Cosa ci ha insegnato la finale di KING OF PROVINCIA (sulla musica e sulla cucina)

Una bella serata al Detune di Milano, a base di polpette alla curcuma, cambipalco sprint e risate. Ecco com'è andato il Gran Ballo di Fine Anno, in compagnia di 4 progetti di cui sentiremo parlare e della nostra caldissima community

- tutte le foto di Elia Montefiori

Ieri mi sono alzato e ho pensato che, quella sera, non volevo mangiare la solita “pizza cartone del rock” durante la finalissima di KING OF PROVINCIA insieme agli artisti presenti. Qualcuno di loro intanto era già partito da Forlì in macchina ed era rimasto in coda, come al solito, all’altezza di Bologna: un bivio autostradale piuttosto problematico per chiunque sia avvezzo a lavorare in macchina. Altri finivano di lavorare tardi, qualcuno sembrava puntuale. Non erano nemmeno le 13.00 e ancora dovevo decidere cosa mangiare quella sera: qualche cibo etnico d’asporto? Che cosa si mangia prima di un concerto?

Faccio un rapido sondaggio tra i musicisti e scopro che ci sono solo un paio di lievi intolleranze al lattosio. Così, dopo essermi cucinato un pranzo onesto ma basilare, decido di andare a fare la spesa: cucinerò nelle prossime tre ore per tutti i finalisti di KING OF PROVINCIA. Di per sé, i contest fanno cagare. Ma questo non è un contest — o meglio, è anche un contest, anche una rassegna — ma in questi mesi è stato soprattutto un grande strumento di ricerca per me e non solo. Capire dove si stia muovendo il meglio dello shoegaze lontano dalle etichette più “note”, sentire cosa fanno i giovani in determinati luoghi del paese, ma soprattutto — e sembrerà banalissimo — ascoltare canzoni nuove. Tendenzialmente senza grandi uffici stampa o persone a spingertele. Perché là fuori c’è una montagna di progetti che vanno in sala prove, smontano la sala prove, incidono canzoni e le pubblicano. Fine. Non c’è molta sovrastruttura attorno al loro pensiero, e in quest’epoca in cui tutto sembra così grande, così difficile, così complicato per non più di 15 secondi, questo modo di credere nel DIY è una boccata d’aria non indifferente.

Ok, non suoneranno i Modest Mouse e nemmeno ci sarà Jorja Smith su quel palco, ma un pesto fatto a mano — senza esagerare con il formaggio — farà arrabbiare i più, però potrebbe essere un buon compromesso. Dalla Liguria mi dicono che nel pesto ci vogliono la patata lessa, i fagiolini e qualcuno sostiene anche senza aglio. Mi adeguo al mio vissuto e procedo. Ad accompagnare, un’insalata di riso che è sempre buona, mette d’accordo tutti ed è fresca; mentre come seconda portata, senza l’ausilio di chissà quali strumenti per riscaldare, opto per tirare fuori questa conserva emiliana a base di cipolla stufata in brodo vegetale, pomodoro e abbondante zucchero, il celebre “friggione”. A seguire, due polpette di macinato misto e curcuma, una piacevole insalata con pomodori e zucchine e — questa sera, oltre alla musica — per fortuna stiamo bene.

Sono dettagli, lunghissimi dettagli in uno scritto che dovrebbe parlare di musica dopo i primi 180 caratteri, ma credere nel processo è l’unica cosa che ho imparato fin da quando avevo 18 anni e con i miei amici organizzavamo caterve di concerti ogni fine settimana. Che ci fossero 10, 100 o 1000 persone non importava: la cura dell’artista prima di tutto. E se lo spettacolo non è all’altezza? E se qualcosa va storto? Può capitare. Ma trattare al massimo chi sale su un palco è già, di per sé, una certificazione di ottimo lavoro.

E poi ci sono i concerti, già — mi dimenticavo. Eibi, da Molfetta, produttrice e cantante, è la prima a salire sul palco: con il suo progetto alt-pop a basse frequenze tiene tutti incollati lì. Poi Marta Guidoboni che, in compagnia di violino e violoncello, ci ha cullato nella sua cameretta. Il disco che sta per pubblicare non vi lascerà indifferenti. A chiudere la serata Greta Grida, milanese, ormai paladina del Bonola grunge, che con la sua band ha rischiato di far venire giù tutto il locale. A vincere, invece, è stato d!base, che viene da Forlì. È un produttore e cantante – lui si definisce cantautore. La sua cassa dritta ha fatto muovere il pubblico, e il voto dei 29 giurati — tra direttori artistici di locali, agenzie di concerti, discografici e manager — ha sancito questo esito dopo averlo visto anche dal vivo, in una splendida cornice di pubblico.

Questi quattro progetti, insieme agli altri 28 che abbiamo selezionato, verranno raccontati da noi attraverso le loro storie e il loro percorso. d!base avrà un tour organizzato da noi, dove potrà far muovere le persone, ma per tutte e tutti speriamo che questa vetrina porti ancora più concerti e possibilità. Alla fine, quello che vogliamo fare è semplicemente dare risalto alla nostracommunity di Rockit PRO e non perderci alcun tipo di possibile scambio.

A fine serata abbiamo voluto fare una foto in bagno con il vincitore. Il mitico Elia, che ha scattato delle foto bellissime, era molto felice. Ci siamo fermati a bere la penultima e anche l’ultima; per fortuna non è avanzato cibo e, come doveroso, ci siamo salutati. Tornando a casa a piedi ho pensato di scrivere questa cosa che non aggiunge nulla alla conoscenza musicale di chi la leggerà, ma che mi fa capire che c’è sempre una possibilità alternativa di guardare questo strano e bizzarro music business — e che a volte basta ripartire da una polpetta, una semplice polpetta.

Grazie al Detune di Milano per la disponibilità e a tutti i presenti per essere rimasti quasi tre ore in nostra compagnia. A tutti i progetti che hanno partecipato alla nostra rassegna/ricerca/contest (anche se la parola “contest” mi fa cagare) va un grazie sincero. Adesso ci ricarichiamo: la community è sempre attiva e arrivano nuove idee. Magari anche una battaglia in cucina o forse meglio di no.

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L'articolo Cosa ci ha insegnato la finale di KING OF PROVINCIA (sulla musica e sulla cucina) di Teo Filippo Cremonini è apparso su Rockit.it il 2025-12-12 16:38:00

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