Piccola Bottega BaltazarIl disco dei miracoli2007 - Cantautoriale

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La canzone d’autore non è la mia tazza di tè. Però del tè presumo di saper riconoscere gusti e varietà, e quindi una buona tazza di tè, anche se non la mia, da tante ordinarie comuni. E questa è un’ottima tazza di tè. Giunta al terzo disco, la Piccola Bottega Baltazar arriva anche a definire un suono senza dubbio originale nel panorama della canzone d’autore italiana, generalmente schiavo di Paolo Conte e Vinicio Capossela. È questa la qualità che apprezzo di più dei cinque Baltazar: partiti dall’omaggio a De André del primo disco, attraverso un lavoro di ricerca della soluzione meno ovvia e immediata, meno derivante dagli ascolti più cari (e quindi anche da quegli stessi Conte e Capossela di cui dicevo), di scarnificazione del suono e al tempo stesso di contaminazione con ambiti musicali altri e diversi, come il progressive, la psichedelia e l’hard rock. Che qui però vengono tradotti nel linguaggio musicale proprio dei Baltazar: per cui non li troverete allo stato puro, se non in qualche sprazzo psichedelico qui e là (il finale alla “Magical Mistery Tour” di “Rapita da un pettirosso”), ma nelle aperture paesaggistiche dei ponti fra le strofe (“La Contessina Bacigalupo”) o in certe batterie in cassa dritta sotto quei climi coloniali, concettualmente simili alla Penguin Café Orchestra, ma nell’esperienza concreta dell’ascolto ben differenti, così tipici della Piccola Bottega.

Concettualmente, “Il disco dei miracoli” è un concept, cosa che già rimanda a De André e al progressive. Un concept tematico e non narrativo, ispirato da “I miracoli di Val Morel” di Dino Buzzati (1971), opera che fra prosa, fumetto e pittura tratta di fantomatici ex-voto a Santa Rita nello stile fra metafisica e surrealismo alla Magritte caro allo scrittore bellunese. Dall’incontro di personaggi, luoghi e bestie simboliche che abitano queste canzoni nascono storie e misteri con un unico denominatore: il desiderio. Negato o seguito, realizzazione della propria vita e rifiuto delle convenzioni sociali e religiose, squarcio su possibilità altre, rivelazione della nullità della propria esistenza. In fondo nulla di nuovo. Ma nuovo è il modo sottile e giocato fra tradizione e innovazione della canzone d’autore con cui la Piccola Bottega Baltazar. Le parole non totalizzano più l’attenzione: su tredici brani, quattro sono strumentali; negli altri la musica si fa largo a gomitate tra le strofe, come dicevo all’inizio; oppure si cambia d’abito, travestendosi (“Ombre Nel Granaio Della Villa”). Un forte senso di concretezza, derivato dalla lezione di De André, salva la Piccola Bottega Baltazar dal rischio della vacuità pretenziosa e intellettualistica alla Piccola Orchestra Avion Travel. E sì che qui l’operazione intellettuale è evidente: ma quello che interessa è l’emozione che produce. Non vi è mai declamazione: e la musica è come una colonna sonora, un vento dell’Est che parla di profumi lontani.

Non la mia tazza di tè, dicevo. Ma un’ottima tazza di tè davvero. Se non altro per la ricerca di una strada personale in una valle di epigoni.

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La recensione Il disco dei miracoli di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2007-03-26 00:00:00

COMMENTI (1)

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  • utente017 anni faRispondi

    grandi. Giorgio te lo meriti tutto, da anni