Laguna BollenteFanta sbocco2025 - Lo-Fi

Disco della settimanaFanta sboccoprecedente

Dopo 5 anni di silenzio, il duo nato a Venezia con un disco fatto di disperazione, precarietà è amore, frutto di un lo fi così marcio che musica e parole sono inestricabilmente legate insieme

Qualche settimana fa sono andato a Venezia. Faceva caldo, tanto, e c'era gente, troppa, a infestare le calli di una città che preferirebbe di gran lunga essere lasciata in pace. Eppure, mentre dalla stazione mi addentravo nei vicoli più interni, avevo la sensazione che mancassero le uniche due persone che avrebbe per me avuto senso incontrare lì, due ragazzi che avevo conosciuto per la prima volta quasi 5 anni fa, in una Venezia in zona rossa completamente deserta. Me ne rendo conto soprattutto quando, svoltando a destra, finisco per caso in Campo de La Lana, in quel surreale silenzio tutto veneziano in cui si piomba quando ci si allontana di mezzo passo dai percorsi battuti dai turisti. Ecco, è qua che ho incontrato per la prima volta Dunia ed Elia, i Laguna Bollente.

Da allora quella dei Laguna è una voce che ha continuato a rimbalzarmi periodicamente in testa. Alla folgorazione che i primi due ep, Discocesso Nord sud ovest SERT, avevano suscitato in me era seguita una domanda che ogni tanto tornava fuori: "Ma il disco quando arriva?". Se è vero che le cose fatte bene richiedono tempo, questo vale anche perché la ruggine e il marciume lavorino a dovere sulle canzoni. Ecco allora il primo disco dei Laguna Bollente, a distanza di 5 anni dal capitolo precedente e pubblicato solo su YouTube, con un titolo perfettamente nel solco di quello che è un canone tutto loro: Fanta sbocco, pubblicato in due tranche di 5 brani l'uno nel corso dell'ultimo mese.

Sebbene sia passato così tanto tempo, i Laguna li troviamo sempre lì, accartocciati in un abbraccio dove parole e musica sono fatte della stessa pasta. "Se si capisse un po' di più il cantato potrei anche consigliare l'ascolto ai miei amici cazzzzoo", commenta un utente. Ma se così fosse, non sarebbero i Laguna Bollente: la loro musica richiede proprio di sporcarsi le mani per estrarne le parole, lasciarsi incatramare da quella melma lo fi tra punk e new wave in cui sguazzano dal giorno 1 per ricordarci che non sono certo loro a dover accettare compromessi, semmai tocca a noi tapparci il naso e buttarci nella pozzanghera color merda che hanno cucinato in casa per noi.

Inutile dire che ne vale al 100% la pena. Se i Laguna Bollente sono un piccolo, minuscolo culto - di cui fa parte pure Niccolò Contessa, come ha confessato su Telegram nei giorni scorsi - è proprio per questa artigianalità portata all'estremo, mischiata a un'estetica del disagio fatta di una volgarità che, più che esasperata, è disperata e, allo stesso tempo, di un'aura stranamente angelica che vibra nel cantato di Dunia, interprete di tutti i pezzi a eccezione di Mi vorranno spremere, dove è invece il taciturno Elia a metterci inaspettatamente la voce. C'è la sofferenza del quotidiano, della precarietà, del doversi fare un culo triplo per potersi mettere mezzo soldo in tasca, del "nessun cazzo è duro come la vita", frase che capeggia nel cesso del circolo Cas'Aupa di Udine e che potrebbe essere uscita tranquillamente da un loro brano.

Anche se in realtà non è esattamente così. I Laguna Bollente non cercano la frase ad effetto, anzi, hanno una sorta di loro ermetismo costruito sui riferimenti che vanno da Paperissima sprint a Eugenio Montale, da John Fante a Andreotti catatonico in studio con Paola Perego: se prima si minaccia di prendere a cazzotti Teo Mammucari in Sette mediatiche, poi si riprendono pari pari i versi di Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale in Radio R (non a caso, visto che l'amore tra Montale e Drusilla Tanzi sembra parecchio sovrapponibile a quello che lega Dunia ed Elia). Viene un po' meno l'effetto shock che potevano avere i bestemmioni dei primi ep, sostituiti da perifrasi come la "celestiale bestia" menzionata in Facciamo basta, e ci si concentra più su una poetica che è prima di tutto coscienza (e odio) di classe, detta da chi vorrebbe solo ballare solo ballare sulle macerie della civiltà occidentale: "Diamo fuoco all'America", cantano alla fine di Campari noia, e viene difficile non cercare istintivamente un accendino in tasca.

Qualche settimana fa sono andato a Venezia. Faceva caldo, tanto, e c'era gente, troppa. Peccato non aver avuto già 'sto disco nelle orecchie.

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La recensione Fanta sbocco di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-05-16 00:00:00

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