luigibairo VALIS 2019 - Rock, Progressive, Etnico

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“Valis” racconta un Paese oppresso da un Presidente tiranno e di un giovane che tenta di salvarlo grazie alle illuminazioni che gli giungono dalla musica

Nonostante Luigi Bairo abbia sfornato altri lavori (più recente dei quali è “Zentown”, pubblicato quest’anno: un “album di musica d'ambiente ispirato alla meditazione buddista”), recuperiamo qui il suo “Valis”, un disco quasi interamente strumentale dato alle stampe circa sei anni fa e di cui comunque si trova pochissimo in rete, dunque è cosa buona e giusta dedicargli qualche riga, anche perché la musica non è fatta con il latte e quindi non ha scadenza.

Luigi Bairo è un artista e scrittore davvero interessante poiché riesce a guardare il mondo con uno sguardo aperto a 360° e a riportare il suo lungimirante punto di vista critico tanto in musica (perché è di questo che ovviamente qui parliamo) quanto nei testi scritti, siano essi articoli di giornale o libri (e mi ripropongo di leggere al più presto il suo “Bici ribelle – Percorsi di fantasia, resistenza e libertà”, che dalle recensioni sembra meritare parecchio).

Questa lunga premessa era necessaria per parlare di “Valis”, dato che non si spiega altrimenti una visione tanto poliedrica della partitura, che fonde ingredienti rock e progressive con altri di derivazione africana e latino-americana inserendoli in trame elettriche inconsuete. L’amalgama non è perfettamente liscio ma volutamente spigoloso, producendo un effetto straniante come dovevano risultare all’inizio i quadri cubisti. Come Picasso mostrava diversi punti di vista tutti in un un’unica figura, così fa Bairo, permettendo di riconoscere perfettamente gli ingredienti delle sue composizioni, senza che nessun elemento scenda a compromessi con l’altro, accostandoli tutti in maniera inusuale e dando a tutti rilevanza e tridimensionalità.  

Talvolta sembra di risentire echi di Carlos Santana, altre volte delle colonne sonore dei film di spionaggio degli anni ’70, altre volte ancora dei Grand Funk Railroad ma solo strumentali, perché in “Valis” ci sono dei pezzi con inserimenti vocali ma in essi la voce non si erge mai sugli altri strumenti, ponendosi piuttosto alla pari, quasi amalgamandosi tra essi.

Tutto questo sostegno e questa collaborazione tra le parti si traducono anche in senso allegorico, dal momento che tra gli intenti di “Valis”, che racconta a modo suo di un mondo distopico e sci-fi non così distante dalla nostra realtà, c’è quello di “far cadere il regime totalitario del Presidente attraverso la forza subliminale della musica”, combattendo quindi la dittatura attraverso la libera e proficua cooperazione dei cittadini (e degli strumenti e generi musicali).

Sicuramente “Valis” resta un progetto “di nicchia”, non di facile assimilazione soprattutto per questa sua trasversalità che può far felici gli estimatori del rock, del blues, del metal, del prog, della musica etnica e della world music così come può scontentarli tutti, proprio per questa ibridazione libera e sfrontata. Resta comunque una voce originale e critica, in grado di evocare incubi e realtà a sfondo sociale e politico e proporre una via d’uscita grazie all’arte, alla bellezza e soprattutto alla musica.

 

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La recensione VALIS di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-08-16 19:22:27

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