Nicolò Carnesi ha fatto un viaggio nel tempo per non ripetere gli stessi errori nel futuro

Abbiamo fatto quattro chiacchiere con il cantautore palermitano sul suo ultimo disco "Ho bisogno di dirti domani". Un viaggio nel tempo che spazia da Milano a Palermo e che segna una maturazione non solo personale ma anche artistica del cantante, autotune compreso.

- Foto di Giulia Cortinovis/Rockit

“Il nostro passato determina sempre il nostro futuro” così esordisce Nicolò Carnesi nella nostra chiacchierata in redazione, dove tra un caffè e ricordi di vecchi manifesti del MI AMI festival, ci ha raccontato cosa si cela dietro Ho bisogno di dirti domani, il suo ultimo disco.

Un viaggio attraverso lo scorrere del tempo e lo spazio che si divide tra Milano e Palermo. Il cantautore palermitano scrive, suona e compone da sempre: “Suono i classici strumenti rock più i sintetizzatori, sono un nerd fondamentalmente. Ma ho cominciato con la batteria. Questo è un disco che ho scritto praticamente solo al piano, che è stato il mio primo strumento armonico, avevo bisogno di tornare a suonarlo”. 

Tre anni da Bellissima Noia in cui l'ispirazione è arrivata senza doverla rincorrere, tornando nel momento giusto, quello in cui c'era effettivamente qualcosa da dire. La cosa che gli è mancata di più è suonare sopra ad un palco, una specie di linfa vitale di cui non riesce a fare a meno. Il tour di questo ultimo album infatti, dopo una breve pausa, riprenderà fino alla fine della prossima estate. Intanto il 25 dicembre sarà nella sua Palermo e il 29 a Messina.

 

Sono passati tre anni dall’ultimo disco, come stai? 

Molto bene: casa nuova, città nuova (Bologna), una boccata di aria fresca e poi sopratutto tornare sul palco con un bel po’ di concerti. Era un anno e mezzo che non salivo su un palco e per me è un sacco di tempo. Questo disco me lo sento addosso tantissimo, non vedevo l’ora di suonarlo. Avevo scritto “Bellissima Noia” e feci una prima parte di tour, poi ho avuto una pausa di qualche mese e lì è venuta fuori la prima canzone. Era un pomeriggio nuvoloso di gennaio qui a Milano, mi prese un grande attacco di nostalgia di casa e mi sono tornati in mente odori della mia infanzia ed è nata “Un giorno di pesche”. Mi sono reso conto che ognuno di noi ha la tendenza a proiettarsi sempre in un luogo temporale ed ho inziato ad interessarmi alla dinamica per cui avviene tutto questo. La proiezione del tempo interagisce sempre in maniera fisica, è tangibile, in quello specifico caso lo fece attraverso un odore, quello delle pesche.  


Il filo rosso di questo disco è infatti senza dubbio il tempo che si divide in passato, presente e futuro.

Assolutamente sì. Il tempo è diventato uno scenario per raccontare qual’è la tua relazione con il tuo vissuto, sono due cose che non si possono scindere. Lo spazio e il tempo stanno insieme, punto. Volevo cercare di descrivere tutto questo con un filo narrativo preciso, come se fossero dei capitoli ognuno interconnesso con l’altro. Durante la scrittura di questo disco mi sono appassionato ad alcuni scritti scientifici come ad esempio “L’ordine del tempo” di Carlo Rovelli. Ancora non sappiamo tutte queste cose sul funzionamento del tempo se non che è relativo, sia nella percezione che nel suo scorrere. Mi sono interrogato su come sarebbe potuto essere scrivere canzoni che potessero essere intellegibili ed immediate nel loro ascolto, visto un argomento così complesso. Ma alla fine è venuto in maniera molto naturale. 

Nicolò Carnesi/ Foto di Giulia Cortinovis
Nicolò Carnesi/ Foto di Giulia Cortinovis

Dimmi qualcosa di bello del tuo passato

Non è facile. Un periodo molto importante per me è stato quello di passaggio dalla post adolescenza alla prima età adulta, è stato un passaggio molto sofferto (avevo 22 anni). Lì però ho scritto realmente le mie prima canzoni, quella che poi sono state inserite nel primo disco. Era un periodo in cui ero arrivato ad un picco di negatività totale a tal punto che ho avuto un “click” che mi ha fatto capire cosa realmente volevo fare, cioè la musica. E’ stato un momento importante, agrodolce, che però mi ha salvato la vita. E’ partito tutto da lì. 

Un cosa importante che hai oggi

Un nuovo entusiasmo sicuramente. Negli ultimi tre anni ho lavorato molto su me stesso, parte del disco nasce proprio da vicende personali di questo preciso momento della mia vita. Un lavoro personale di consapevolezza, il rendersi conto di determinate cose, sopratutto capire chi sei, accettarsi per quello che si è. Sono in equilibrio e questa cosa mi piace tantissimo. 

Una cosa che ti auguri per il futuro 

Il naturale risultato di questa auto consapevolezza: non lasciarsi andare troppo con i desideri per il futuro, un approccio mentale quasi buddhista. Un augurio per il futuro è sicuramente la speranza che l’arte e la musica siano sempre presenti nella mia vita, quindi continuare a fare il mio lavoro anche nei prossimi anni, con lo stesso entusiasmo. 

Nicolò Carnesi/ Foto di Giulia Cortinovis
Nicolò Carnesi/ Foto di Giulia Cortinovis

“Ho bisogno di dirti domani” è un album da un punto di vista sonoro molto ricco rispetto ai precedenti

Sono d’accordo con te, per me questo è senza dubbio li disco che suona meglio, proprio da un punto di vista prettamente tecnico. Lo standard qualitativo si è alzato con l’avanzare della tecnologica e questo sicuramente aiuta. Il lavoro mio personale che c'è stato dietro questa volta è stato davvero intenso: mi sono dedicato io da solo sia alla scrittura che all’arrangiamento, ho anche lavorato molto sulla mia voce: ho preso consapevolezza del mio modo di cantare, mi sono lasciato completamente andare. In “Ho bisogno di dirti domani” ho studiato questo modo di lasciarmi andare ad un flusso di coscienza continuo, usando anche strumenti come l’autotune e il vocoder impastandoli con l’arrangiamento, come se sentissi una vocina dentro la tua testa. L’autotune ad esempio è uno strumento molto in voga ora, inflazionato, però è utilizzato in maniera molto rozza; io per affinare il mio modo di inserirlo nei miei brani mi sono ascoltato un sacco di artisti che secondo me lo usano benissimo, come ad esempio James Blake o Bon Iver. Per me l’autotune ha un uso simbolico, tanto che lo uso in tre pezzi del disco e sono quelli che rispecchiano maggiormente i miei flussi di coscienza che partono da Milano e finiscono a Palermo. Un altro ascolto che mi ha molto incuriosito recentemente è l’uso della voce che fa Billie Eilish, davvero interessante. Lucio Battisti rimarrà sempre presente nella mie ispirazioni, come anche Lucio Dalla, il finale di “Turisti in appartamento” è un omaggio al Dalla di “Cara”. 

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Con chi ti piacerebbe suonare? 

Con i grandi del passato sicuramente, e poi Franco Battiato che credo rimarrà, ahimè, un grande sogno nel cassetto: è il mio mentore, il mio riferimento principale. Nel corso degli anni poi ho avuto la fortuna di collaborare (anche se solo per un live) con un sacco di persone, come Brunori Sas, Antonio Di Martino, Le  Luci della Centrale Elettrica, Zen Circus, sono stati sempre dei bei momenti di festa. Pensando alla nuova generazione mi piacerebbe molto collaborare con Iosonouncane, che apprezzo moltissimo come artista, ma anche Giorgio Poi ad esempio. 

Palermo torna sempre nelle tue canzoni, cosa ti manca della tua terra?

Al di là degli affetti, che ti mancano sempre, la Sicilia per me è sempre stata una specie di catalizzatore, mi libera di tutto. Dopo un po’ che sto fuori, in giro mi sembra di avere i paraocchi, poi torno nella mia terra e la vista si allarga. Tutto quello che ho macinato fino a quel punto prende effettivamente vita. Un po’ come in quel film "Mommy" di Xavier Dolan, l’intera pellicola è girata in un formato inusuale, come fosse una storia di Instagram e ad un certo punto il protagonista vive un momento di felicità e l’inquadratura si allarga completamente e diventa in 16:9: casa mia mi fa a volte questo effetto e quando succede è un momento di creatività intensissimo. Cosa è che rende la Sicilia così importante? Che ti lega a lei in maniera ancestrale: il fatto che sia così distante geograficamente, fa sì che tu la senta più vicina. E’ una regione grandissima fatta di tutto: montagna, borghi, vulcano, mare, architetture diverse tra loro. E poi è una terra di grande contraddizione, nella sua bellezza e nella sua arte ci sono anche le sue catastrofiche scelte e manifestazioni umane terribili, come la mafia, che ancora non è debellata. Ci sono lati della mia città che io odio proprio per questo motivo. Se sei confinato lì dentro a forza può diventare una prigione, il potersene andare rende il ritorno sempre più bello.

Bisogna tornare a parlare di politica nella musica? 

Bisogna vedere come sono veicolati questi messaggi. Non siamo più all’epoca dei manifesti, i manifesti in questo momento storico secondo me creano odio, se tu sei manifestamente contrario a qualcosa, il tuo contrario si rafforza. C’è stato un momento di assopimento totale, dobbiamo chiederci cosa ha causato questo malcontento, lì bisogna lavorare e capire, non tanto dire “io ho ragione e tu hai torto” ma cercare di capire cosa possiamo avere in comune e lavorarci sopra. Non c’è ancora un politico che prova a ragione in questi termini. Wallace lo aveva predetto che un giorno l’ironia e il sarcasmo sarebbero diventate un'arma a doppio taglio, ed è vero: l’ironia del web e i meme hanno aiutato tantissimo le fazioni politiche, in peggio. 

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L'articolo Nicolò Carnesi ha fatto un viaggio nel tempo per non ripetere gli stessi errori nel futuro di Chiara Lauretani è apparso su Rockit.it il 2019-12-20 16:23:00

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