That guitar is incredible! - Antonio Pioli Wandrè e la liuteria del pop

La storia del rivoluzionario liutaio italiano Antonio Pioli "Wandrè" che fece della chitarra elettrica un'opera d'arte pop

Wandrè durante una performance artistica in Piazza Lenin a Cavriago
Wandrè durante una performance artistica in Piazza Lenin a Cavriago - Wandrè durante una performance artistica in Piazza Lenin a Cavriago

Mi raccontano che faceva chitarre, ma non chitarre come hanno da essere le chitarre, piuttosto oggetti dotati di anima propria, ribelli, addirittura pericolose. […] Io li ascolto, sorrido e non dico niente: perché so di cosa stanno parlando […]. Una sua chitarra l’ho suonata eccome, fino a distruggermi le dita. […] Non ho vergogna ad ammettere che mi faceva quasi paura, con quel suo colore rosso scuro e le paillettes che si accendevano sotto la luce dei riflettori da balera.” (Francesco Guccini)

1965, Swinging London. Per le strade della capitale britannica passeggiano un giovane Bob Dylan e il regista Donn Pennebaker, incaricato di documentare il tour del musicista in Regno Unito. Passando davanti alla vetrina di un negozio di strumenti, Dylan resta folgorato da uno degli strumenti esposti: è una chitarra meravigliosa, dall’estetica particolarissima, “mai vista negli Stati Uniti”. La incredible guitar che il cantante statunitense sta osservando (come potete vedere in questo estratto dal documentario “Dont Look Back” di Pennebaker del 1967) è una Wandrè Oval e Dylan sarà solo uno dei tantissimi musicisti che negli anni apprezzeranno gli strumenti del liutaio emiliano Antonio Pioli “Wandrè”, in molti casi osannandoli fino a farne dei veri e propri oggetti di culto. Ciononostante, a distanza di soli tre anni la fabbrica circolare di strumenti di Pioli chiuderà i battenti e il suo proprietario si reinventerà come designer di abiti in pelle. Ma facciamo un passo indietro.

Antonio Pioli nasce il 6 giugno 1926 a Cavriago, provincia di Reggio Emilia. Il padre Roberto lavora come liutaio, costruendo in particolare violini. Leggenda vuole che sia lui a ribattezzarlo con il soprannome che diventerà il suo nome d’arte per tutta la vita, quel “Va’ ndrè” (“vai indietro” in dialetto reggiano), ispiratogli dalla tendenza del figlio a muovere sempre in senso contrario a quello comune. Sebbene la storia abbia un fondo di verità, senza dubbio confermato dall'attitudine selvaggia ed eclettica di Wandrè, l'appellativo con cui sarà conosciuto in tutto il mondo è in realtà il suo vero nome anagrafico, con la sola modifica della lettera iniziale decisa da Wandrè stesso a quattordici anni. Tra il ’39 e il ’57, Wandrè compirà un lungo apprendistato nella liuteria paterna.

(Wandrè in uno scatto d'infanzia)

Nel giugno del ’44 è partigiano sulle colline reggiane insieme all’amico Jazz. A guerra conclusa studia nel convitto “Rinascita” di Reggio Emilia, proseguendo poi con un corso di perfezionamento come capocantiere edile che lo porta a lavorare per il Consorzio Cooperative di Reggio Emilia a Milano e Cosenza. Wandrè però non ha un temperamento tranquillo, come rivelerà chiaramente l’arte che inizierà a creare di lì a poco: dopo breve tempo entra in conflitto con un ambiente lavorativo che percepisce troppo pieno di compromessi e viene licenziato.

(Contrabbasso Naika e Electro Blitz, 1959 circa)

Nel 1957 torna a Cavriago e inizia la produzione di strumenti: inizialmente si tratta di contrabbassi classici, ma ben presto la produzione si sposta a creazioni radicalmente innovative, passando a modelli semiacustici e ben presto anche a strumenti totalmente elettrificati.

L’idea di fondo è quella di curare con grande estro l’estetica dello strumento, apportando al tempo stesso tutta una serie di migliorie che lo rendano un prodotto bello e particolare ma al tempo stesso di altissima qualità. In un’Italia che sta assaggiando tutti i frutti del miracolo economico, Wandrè mescola con occhio visionario colore, forma e tecnologia: i manici fino a quel momento si costruiscono in legno, Wandrè, primo fra tutti, inaugura i manici in alluminio, dai quali toglie i truss-rod (barre necessarie a contrastare la tensione delle corde e le possibili deformazioni del legno) per aumentare la pulizia e la limpidezza del suono. I risultati sono così brillanti che negli anni ’80 la Kramer stessa fornisce una chitarra Wandrè a Eddie Van Halen. Negli strumenti Wandrè fanno poi la propria comparsa il ponte sospeso, nuovi materiali quali plastica e appunto alluminio e audaci e deliranti sperimentazioni di forme e colori, tradotte in strumenti coloratissimi e stravaganti, spalle mancanti, sagome storte come vere e proprie opere d’arte la cui superficie diventa una tela colorata da animali, paesaggi, ufo e macchie di vernice. Il sostegno degli amici è enorme, sia in termini economici che umani: tra questi Jazz, compagno partigiano sui colli che girerà poi il mondo come turnista nel gruppo di Peter Van Wood; Vanni Catellani, tra le cui collaborazioni si annoverano Louis Armstrong e Chet Baker (e ricordato anche per il volo di una Stratocaster colpevole di non mantenere adeguatamente l'accordatura durante un live a Reggio Emilia, prontamente sostituita con l’amata Wandrè Scarabeo); e Gianfranco Borghi, amico di gioventù e compagno di un viaggio in moto fino al Mar Nero, che sarà responsabile della verniciatura di gran parte delle chitarre prodotte da Wandrè.

(Una Wandrè Rock and Roll, 1958 circa)

La fama del liutaio non richiede molto tempo per consolidarsi: tra il ’57 e il 1960, Wandrè collabora con Meazzi e dal ’59 anche con il Davoli della fiorente Krundaal Davoli, nomi di assoluto prestigio nell’ambito della costruzione di strumenti italiana.

(Una foto dallo stand Meazzi alla Fiera del Milano del 1960. Da sinistra: una Rock&Roll, una Waid, una Oval e una BB, tutte di Wandrè. Sulla parete una Oval a pois e una BB sempre ad opera di Wandrè)

È questo il periodo in cui nascono i contrabbassi e le chitarre BB, Rock and Roll, Waid, Selene, Spazial, Blue Jeans e Piper, nonché le chitarre hawaiane e la Rock Oval che di lì a poco stregherà Dylan e diventerà la prima chitarra elettrica di Celentano e l’unica elettrica mai usata da Guccini, colpito da questa chitarra "dalla forma assurda, con dettagli acromegalici che facevano immaginare un qualcosa di futuribile non ancora ben immaginato". A livello nazionale, tra i maggiori estimatori degli strumenti Wandrè anche i Nomadi e Mina.

(Wandrè Selene)

In "Urlatori alla sbarra" (Lucio Fulci, 1960), Celentano duetta con Mina accompagnandosi con la Wandrè Oval.

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È dello stesso anno "Risate di gioia" di Mario Monicelli, nel quale una meravigliosa Anna Magnani e Totò duettano in "Geppina donna da fumo", accompagnati da un contrabbasso Wandrè modello Classich.

(Un fotogramma tratto da "Risate di gioia" (1960) di Mario Monicelli. A sinistra è visibile il contrabbasso Wandrè)

È proprio con l’industria Davoli che Wandrè inventa un processo produttivo nuovo, inserendo la catena di montaggio per ottimizzare i tempi di fabbricazione ma puntando al tempo stesso alla creazione di un ambiente di lavoro in grado di ridurre il più possibile il senso di alienazione dei suoi dipendenti. Sul finire degli anni ’50, Wandrè fa costruire all’ingresso del paese la prima fabbrica di chitarre elettriche in Italia, edificata su pianta circolare.

(L'esterno della Fabbrica Rotonda di Wandrè in uno scatto d'epoca)

(Operai nella Fabbrica Circolare di Wandrè, 1962)

Il trasferimento nella Fabbrica Rotonda sarà foriero di nuove meravigliose produzioni, dalla BJ Major alla Roby, dalla Rock alla Bikini, progettata con un amplificatore incorporato e che negli anni '80 passerà tra le altre per le mani di Ace Frehley dei Kiss e di Buddy Miller.

(Ace Frehley dei Kiss in uno scatto del 1981, mentre impugna la Davoli-Bikini che lo accompagnò nel tour di quell'anno)

Tra ‘63 e ‘67 nascono le chitarre Polyphon, Tigre, Cobra, Etrurian e la Scarabeo, che diventerà uno dei pezzi più richiesti ed apprezzati dell'intera produzione Wandrè: progettata dal giovane designer freelance Stefano Beltrami su richiesta di Wandrè stesso, che desiderava creare uno strumento per celebrare i Beatles (da cui il richiamo alla forma dello scarabeo nel corpo dello strumento e alla celebre capigliatura dei Fab Four nella sua paletta), nel 1986 la chitarra vince il primo premio all’importante Miss off the wall, riconoscimento alla chitarra più originale dell’anno patrocinato dalla rivista americana Guitar Player e assegnato da una giuria con a capo Frank Zappa. Wandrè viene a conoscenza del premio ricevuto con cinque anni di ritardo e quasi casualmente, in occasione di una cena con un amico: lo stupore è tale che quasi non si accorge di aver vinto anche il secondo premio grazie alla Rock Oval.

 

(Una Wandrè Scarabeo)

Tra ’67 e ’68, al catalogo Wandrè si aggiungono Mini e Psycheledic Sound. Le esportazioni coprono ormai i mercati di buona parte del globo, dalla Francia al Sudamerica, dalla Germania alla Nuova Zelanda, al Belgio al Sudafrica, dall’Olanda all’Inghilterra. Più conflittuale il rapporto con gli Stati Uniti: pur apprezzandone lo spirito libertario e gli impulsi musicali, in particolare il jazz, e altresì memore del loro ruolo nella liberazione italiana dal nazi-fascismo, Wandrè ne condannava infatti  l’economia capitalista e non ne apprezzava la liuteria "presuntuosa e colonialista". D’altro canto, comunque, l’atteggiamento dei produttori oltreoceano non era dei più collaborativi, con una tendenza all’esportazione dei propri prodotti all’estero accompagnata da un certo proibizionismo nei confronti di quelli stranieri.

Ma sul finire degli anni ’60 qualcosa comincia a cedere. Il punto è che Wandrè è un artista, e senza dubbio un artista a tutto tondo, ma non un imprenditore: nel momento in cui la concorrenza straniera comincia a diventare insistente e difficile da affrontare, la fabbrica circolare non riesce a reggere la crescente pressione di un mercato straniero, soprattutto giapponese e tedesco, che propone prezzi decisamente più competitivi.  
Nel 1968, dopo aver raggiunto una tiratura totale stimata in un po' meno di 50000 strumenti, Wandrè abbandona la liuteria per dedicarsi al design di abiti e giacche in cuoio, alle collaborazioni con il circolo culturale e artistico "Pari e Dispari" e agli sconfinamenti creativi del movimento neo dadaista Fluxus, fondato a sua volta dal liutaio George Maciunas, a cui aderirà fino alla morte come artista e scultore. Il 15 agosto 2004, Antonio Pioli muore a Montecchio per un’insufficienza respiratoria.

(Antonio Pioli Wandrè)

Creativo, caparbio ed estroso, desideroso di invadere il flusso del quotidiano con invasioni libere e colorate in una performance d’arte totale, libera da ogni dogma e al tempo stesso permeata di tutta la cultura del suo tempo, Wandrè è stato il liutaio più rivoluzionario dello scorso secolo, precursore di innovazioni straordinarie ben prima della nascita del virtuosismo elettrico, capace di aprire un ampio e importante spazio tra i due colossi statunitensi Fender e Gibson. Peter Holmström dei Dandy Warhols, Joe Perry degli Aerosmith, Sean Ono Lennon e Steve Hackett sono solo alcuni dei nomi che in tempi più recenti hanno dimostrato apprezzamento e stima nei confronti del liutaio cavriaghese, il cui nome in Italia sembra invece caduto nell’oblio, forse per una memoria cortissima tutta italiana ma certo anche per il forte idealismo delle sue posizioni, che hanno in parte contribuito a renderlo una figura difficilmente etichettabile. Libertà, impegno civile, metodo e creatività fuori da ogni controllo: tutte sarebbero parole corrette per parlare del geniale artista che fece della chitarra elettrica un’opera d’arte pop. 

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M. Ballestri, Wandrè l'artista della chitarra elettrica. Anniversary Books ed, Modena 2014 
 

Questo articolo è dedicato a Sergio De Checchi, profondo conoscitore della musica e dei suoi strumenti e primo ad avermi parlato di Wandrè mostrandomi una sua chitarra con delicata attenzione

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L'articolo That guitar is incredible! - Antonio Pioli Wandrè e la liuteria del pop di Giulia Callino è apparso su Rockit.it il 2015-10-12 11:19:00

COMMENTI (4)

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  • LukeSkywalker 9 mesi fa Rispondi

    Veramente un articolo bellissimo che ho potuto apprezzare ancora di più avendo avuto la fortuna di conoscere Wandrè e di cui, allora, sapevo ben poco. Complimenti

  • amedeo.bentivoglio 6 anni fa Rispondi

    Non si finisce mai di imparare.....che meraviglia!
    Ho ricevuto da un amico una Tigre da riparare/far funzionare.
    Ho 56 anni e non avevo mai visto prima uno strumento fatto così. Appena preso in mano mi veniva da ridere (credevo di avere in mano il palo di una antenna)ma quando l'ho riassemblato e attaccato all'ampli ho capito quanto stava avanti il sig.Wandre' negli anni 60.
    Onore e gloria a questo Liutaio/Artista
    Grazie a tutti
    Amedeo

  • dgarutti 9 anni fa Rispondi

    Grazie, articolo e personaggio meravigliosi

  • ballmar 9 anni fa Rispondi

    Complimenti, un articolo ben fatto, scritto veramente con amore e passione!