Generic Animal Generic Animal 2018 - Pop

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Non carichiamolo troppo di aspettative, non appesantiamolo, non chiediamogli di salvare la musica italiana, lasciamolo lì a divertirsi nel comporre canzoni irrisolte che così come sono, qui e ora, ci piacciono moltissimo.

Facciamo finta di non sapere nulla di questo disco. Di non sapere che i testi li ha scritti la leggenda underground Jacopo Lietti (frontman dei Fine Before You Came), che la produzione è stata curata da quei talenti cristallini di Marco Giudici e Adele Nigro (Any Other) e che alla voce c'è Luca Galizia, già nei Leute. Facciamo finta di non averne già letto ovunque sul web e sulle varie riviste specializzate. Facciamo finta di non sapere nemmeno che qui a Rockit abbiamo messo Generic Animal nel CBCR 2017 (ovvero i gruppi nuovi su cui puntare per il futuro). Spegniamo per un secondo i social e quell'insopportabile “nuovite” (cioè quella malattia per cui hai un bisogno al limite del patologico di rincorrere l'ultima novità) che non ti fa vivere felice mai (come canta il poeta). Facciamo questo gioco di far finta di essere nel mondo antico di 25 anni fa quando un amico ti passava un cd e ti diceva “prova ad ascoltarlo me l'ha passato un mio amico che li ha visti in concerto la settimana scorsa e spaccavano”. Ecco. Facciamo play e vediamo un po' che succede.

A un primo ascolto c'è freschezza, molta freschezza nell'aria e un'attitudine generale divertente e divertita. Le canzoni scorrono bene, sono narrative e quotidiane insieme, piccole storie tristi o allegre di un qualsiasi ragazzo di provincia che se ne va via. “La città che ho lasciato è uno stupido paese / se tutto va come deve andare / ci morirà il prete e la maestra e il benzinaio / e tutti i vecchi del parchetto” (da “Alle Fontanelle”). Tutto tarato su basso profilo e semplicità e leggerezza, con quel tocco dispari che un tempo si diceva sbilenco (sì, c'era un tempo in cui andava di moda dire “sbilenco” delle canzoni che non riuscivi o volevi troppo catalogare).
Quello di Generic Animal è un pop destrutturato fatto di scambi di file su Whatsapp e tanto Garageband, come fosse una versione di alt-pop cantautorale molto aggiornata al 2018. Ma non è tutto naif quello che non-luccica. Già, perché sotto a tutta questa apparente semplicità, quello che traspare a guardar bene in controluce, è un'attitudine artsy vagamente artefatta che collima e flirta pericolosamente con una determinata pseudo-intellighentia-fuffa-fashion capace di rubare innocenza&urgenza al più vero dei progetti e renderlo sterile e irrilevante ed esangue esercizio di stile.

Punto e a capo.

Torniamo a bomba sul disco. Inizialmente pensi che sia nei testi la chiave di lettura, ma ben presto ti rendi conto che più che nelle parole è negli arrangiamenti e nelle atmosfere il suo segreto. Le canzoni hanno quel che di irrisolto che ne è la vera magia, come quando disegni su un quaderno degli appunti, parti bello convinto e tranquillo e anche un po' sovrappensiero che tanto stai solo facendo una bozza ma poi ti accorgi che non è niente male quello che sta venendo fuori e inizi a curare i particolari, a definire meglio il tratto, a scegliere i colori, e finisce per essere quasi un disegno finito vero e proprio, però fatto sul blocco degli appunti, quindi un qualcosa che sta lì a metà. Ecco, come metafora direi che è ok, per queste 8 canzoni-quasi-disegni. Un qualcosa di molto bello e ben riuscito che sta li a metà. Quali metà? Ognuno decida per sé.
Tutti pazzi per il progetto Generic Animal insomma. Bene così, è un bel disco, suona bene, è un bel respiro in stanze chiuse. Non carichiamolo troppo di aspettative, non appesantiamolo, non chiediamogli di salvare la musica italiana da se stessa (che frase senza senso) e lasciamolo lì a divertirsi nel comporre canzoni irrisolte che così come sono, qui e ora, ci piacciono moltissimo.

“La prima Marlboro mi stese / vomitai tutta la cena / ho fatto poi di testa mia / ma se mi manchi sto male”

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La recensione Generic Animal di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-01-22 00:00:00

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