IosonouncaneI diari di mio padre2025 - Strumentale

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Il nuovo lavoro di Iosonouncane, anch'esso figlio dello studio fatto per IRA, è la sonorizzazione meticolosa del documentario di montaggio di Ado Hasanovic

Per Iosonouncane IRA è stato un disco di svolta. Ma una svolta strana. Non una consacrazione al mainstream, e vorrei ben vedere, vista la durata mastodontica, le lingue che si mescolavano e i suoni duri da digerire che componevano il suo terzo meraviglioso disco. IRA è stata una svolta perché ha letteralmente aperto una fase della sua carriera, nuova e inedita, ed è stato il pozzo da cui attingere per tutta la sua produzione degli anni a venire.

Senza trincerarsi dietro etichette da duro e puro Iosonouncane ha usatoIRA come base per le colonne sonore di Berlinguer - La grande ambizione, Lirica ucraina e l’ultimoI diari di mio padre (documentario di Ado Hasanovic basato sul montaggio delle riprese del padre Bekir del 1993 in Bosnia, ndr). Ha reso il suo disco più ostico una fonte quasi commerciale, da spogliare con cura, da sezionare per andare a creare musica da accostare alle immagini. Si tratta di un’economia circolare della creazione, difficilissima da rendere realmente un processo creativo, eppure Jacopo Incani non è una persona  - né un compositore - qualunque.

Perché per tutti potrebbe essere comodo scrivere colonne sonore: si mette un bordone prepotente, qualche arco midi a fare effetto, e un crescendo di batterie post-rock. E invece no. La produzione di colonne sonore di Iosonouncane ci ha regalato I funerali di Enrico, uno dei brani più potenti del 2024, una voce che intona una melodia senza parole, in uno slancio emotivo-ideologico straziante. Ed eccoci oggi, succede la stessa cosa con Srebrenica, brano simbolo de I diari di mio padre, 90 secondi di diamonica a bocca che disegnano il suono di un film che parla di come un uomo sia scampato ad un genocidio terrificante.

Srebrenica è un perno per questi nuovi 43 minuti di grande musica perché è la sintesi tematica e stilistica di tutto l'album, caratterizzato da un incedere rispettoso, un requiem all'umanità e ai suoi residui, che negli anni '90 furono spazzati via nei Balcani. I diari di mio padre è una processione a testa bassa, una raccolta di canti strozzati in gola, di cui è rimasta soltanto l'eco strumentale, di cui ci è permesso ascoltare solo le ombre. 

In questo sta la sensibilità tutta particolare di Iosonouncane, nel far suonare un disco inedito come la necessaria sonorizzazione di immagini documentaristiche, in un processo che nasce dall'impulso ma che approda verso un rigore esecutivo impressionante. Nello scorrimento inesorabile di tutte le tracce il disco finisce per diventare una culla orrorifica che avvolge la mente e i sensi, fino alle ultime note di Fatima, epilogo splendido, altra perla di un lavoro difficilmente raccontabile.

Non sappiamo se al momento della pubblicazione di IRA Iosnouncane sapeva che avrebbe dato vita ad una serie di lavori così precisi, così fertili di novità, eppure così legati ad un'opera madre severa come un Dio dell'Antico Testamento. Ma è anche vero che il lavoro di Jacopo Incani si è sempre mosso sul crinale dell'impensabile, e continua a dimostrarcelo, in barba ad ogni del tempo di produzione musicale, e allo stesso tempo con grande programmazione. Un caso di studio che ha prodotto tre grandi dischi e tre colonne sonore, e chissà a cos'altro darà vita.  

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La recensione I diari di mio padre di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-09-12 11:21:00

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