La crudezza della vulnerabilità.
Un filo teso tra rabbia e fragilità, tra il bisogno di gridare e quello di confessare sottovoce la propria stanchezza. Come ho sempre fatto, nuovo brano dei veneti Greeda, si colloca con naturalezza dentro questa tradizione, ma lo fa con un’intensità che sa di urgenza contemporanea.
Il pezzo si apre come un respiro trattenuto, per poi esplodere in una stratificazione di chitarre che paiono scorticare il silenzio più che riempirlo. La sezione ritmica, solida e ferita al tempo stesso, avanza come un cuore che non smette di pulsare nonostante le incrinature. È una scrittura che predilige l’essenziale: non ci sono orpelli, non c’è ricerca di compiacimento, ma un’urgenza che si traduce in colpi diretti, netti, in grado di arrivare al centro senza esitazioni.
Il testo, sorretto da una voce che oscilla tra confessione e implorazione, sembra dialogare con chi ascolta in maniera spietatamente sincera. Un mantra di resistenza quotidiana, il riconoscimento che il dolore non si supera, ma si attraversa, e che l’identità non è altro che la somma dei tentativi, degli inciampi, delle fedeltà a sé stessi.
I Greeda riescono a incarnare quell’equilibrio raro in cui la furia sonora non cancella la delicatezza emotiva, ma la rende ancora più nitida. In Come ho sempre fatto c’è un' eredità, certo, ma anche un desiderio di non restare intrappolati nella memoria del genere: la band guarda alla tradizione emo-core italiana con rispetto, ma affila le proprie armi per renderla attuale, capace di parlare a chi oggi si trova sospeso tra disincanto e necessità di crederci ancora.
Un brano che non chiede ascolto distratto, perché nelle chitarre che graffiano e nelle parole che non hanno paura della vulnerabilità si riflette un frammento di ciascuno di noi.
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La recensione Come ho sempre fatto di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-09-01 07:13:14
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