Iosonouncane e Paolo Angeli Jalitah 2023 - Sperimentale

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“Jalitah” è un disco da ascoltare tutto di fila e che continua a provocare anche se spegni il telefono e lo lanci in mare

Questa è la storia di un disco concepito cinque anni fa, durante il tour che ha portato Iosonouncane e Paolo Angeli in alcuni dei più importanti teatri italiani. Era il 2018, e i due musicisti avevano debuttato come duo un anno prima, all’IsReal Festival di Nuoro. Andò talmente bene che decisero di rifarlo, anzi di più, di registrare pezzi del tour, compreso qualche brano di Iosonouncane e una composizione di Angeli. Le nove tracce dell’album sono un viaggio. Da Milano a Roma, dal noise alle orchestre folk, solcando i palchi e il mare fino a un piccolo arcipelago tra la Sardegna e la Tunisia, che dà il titolo al disco che oggi – finalmente – vede la luce: Jalitah.

La chitarra preparata di Paolo Angeli – una chimera a metà tra una chitarra, un violoncello e una percussione – e i sintetizzatori di Iosonouncane si incontrano e si mettono le mani addosso. Sono titani solenni che vengono da un altro tempo. Si muovono in mezzo a danze rituali nell’entroterra della Gallura, poi di colpo diventano violenti come in Sela e Galena. Le eliche della chitarra preparata non si fermano e rimbombano nei profondi riverberi dell’elettronica di Iosonouncane.

Ogni nota è un boccone troppo difficile da mandare giù. Spezza il ritmo, è dissonante. Nâr inciampa sulle sue stesse note. È un disco necessario, che provoca chi suona e chi ascolta. Non basta spegnere il telefono per tornare alla tranquillità. Sono brani sperimentali che durano fino a 7 minuti, intervallati da cover di Iosonouncane (Summer on a spiaggia affollata Carne) e di Angeli (Andira). Jalitah è un’opera che va ascoltata per intero. Non è ambient, sono brani che non hanno senso da soli. E allora schiaccia play, senti i pezzi innestati ognuno nel successivo, come se fossero i due musicisti a dire: “Si ascolta tutto di fila o non si ascolta”. Sali su una nave in mezzo a Mamuthones e Issohadores e salpa.

Torniamo al viaggio, a uno strumento autarchico di cui esistono due esemplari al mondo e al sound ispido come la barba di Jacopo Incani, vero nome di Iosonouncane. I due musicisti sardi hanno portato le viscere della loro tradizione davanti agli occhi di una platea che applaude e fischia alla fine di Giugno, penultima esecuzione di Jalitah. Ma il disco non è finito. Nâr, il pezzo più complesso, chiude l'album. È l'ultima provocazione dei due musicisti: "Quando pensate che sia tutto finito, iniziamo a suonare con più foga di prima".

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La recensione Jalitah di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-06-09 00:00:00

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