Lucio Corsi - Piccoli dinosauri crescono. Storia di un cantautore che non esce mai di casa

Grandissimo esperto di Godzilla e non solo. Se usate un apriscatole sulla testa di Lucio Corsi ne esce di tutto: immagini che manco lui sa da dove nascano, malinconie, e canzoni brevi. L'intervista

Grandissimo esperto di Godzilla e non solo. Se usate un apriscatole sulla testa di Lucio Corsi ne esce di tutto: immagini che manco lui sa da dove nascano, malinconie, e canzoni brevi perché adesso la soglia di attenzione si è abbassata, dice. Ha pubblicato un primo ep, ci è piaciuto, l'abbiamo volu
Grandissimo esperto di Godzilla e non solo. Se usate un apriscatole sulla testa di Lucio Corsi ne esce di tutto: immagini che manco lui sa da dove nascano, malinconie, e canzoni brevi perché adesso la soglia di attenzione si è abbassata, dice. Ha pubblicato un primo ep, ci è piaciuto, l'abbiamo volu - Lucio Corsi

Grandissimo esperto di Godzilla e non solo. Se usate un apriscatole sulla testa di Lucio Corsi ne esce di tutto: immagini che manco lui sa da dove nascano, malinconie, e canzoni brevi perché adesso la soglia di attenzione si è abbassata, dice. Ha pubblicato un primo ep, ci è piaciuto, l'abbiamo voluto al MI AMI 2014. Ecco, ora, l'intervista.

Ma tu da dove sei uscito fuori?
Come i funghi dopo che ha piovuto, mi hanno detto. Sono arrivato a Milano l’anno scorso e suonavo con un altro ragazzo, eravamo un duo e facevamo anche i pezzi che sono nell’ep, più i pezzi di questo ragazzo, poi ho deciso di fare da solo, ché si è più indipendenti e puoi fare ciò che ti passa per la testa, ho registrato l’ep ed è stato un punto di partenza. Sono sbucato fuori dalla Toscana qua a Milano con l’intento proprio di portare avanti questo progetto, le canzoni che scrivevo ed è stato molto lineare. Dopo il liceo provai anche tre mesi di Brera, ma ho mollato per portare avanti quello che mi piaceva.

Quindi la tua giornata tipo, musicalmente parlando qual è?
Mi sveglio, ascolto musica, suono, aggiusto i pezzi, ho la chitarra qua a Milano e una tastiera comprata in un mercatino dell’usato, un'Eko Panda 61 bellissima, scrausissima, non vale niente. Baso le miei giornate su questo. E poi non esco a Milano, non ce la faccio, non mi piace. Esco ogni tanto per qualche concerto, ma raramente, sto parecchio in casa più che altro.

Il titolo del tuo ep, "Vetulonia/Dakar". Me lo spieghi?
Dakar, ovvero Parigi-Dakar che io sono un appassionato di motori, fin da bambino mio padre mi ha addestrato così, non ad essere un appassionato di musica, ma di motori. Perciò è una passione che ho tralasciato un po’, è stata superata di gran lunga da quella musicale ma è sempre rimasta in me e mi faceva tanto ridere questa associazione Vetulonia/Dakar invece che Parigi/Dakar e poi è un inizio questo ep, un primo passo, una prima avventura e la Parigi/Dakar è un’avventura.

Hai intitolato una canzone dell’ep “Dinosauri”, tu dici di averli addirittura trovati.
I dinosauri mi sono sempre piaciuti un sacco sin da bambino. "Godzilla" è il mio film preferito e il mio film spreferito è "Godzilla", l’ultimo uscito l’anno scorso, che è stato l’ultimo che ho visto al cinema, e prima ancora ho visto "Godzilla" del ’98. I dinosauri della canzone però non sono veri, sono una metafora ma non sto a spiegare di più, non credo sia giusto spiegare le canzoni, ognuno deve trovarci ciò che vuole in un testo. Se io do la mia visione di un testo, che è quella reale visto che l’ho scritto io, condiziono un sacco l’ascolto degli altri.

Nella descrizione del tuo album si parla della tua urgenza di incidere i brani. Spesso la furia di fare va a discapito della forma e il risultato finale può sembrare tirato via, tralasciato. In realtà nei tuoi brani questo problema non si pone. Ma hai davvero tutta questa fretta?
In realtà non c’è un’urgenza così forte, non è così preponderante, è abbastanza naturale. Mi metto lì e scrivo ciò che penso, l’urgenza c’è stata nel fare l’ep perché volevo far qualcosa, mi ero scocciato. Gli anni scorsi avevo tanti progetti ma non avevo mai concretizzato qualcosa in un disco, che è invece importante.

L’ep dura pochissimo, 11 minuti appena e gli arrangiamenti sono anche semplici.
È voluto, nel mio primo lavoro volevo far risultare questi cinque pezzi così, alla base. Una partenza semplice, le canzoni sono quasi come sono nate, tranne per qualche aggiunta di suono, anche perché poi le avrei portate dal vivo, come sto facendo adesso, chitarra e voce senza amici. Per adesso sono propenso a fare così, ma per il futuro vorrei fare altri pezzi più arrangiati, più rifiniti anche musicalmente. Ovviamente incentro di più l’importanza sui testi, ma non voglio tralasciare la parte melodica. Il fatto che sia breve secondo me è giusto così, perché adesso non c’è più educazione all’ascolto, non c’è più la pazienza e non si sa attendere. Tutto oggi può essere rapido e più facile, ci sono sì dei vantaggi, ma è tutto più fruibile e breve, anche gli spostamenti se ci fai caso.

Conosci Lazify? È un’app di Spotify che ti crea una playlist personale in base al pezzo che scegli.
Vedi? Si perde tutta la ricerca così, è terribile, taglia tutto il bello dell’interesse nel cercare le cose.

Mi ha colpito una frase di un tuo brano in particolar modo: “Viaggiare di notte sopra un treno significa inevitabilmente affezionarsi ai lampadari delle case”. Da piccola mi succedeva quando andavamo in due in motorino, io dietro categoricamente e guardavo sempre le finestre illuminate, immaginando cosa stessero facendo le persone che quelle luci le avevano accese.
Esatto, c’è proprio questo in quella frase. Quella è l’esperienza che faccio sempre in treno andando su e giù da Grosseto a qua, quando prendevo quello che partiva alle sedici e arrivava qua a mezzanotte. Un odissea, due coglioni… il treno è poetico ma rompe il cazzo, non c’è niente da fare. È come il vento, è poetico ma rompe il cazzo! Questa la userò per un pezzo vai! (ride, nda) Comunque, quando sei sull’Intercity di notte passi in luoghi abitati dove ci sono palazzi e se guardi fuori dal finestrino non vedi niente perché è notte, vedi solo i lampadari accesi dal basso. Quindi ci fai l’abitudine e ti ci devi affezionare per forza.

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I tuoi testi non si risolvono mai in maniera scontata, spesso passi dal parlare di api al nominare un Luca, poi gatti che vogliono vendicarsi e tutto nello stesso brano. Un mix fra flusso di coscienza e racconti bizzarri.
Luca lo nomino spesso, sì. Comunque è perché ci sono varie tipologie di scrittura. "Le api" sono varie fotografie. Per esempio un ragazzo delle mie parti si è lamentato quando uscì il singolo, diceva che era una canzone completamente sbagliata, senza capo né coda e che non voleva dire niente. Io gli ho detto “aspetta che esca l’ep e ascoltati le altre, poi ne riparliamo!”. Non c’è un modo solo di scrivere un testo, in quello fotografo varie situazioni scollegate fra di loro e poi ci sono altri pezzi con una forma narrativa che raccontano una storia.

Ma com’è finita poi la cosa con quel ragazzo che si lamentava?
Mi ha poi ricontattato chiedendomi scusa e dicendomi che gli era piaciuto l’ep.

Nel tuo ep ci sono dei personaggi che sembrano usciti dalle favole, per esempio l’uomo con le gambe di cocomero.
Non so precisamente da dove mi sia venuta questa immagini, la canzone ha un significato ben preciso ma non è contro chi mangia la carne, io la mangio e mi piace parecchio (ride, nda). Forse mi è venuta fuori perché mia nonna, mia mamma e mia zia hanno un ristorante da quarant’anni, perciò si parla di cose da mangiare. Pur essendo secco, la mia famiglia ha un ristornate (ride, nda).

Mi sembri molto legato alla Maremma, hai un rapporto stretto con la tua terra d’origine.
Sì, essendo venuto qua a Milano non ho cambiato il parere delle cose che ci sono giù, non le disprezzo, invece spesso accade che molte persone, anche che conosco, vengono a Milano e poi, quando scendono a Grosseto per trovare la famiglia, non apprezzano più il luogo di origine e vedono solo gli aspetti negativi, non c’è niente da fare la sera eccetera. È vero, qua ci sono un sacco di opportunità e io sto qui per questo, però ho imparato ad apprezzare di più cosa c’è a casa mia, son più rilassato là, l’aria, gli alberi, i parchi… Lì c’è il mare e qui no!

Mi sorge spontaneo allora chiedermi come vivi Milano allora…
Eh la vivo e basta, non la vivo bene. Mi incazzo spesso quando sono qua. Poi d’estate fa troppo caldo, ci sono le zanzare che non mi fanno dormire… Non la concepisco un’estate a Milano.

Hai aperto le danze al MI AMI tu, sul palco La Collinetta di Jack. Com’è andata?
Non c’ero mai stato, questo era il primo anno perciò non ho confronti con altre edizioni, però mi è piaciuto un sacco, l’ambiente, il parco, un sacco di concerti, di caldo… ero disidratato quando ho suonato io! Mi ha fatto molto piacere esser chiamato, è stata una bella prova. Qui nei locali a Milano non avevo ancora mai suonato, gli anni passati avevo suonato di più in strada.

Ho letto infatti che ti piace suonare in strada.
Sì, ora lo faccio molto meno, ma lo rifarò a breve!

È molto diverso l’approccio con il pubblico quando suoni in strada.
È bellissimo, impari un sacco di cose in più perché devi confrontarti con la gente che non è lì per la tua musica. È totalmente differente, ma acquisisci un sacco di cose che puoi utilizzare quando suoni in un palco, hai una confidenza diversa con il pubblico. Quando suoni in strada devi mantenere costante l’interesse della gente, altrimenti non si ferma o si ferma e riparte. Fra un pezzo e l’altro devi poi far aumentare l’interesse, parlare… E poi è bello perché tu suoni e c’è sì che si ferma e apprezza e c’è chi passa e ti guarda male, ci sono varie tipologie di situazioni. Con il gruppo che avevo prima spesso si fermavano classi di scuole, bambini presi bene ed è stato figo, con i testi strani i bambini si divertono! Sono situazioni molto interessanti.

C’è stato un momento in cui hai detto “voglio iniziare a suonare” dopo un determinato ascolto? C’è qualcuno che ti ha ispirato?
Mi è scattato dentro qualcosa da bambino. Mio padre e mia madre non sono appassionati di musica a livelli pesi, il mio babbo mi faceva sentire in macchina i Beatles, i Rolling Stones, Neil Young, Ivan Graziani – “I lupi” è un pezzo che mi faceva paura, ora invece apprezzo un sacco… Mio padre viveva a Roma e quando i Beatles ci suonarono, suo fratello ci andò, nel ’68 mi pare, e gli disse “dai andiamo!” e lui rispose che non aveva voglia! Se l’è persi così. Comunque, quando avevo 13-14 anni smisi di fare atletica e cominciai a suonare la chitarra e da lì non ho più smesso. Io ascolto parecchia musica non attuale, più vecchia e questo non è positivissimo. Di musica attuale ascolto musica hip hop non italiano ma americano, Tyler the Creator ultimamente lo sto ascoltando parecchio. Però mi ispiro molto al glam pop anni ’70, Bowie, Iggy Pop, Lou Reed, T-Rex, anche se non si sente in quello che faccio magari. E poi inizai a suonare facendo prog rock, Genesis con Peter Gabriel, robe del genere.

Che ci dobbiamo aspettare dal futuro di Lucio Corsi?
Non diamo spoilerate (ride, nda), ma sto sistemando i pezzi nuovi, ce ne sono molti, sto mettendo insieme le cose e vediamo un po’.

Suonerai da solo e arrangerai i pezzi per conto tuo oppure coinvolgerai altri musicisti?
Io suono la chitarra e il pianoforte, che l’ho studiato solo per un anno perciò faccio cose semplici, essenziali, mi accompagno e basta. Perciò dal vivo suonerei con altre persone se ci fossero altri strumenti. In futuro comunque voglio far sì che con me suonino altre persone.

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L'articolo Lucio Corsi - Piccoli dinosauri crescono. Storia di un cantautore che non esce mai di casa di Alice Tiezzi è apparso su Rockit.it il 2014-07-02 00:00:00

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