Le derive della RAI

Le derive della RAI

Andrea Fardella

2016 - Cantautoriale, Rock, Psichedelia

Descrizione

“Il disco rappresenta il mio universo emotivo ma anche uno specchio attraverso il quale ho osservato la mia vita, le mie relazioni, le mie sconfitte, le vittorie, le crepe e le fratture che hanno contraddistinto la mia 'evoluzione' come uomo e come artista. Lo definirei il mio cosmo sensibile: dentro c’è gran parte della mia vita, di quello che ho vissuto in prima persona o che hanno vissuto le persone a me più care. E’ inoltre presente uno sguardo rivolto al mio 'microcosmo' sociale, a quello che mi accade intorno, ai sentimenti che mi capita di osservare, di vivere in prima persona e come spettatore”.

Non è un caso che, nel definire il suo primo disco da cantautore, il musicista e attore Andrea Fardella utilizzi per due volte la parola “cosmo”. La prima sensazione dinanzi a un lavoro come “Le Derive della RAI” è infatti quella di entrare in un disco dove c'è tutto: l'amore, la morte, il dolore, il perdersi, il trovarsi, la bellezza, la decadenza etica, l'istinto, la furia, l'accoglienza, la salvezza, la denuncia, il sacro.

Questo tutto è un tutto che riguarda la deriva dell'umano in ogni possibilità immaginabile (individuale, sociale, culturale). E' la verità di esserci, nascere, soffrire, gioire, morire contrapposta ad una realtà sempre più mediatica e spersonalizzante. E' l'autentica nudità di esistere. Essa viene declinata attraverso molteplici forme e ispirazioni, fra brani rotondi e chiusi, altri che si abbandonano in modo fecondo a code strumentali, altri ancora che si allungano generando galassie, oppure tendono agguati a base di arrangiamenti audaci e imprevedibili. In una mescola assolutamente libera ma ben congegnata – anche grazie alla produzione di Carlo Barbagallo (Suzanne'Silver, Albanopower, La Moncada, CoMET) – di folk, rock, pop, cantautorato italiano, psichedelia. Mentre è la voce, una voce che ha al contempo un qualcosa di primigenio, metropolitano e ieratico, a tenere insieme le tracce.

Per Andrea Fardella “Le Derive della RAI” è un disco definitivo. Le prime parole della destabilizzante title-track (al singolare) riecheggiano l'incipit di una celebre opera epica (“Contami le ossa in un giorno in cui non piove / bagnandomi da solo davanti a qualche porno”) e l'intero disco ha il passo epico di una grande narrazione personale che diventa universale. Un qualcosa che ha le fattezze di una balena in forma di suoni e parole capace di inghiottire l'ascoltatore se quest'ultimo gli dedica la giusta attenzione, per liberarlo solo dopo averlo toccato (e mutato?) nella parte più essenziale di sé.

Ma “Le Derive della RAI” è un disco-balena che sa anche sputare fuori i distratti e coloro che cercano dischi ridotti. Non c'è qui la quotidianità a bassa intensità di certo cantautorato indie d'oggi: le canzoni di Andrea Fardella sono sfoghi, lamentazioni, odi d'amore, invettive, preghiere. E vibrano di quel tremito che appartiene alle cose fondamentali del nostro stare al mondo, affrontato con la necessità di chi scrive e canta perché non può fare altro che alimentare il proprio cosmo e la propria urgenza di essere, di svilupparsi per autorigenerazione spontanea, di crearsi e ricrearsi nella deriva di sé e del mondo.
E sopra ogni cosa di lasciarsi investire da tutto il bene e tutto il male, da tutto il tragico e tutto il salvifico, senza mai sapere cosa fare, se non cantare e vivere.
“Naturale idea di cambiamento rivoluzione / ma se non siete voi il bersaglio, forse sono io / e cedere, esigere, fingere, scegliere / io non so più che cosa fare, io non so mai / che cosa fare.”

Credits

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