Identità liquide e verità nascoste: il diario sonoro di una generazione inquieta
C’è qualcosa di magico e raro in Senhal, il primo disco di Jack Nur, artista marchigiano classe 2006: non solo la precoce maturità artistica, ma la capacità di tenere insieme mondi apparentemente lontani – l’ombra lunga del cantautorato americano, la crudezza urbana dell’hip-hop milanese, le sfumature introspettive dell’indie-rock – senza mai perdere di vista la propria voce.
Senhal, parola che in bretone antico indica un “nome segreto”, è un concept album intenso, interamente autoprodotto, che racconta la formazione emotiva e spirituale di un ragazzo di 19 anni. Ma è anche molto di più: è un viaggio tra le pieghe di un’identità frammentata, in continuo mutamento, che si fa racconto collettivo di una generazione liquida, disillusa, ma ancora assetata di senso.
I brani – tra cui spiccano i singoli Spaiato e Rose del deserto – si muovono con disinvoltura tra stili, umori e paesaggi: atmosfere lo-fi e strappi elettronici, chitarre dilatate e beat nervosi, versi sussurrati e rime crude. Non c’è mai una posa, solo il bisogno autentico di trovare una forma a ciò che spesso resta informe: amori intermittenti, uso e abuso di sostanze, ansie politiche, senso di perdita, amicizie salvifiche, e quell’orizzonte ristretto (ma denso) che è la provincia.
Il disco è attraversato da una tensione vitale, da una scrittura che alterna crudezza e lirismo, rabbia e malinconia, con una sensibilità rara nel panorama emergente. Ogni traccia è un frammento di qualcosa più grande: un’identità che cambia pelle, una vita che prova a mettersi a fuoco.
Jack Nur si presenta come una delle voci più interessanti della nuova scena indipendente italiana: non solo per la qualità della produzione (curatissima, ma mai patinata), ma per la capacità di raccontare il disagio senza farne un'estetica. Un debutto coraggioso, stratificato, e profondamente umano.
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La recensione Senhal di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-06-21 04:02:57
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