la poesia fragile delle stanze dell'anima.
Nel panorama frammentato e pulsante del cantautorato indie italiano, il cantautore bolognese Ben Peggio si affaccia con “Che bella casa”, un singolo che più che una canzone sembra un’istantanea sfuocata ma intensa, scattata di notte con una vecchia compatta digitale, lì dove l’emozione sovrascrive la nitidezza.
È una ballata che si muove con passo incerto ma deciso, come chi attraversa il proprio appartamento dopo una tempesta interiore, riconoscendo le cose: una sedia, un poster storto, la tazza sul lavandino, come frammenti di un’epica intima. L’approccio lo-fi, volutamente grezzo e dimesso, diventa così scelta espressiva: il suono sporco accarezza e insieme graffia, mentre la voce di Ben Peggio sembra uscire da una stanza accanto, colma di echi e malinconie.
La scrittura è fotografica, come se ogni verso fosse la didascalia di uno scatto trattenuto nella memoria. Non c’è retorica, non c’è slancio teatrale: solo dettagli minuti, oggetti carichi di vita come il letto, la borsa di Vuitton, il trucco che si scioglie, il battito lento di una vita che si ricompone pezzo dopo pezzo.
Le tendenze emo emergono senza forzature, come sottotraccia. La scena italiana contemporanea è un orizzonte che si intuisce, ma da cui Ben Peggio prende distanza con un gesto personale, quasi eremitico.
Il finale melodico apre una crepa nel brano, una luce tenue ma significativa. Non è risoluzione, ma possibilità: “Che bella casa” non è il canto di chi ha trovato pace, ma di chi ha imparato a starci dentro, nel disordine, con una forma nuova di tenerezza.
Un esordio raffinato, coraggioso nella sua fragilità.
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La recensione Che bella casa di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-07-19 08:10:57
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