Maps for moon lovers

“Maps for moon lovers” è un disco lunare, terribilmente introspettivo, qualcosa di simile ad un satellite in avaria che scruta dall’alto, con sarcastica disillusione, le dinamiche umane. L’amore e i suoi demoni, i suoi sbalzi repentini d’umore, storie che sorgono prepotenti e che con altrettanta prepotenza si distruggono. Rapporti tra genitori e figli che cercano risposte, che restano a galleggiare nel limbo dell’orgoglio. Incontri casuali che di casuale in realtà non hanno nulla, previsti da secoli, sussurrati dalla voce flebile di un’antica profezia. La ricerca incessante della spiritualità, il mantra ad ogni costo, vendo la mia anima in cambio di una manciata di sterline o di un portatile con la mela. L’ancestrale paura verso gente lontana che si avvicina al nostro porto. E la profonda insicurezza dell’essere umano, dominato dal chiarore bislacco di un astro appeso nel cielo scuro di una notte d’autunno. E’ un’analisi disincantata dell’inquietudine, un’esaltazione del sentirsi “non protetti”. Che nella mancanza di protezione, nel sentirsi privi di un appiglio qualunque, si accende la certezza più radicata. Ogni canzone segna un tempo, un tempo diverso. Uno per la gloria e uno per l’abbandono, uno per lo sdegno e uno per la rabbia. Uno per il corpo e un altro per lo spirito. E a quel satellite che vaga nella notte tentando di recuperare il senso estremo di un abbraccio, di un distacco, di un bacio rubato non resta, alla fine, che affondare le proprie inquietudini in un sorriso malinconico e sarcastico.