Le 10 canzoni più belle di Francesco De Gregori

I migliori brani del Principe della canzone italiana: da "La storia" ad "Alice", passando per i pezzi tratti da "Titanic" o "Rimmel". Con tanti capolavori senza tempo e qualche sorpresa per gli amanti di questo grande artista

Foto via Wikimedia Commons
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Francesco De Gregori ha scritto e interpretato, almeno sino a questo momento, 219 canzoni. Altre ne ha distribuite qua e là, recapitandole a Patty Pravo, Angela Baraldi, Capitolo 6, Fabrizio De Andrè e tanti altri. Scegliere le dieci canzoni più belle scritte dal Principe è impresa ardua, e non solo per i numeri di cui sopra. De Gregori è un monumento vivente della musica d’autore italiana, tirare fuori dieci pezzi dalla sua produzione significa fare un torto ai rimanenti 209 e più. Va be', ci siamo capiti, ma ora andiamo con la playlist senza pensarci più.   

ALICE 

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In principio fu Theorius Campus, diviso a metà con Antonello Venditti. Seguirà, a stretto giro di posta, l’esordio vero e proprio: Alice non lo sa, anno domini 1973. E giù a straparlare di ermetismo, a sprecare paragoni con Bob Dylan. Poco importa, il debutto discografico di Francesco De Gregori è di quelli che non si dimenticano e Alice è la canzone che meglio rappresenta la sua cifra artistica. Nasce prima la musica, poi il testo, con cinque personaggi in cerca d’autore. La protagonista è, con ogni probabilità, ispirata all’Alice di Lewis Carroll, mentre Cesare è Cesare Pavese. Per il resto, la storia è slegata e sta a chi ascolta provare a metterla insieme. Una parte la gioca anche la censura: l’originario verso “il mendicante arabo ha un cancro nel cappello” si trasformerà nel più innocuo “il mendicante arabo ha qualcosa nel cappello”. Per descrivere il suo modo di narrare storie, il Principe parlerà di scrittura automatica: ermetismo, Bob Dylan e surrealismo come non ci fosse un domani.  

CERCANDO UN ALTRO EGITTO

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Passa un anno ed ecco Francesco De Gregori, meglio conosciuto come “l’album della pecora”. È il disco di Niente da capire, ma anche di Cercando un altro Egitto. Un brano che nasce alla fine degli anni ’60, suonato più volte al Folkstudio anche se con un testo differente. Già, il testo. Si parla di violenza, in tutte le sue forme, da quella in uscita dal tubo catodico del televisore fino agli incidenti stradali. Il verso “Le grandi gelaterie di lampone che fumano lente” si riferisce ai campi di concentramento nazisti: il suo autore si pentirà di averlo scritto e cantato. 

LE STORIE DI IERI

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Grazie a Rimmel, De Gregori raggiunge la popolarità di massa, l’album vende come il pane ed è ricco di brani entrati a far parte del patrimonio della canzone italiana. Qualche esempio? Oltre alla title-track Pezzi di vetro, Pablo, Buonanotte fiorellino, Piano bar… E allora perché scegliere Le storie di ieri? Semplice: si tratta di una canzone intrigante, arricchita dal contrabbasso di Roberto Dalla Grotta e dal meraviglioso sax di Mario Schiano. Per non parlare di un De Gregori decisamente schierato, antifascista senza se e senza ma: “I cavalli a Salò sono morti di noia, a giocare col nero perdi sempre. Mussolini ha scritto anche poesie: i poeti, che brutte creature, ogni volta che parlano è una truffa”. Nei provini in studio si sente De Gregori cantare “Almirante (l’allora segretario del Movimento Sociale Italiano, partito di una mai nascosta ispirazione fascista, nda) ha la faccia serena”; nel testo definitivo, il cantautore romano opterà per un meno diretto “I nuovi capi hanno facce serene”. C’è da aggiungere che il MSI, in uno spot televisivo del 1980, userà come sottofondo Viva l’Italia: De Gregori, incazzato come una pantera, chiese e ottenne il suo immediato ritiro.

ATLANTIDE

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Con Bufalo Bill, Francesco De Gregori rinnova l’appuntamento con i piani alti delle classifiche di vendita. Ancora un disco di grandi canzoni, tra le quali spicca il capolavoro Atlantide. Resa magica dalle tastiere oniriche di Toto Torquati, il brano, guarda caso, è retto da un testo criptico anziché no, nel quale prendono vita birre disperate, un tizio che da sette anni vive sotto una veranda ad aspettare le nuvole e “una ragazza di Roma la cui faccia ricorda il crollo di una diga”. Una sera, durante una cena, Luciano Ligabue chiese a De Gregori di spiegargli per filo e per segno il significato del testo; lui rispose, più o meno, “d’accordo, ma potresti rimanere deluso”. Ligabue rimase deluso.  

RENOIR 

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De Gregori è l’album del ritorno dopo il “processo” promosso, al Palalido di Milano, da quei simpaticoni di Autonomia Operaia e dintorni il 2 aprile 1976, ne potete leggere qui. Una serata traumatizzante per il cantautore, che medita di ritirarsi dalle scene e farla finita con la musica: si fa strada l’idea di aprire una libreria. Per fortuna, De Gregori tornerà sui suoi passi. Due anni dopo quella deprimente serata, ecco un nuovo album, quello di Generale, un vero e proprio inno, di Raggio di sole, di Il ’56. Poi, ecco Renoir. Due Renoir. Una casinista, che chiude il lato A del 33 giri, mentre l’altra, più tranquilla, ha l’incarico di aprire il lato B. La scelta è caduta sulla prima, che propone un musicista spensierato e folle, autore di un testo che si apre a diverse interpretazioni. Solo il titolo si ispira a una certezza: Renoir era il pittore preferito del tastierista Alberto Visentin. C’entra qualcosa con tutto il resto? E chi lo sa…

LA LEVA CALCISTICA DELLA CLASSE ’68

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Per molti, addetti ai lavori e non, Titanic è l’album più bello mai pubblicato da Francesco De Gregori. Di sicuro è il disco che contiene una delle canzoni più amate della produzione degregoriana e non solo. La leva calcistica della classe ’68 è una canzone inarrivabile, bellissima, che, però, il Principe ha definito “falsa” per il suo maldestro tentativo di costruire una metafora – evidentemente falsa anch’essa – su di un ragazzo e sul ’68. Sarà, ma intanto qui funziona tutto: a partire dal pianoforte suonato da Mimmo Locasciulli, poi i riferimenti al campo di periferia, l’importanza della fantasia e del gioco di squadra, la parabola del calciatore che appende le scarpe al chiodo. Qualcuno ha cercato di identificare il calciatore protagonista del brano: chi ha pensato ad Agostino Di Bartolomei, chi a Bruno Conti. Sì, De Gregori è romanista, l’unica certezza è questa.

LA RAGAZZA E LA MINIERA

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La donna cannone? Troppo facile! Nell’omonimo Ep ecco irrompere La ragazza e la miniera, una storia di lavoro e sfruttamento, di amore tra due ragazzi, di speranza. “E meno male che c’è sempre qualcuno che canta e la tristezza ce la fa passare, sennò la nostra vita sarebbe come una barchetta in mezzo al mare. Dove tra la ragazza e la miniera apparentemente non c’è confine, dove la vita è un lavoro a cottimo e il cuore un cespuglio di spine”. È una tra le canzoni preferite da De Gregori stesso, al piano compare di nuovo Mimmo Locasciulli.  

LA STORIA

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Siamo giunti al capitolo Scacchi e tarocchi, quando De Gregori decide di cantare di Pier Paolo Pasolini e di Brigate Rosse, del Festival di Sanremo, di Venezia e di poeti che vendono l’anima al miglior offerente. La storia ha un percorso complicato: registrata come provino nel 1983, se ne impossessa Gianni Morandi che la pubblica l’anno seguente tra i solchi dell’album Immagine italiana. Passa un anno e La storia finisce per diventare il brano di apertura di Scacchi e tarocchi. Canzone per solo pianoforte e voce, ispirata dalla visione di un marciapiede pieno di siringhe (“Siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo”), è amatissima a sinistra, anche se è lo stesso De Gregori a ricordarci che “La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso”. 

CHI RUBA NEI SUPERMERCATI?

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Schierarsi. Francesco De Gregori non si è mai nascosto, non ha mai avuto dubbi su quale parte stare. E alla domanda “Stai dalla parte di chi ruba nei supermercati o di chi li ha costruiti rubando?”, risponde in un solo modo: con una canzone dal piglio energico che invita a liberarsi dalle catene, a imparare a imparare e a sbagliare sbagliando. Qualcuno ha letto tra le righe del testo un riferimento al proprietario della Standa, Silvio Berlusconi. Chi ruba nei supermercati?, inserita nell’album Canzoni d’amore, esce nel 1992, per la “discesa in campo” del futuro leader di Forza Italia bisognerà aspettare ancora un paio di anni. Però ci può stare…

PER LE STRADE DI ROMA

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Anche il nuovo secolo è stato parecchio prolifico per Francesco De Gregori: otto gli album incisi tra il 2001 e il 2015 (esclusi i tanti, forse troppi, live), sia pur non sempre riforniti di contenuti autografi (il riferimento è a Il fischio del vapore e ad Amore e furto). Nel tentativo di condensare gli anni ’00 in un solo brano, la scelta è caduta su Per le strade di Roma, tratta da Calypsos. Tra le tante canzoni dedicate alla Capitale, quella scritta dal Principe è tra le meno retoriche, inserita com’è tra le sicurezze dei giovani che “guardano il futuro senza stupore” e tra le tante contraddizioni (“Lucciole sulla Salaria, zoccole in via Frattina”) di una città pur sempre ricca di adrenalina. 

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L'articolo Le 10 canzoni più belle di Francesco De Gregori di Giuseppe Catani è apparso su Rockit.it il 2023-03-10 10:31:00

COMMENTI (3)

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  • CosimoGuarino 11 mesi fa Rispondi

    Dr. Doberman dove la mettiamo? E Pablo? Bufalo Bill e ancora Pane e castagne?
    E vero comunque che diventa difficilissimo scegliere.

  • giuseppecatani 13 mesi fa Rispondi

    @CHIARATROCCOLI Chiara, ognuno ha la sua playlist...

  • CHIARATROCCOLI 13 mesi fa Rispondi

    Non sono assolutamente daccordo con Per le strade di Roma!!! In quel cd c'è Cardiologia! ma anche L'Angelo o La casa sono duecento volte superiori.!!! E poi ? Tra le dieci migliori non metti Le lacrime di Nemo???? Un capolavoro assoluto.