Un brano à la primo Jovanotti (forse un po' più intelligente), ma frenato da un eccesso di amatorialialità
"Acussì funziona il mio Paese, che non ti dà una possibilità se non sei un figlio di papà". Il senso ultimo di Munnezza, il nuovo singolo di Alessio Cazzola, può essere condensato in questo verso. Un ritornello in grado di incapsulare l'ammattente quantità di storture, ingiustizie e disfunzioni radicate in profondità nella società italiana.
Prodotto dall'etichetta Orangle Records, l'ultimo pezzo del cantante e polistrumentista nato e cresciuto sotto l'ombra della Mole di Torino è infatti un'invettiva scagliata contro i tanti, troppi rapporti di potere, il nepotismo e la logica di mercato nel mondo della musica (e non solo).
Un j'accuse di zoliana memoria, tradotto attraverso sonorità che richiamano le atmosfere del primo rap "jovanottiano" di fine anni '80, fatto di rime semplici e incastri abbastanza basici. Ad ogni modo, Munnezza si discosta dal mood pop leggero e festaiolo di brani come Gimme FiveoIl Capo della Banda. Qui le strofe non parlano di party in discoteca o griffe di moda ma diventano infatti un veicolo di una chiara denuncia sociale, in grado di farlo avvicinare tanto all’anima primigenia dell’hip-hop quanto al cantautorato impegnato.
Tante buone intenzioni, che purtroppo restano tali a causa di un approccio strumentale sul filo dell'amatorialità, in cui la voce di Cazzola, asciutta e poco avvolgente nel mix, resta slegata dalla strumentale, creando un effetto karaoke che ne depotenzia sensibilmente la forza espressiva.
Nonostante l'ottima trovata di mescolare le atmosfere del primo pop rap italiano con contenuti di stampo decisamente conscious, Munnezza resta un esperimento riuscito solo in parte, che avrebbe meritato una maggiore cura esecutiva. Se Cazzola riuscirà a dare alla sua musica la stessa solidità che dà ai testi, i risultati non potranno che migliorare.
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La recensione Munnezza di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-09-25 23:44:45
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