoro pigro, nulla di decisivo e rincorrono la propria coda.

"Dreaming You" è la sezione ritmica che salta, le sei corde rincorrono deviazioni psichedeliche e la voce scivola rauca in luoghi comuni punk-blues; tra progressioni e eclissi di distorsioni, trovano compimento lo svolgimento e la trama del pezzo. "Far Away" è il pezzo giusto, col suono giusto, che entra in circolo nelle vene e ammicca: la voce è noia cantilenante e segue il giusto corso, la chitarra riverbera mielosa. "Looking for a sign" non segna dentro, in corsa sfrenata. "Bad Reaction" e "Cemetery" non vanno troppo oltre il linguaggio fino ad ora sviluppato, non fosse per una maggiore qualità complessiva nello sviluppo strutturale del pezzo e sembrano dilagare, sviscerare meglio i propri impulsi. "Slaves" è forse il meno compiuto dell'intero disco, nulla torna, la batteria e il basso continuano a toccare i medesimi punti, alla chitarra Dagger ciondola per inerzia. In "Happy I Walk My Way" Veleno e Mitraglia tornano in valida ritmica combinata, Dagger affonda meglio i colpi: l'uno-due del rullante nasce vomitevole e diviene unica salvezza dinanzi all'a solo della chitarra, che affoga la voce. "Down" è il limite del fastidio, pare coincidere con il ghigno di "Cemetery" e, mentre scivolano verso il fondo, si inizia a sperare in una svolta brusca dal monocromatismo generale, al ritornello iniziano a battere palpitazioni positive. "Nothing" è titolo sistematico: scorre, nessuno sente nulla, una sofferenza imbottigliata. "Spit on the trends" conclude la corsa, voce convincente, cruda il giusto, graffia relativamente.

Non si intravedono le postille, dove e come un pezzo trovi distinzione dall'altro: è intrinsicamente un disco mono-traccia? Sì, ma ci si diverte molto. Anche se un ammucchio deviato e ferroso di spunti dal passato, il disco ha i suoi pregi: pezzi brevi, quindi non stufano, e dal vivo possono assordare con dignità. Al fruitore spetta far o meno pesare la forte impersonalità e la povertà contenutistica e conoscitiva. The 13th Floor Elevators, Gun Club, The Dream Syndicate, Spacemen 3, Jon Spencer Blues Explosion, The Libertines, Ty Segall frullati senza senza prospettive o orizzonti. Nulla di male, è solo divertimento, "yeah" a pezzo concluso e non ci si guarda alle spalle.

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La recensione "The pale flowers" di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-01-15 00:00:00

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