Fino a quando può sopravvivere il sistema musica in Italia?

Un manager, un musicista, un gestore di locale, un agente di booking e un'etichetta si confrontano nel momento più difficile. Ci raccontano cosa fanno per campare, e cosa vedono nel loro futuro

Jesse The Faccio al MI AMI 2019, foto di Kimberley Ross
Jesse The Faccio al MI AMI 2019, foto di Kimberley Ross

La settimana scorsa, Tiziano Ferro ospite in collegamento da Fazio, ha lanciato un appello in diretta: "Ho bisogno di chiedere che si faccia più chiarezza sui concerti, non per me, ma per il pubblico e i lavoratori più fragili". Apriti cielo, shitstom sui social del popolo che che non si capacita come un milionario chieda aiuto mentre tanti italiani non arrivano in fondo al mese eccetera, dimenticando colpevolmente che la maggior parte degli addetti ai lavori in campo musicale è formata da precari che guadagnano poco, hanno zero tutele e sono i primi ad esser stati dimenticati.

Forse il popolo crede che i palchi si montino da sé, che sia Tiziano in persona a procurarsi le date, a dirigere locali, a organizzare eventi, a fare suoni e luci, ad accordare strumenti, a farsi da mangiare, a smontare dopo lo show, a vendere il merchandising e pure i panini. Non è proprio così.

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La previsione di Assomusica (l'associazione tra i produttori e gli organizzatori di spettacoli di musica dal vivo) in materia di ripresa dei concerti, non è rosea: non si potranno fare fino alla primavera del 2021. Ancora più drastica la previsione del Dott. Ezekiel Emanuel (esperto di gestione sanitaria e consulente della World Health Organization): niente concerti fino all'autunno del 2021.

Tutto il settore della musica live sta vivendo una crisi senza precedenti, ne ha già parlato il direttore del MI AMI Festival Carlo Pastore in questo editorialeRiccardo Zanotti dei Pinguini Tattici NucleariFederico Dragogna dei Ministri hanno detto la loro, rivendicando il diritto di tornare ad abbracciarsi non appena sarà possibile. Claudio Cecchetto si è espresso su locali e discoteche, che per funzionare hanno necessità di assembramento. Parola diventata tabù, che fino a qualche mese fa significava semplicemente stare insieme, tutti belli appiccicati, per cantare e ballare, per divertirsi.

I concerti sono il motore del business della musica nel mondo, da quando i dischi non vendono più. Senza di loro, perdite per un miliardo di euro e diffusa tristezza tra i fan, che per la prima volta nella loro vita, potrebbero passare un'estate a volume spento. Se i grandi, dal citato Ferro a Vasco Rossi e Francesco De Gregori hanno un po' di paura, figuriamoci i piccoli, le maestranze, le band davvero indipendenti, le piccole etichette, le booking, le agenzie stampa, i lavoratori del mondo della musica. Abbiamo sentito un po' di gente che in questo settore svolge ruoli differenti, e abbiamo fatto loro tre domande. Personalmente, ho anche sentito un mio amico fonico di provincia, che lavora perlopiù in nero e la sua risposta è stata più che significativa: "È una merda, Simo, non so come fare". Non è retorica, ha finito i soldi e non ha modo di fare il suo lavoro.

Abbiamo fatto una tavola rotonda, naturalmente virtuale, come tutto di questi tempi, con Oliver Marco Dawson (Pluggers, l'etichetta di Massimo Pericolo), Toto Barbato (tour manager, boss del The Cage, club live a Livorno), Gabriella Esposito (Boss di Foresta, agenzia di comunicazione e management), Enrico Amendolia (boss dell'agenzia di booking Locusta) e Marco Ziliani (backliner, fonico per la Doc Servizi). 

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Riuscite a lavorare con la musica in questo periodo?

Oliver: La più grande difficoltà è data dall'incertezza, che inibisce la mia capacità di pianificare. Che poi alla fine, come casa discografica, è l'unico lavoro che facciamo. I brani, i video, le grafiche vengono realizzate da altre persone, a noi spetta un coordinamento, una visione che si affianchi a quella artistica, che permette di costruire delle carriere. Ci viene chiesto di lavorare con fino a un anno di anticipo, ma in questo periodo non è proprio possibile. Stiamo continuando a pubblicare musica e ce la stiamo mettendo tutta per mantenere la positività, e trasmetterla a chi lavora con noi.

Toto: Io e Mimmo Rosa, il mio socio, avevamo quattro ambiti lavorativi: tre locali (The Cage, Bad Elf Pub e BorgoBurger) e la produzione di tour. Il Cage e il pub sono chiusi, la produzione dei tour lo stesso, c'è rimasta la paninoteca in versione delivery, quindi mi metto lo zaino in spalla e vado a consegnare i panini. È un lato nuovo della mia vita, almeno imparo a fare anche questo.

Gabriella: Dal punto di vista promozionale c’è molta meno reattività da parte dei media per quello che riguarda le nuove uscite; alle interviste, news e recensioni preferiscono contenuti dalla narrazione attuale e collettiva, anche perché l'attenzione del pubblico è cambiata e bisogna tenerne conto. Le produzioni dei videoclip sono ferme e stiamo capendo come creare contenuti sostitutivi. Alcune nostre nuove uscite sono rimaste fisicamente bloccate in quarantena, con le band senza strumenti e l'impossibilità di andare in studio. Il lavoro sta diminuendo velocemente. Anche perché quasi nessuno vuole pubblicare un disco a cui magari ha lavorato per uno o due anni senza poter andare in giro a suonare, e vale soprattutto per i progetti del circuito emergente. Inoltre c’è un reale calo dell'attenzione da parte del pubblico sulle nuove uscite. A marzo c’è stata una diminuzione degli ascolti in streaming importante. E questo ha spaventato ancora di più il settore. 

Enrico: A livello lavorativo ben poco, per lo più riunioni (su Skype o WhatsApp ovviamente) e qualche intervista come questa. Quello che purtroppo ancora non si riesce a fare è pianificare il futuro. Per quanto riguarda la vita privata, invece, riesco a fare diverse cose in più rispetto a prima, dallo sperimentare in cucina a dedicare molto più tempo del solito all’attività fisica. 

Marco: In questo periodo in cui, giustamente, i tour sono fermi, non riesco a fare il mio lavoro standard di backliner. Investo il tempo suonando, aspettando di capire quando si potrà tornare a lavorare sui palchi. Sono giorni come questi che mi fanno capire quanto mi (probabilmente ci) manca il nostro lavoro.  

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Quanto tempo potete ancora resistere prima di dichiarare fallimento?

Oliver: Come società abbiamo due colonne portanti: la parte discografica e quella editoriale. Discograficamente continuiamo a vedere un buon flusso di entrate grazie allo streaming: vero è che questo periodo ha fatto calare gli ascolti del 30%, ma credo che comunque abbiamo abbastanza catalogo per sopravvivere. Per quanto riguarda la parte editoriale, invece, stanno maturando i pagamenti relativi al 2019, che è stata una buona annata per noi, quindi è più probabile che ne pagheremo le conseguenze nel 2021 e nel 2022. Speriamo che per allora sia ripartita la parte discografica a pieno regime e potremo sopperire. Devo anche sottolineare come la SIAE e It's Right abbiano intenzione di supportare realtà come la nostra con delle maggiorazioni rispetto ai diritti che ci dovrebbero riconoscere. Onestamente sono molto più preoccupato per alcuni degli artisti con cui lavoriamo che basano molte delle loro entrate sui live. 

Toto: Per il Cage abbiamo la fortuna di avere una struttura pubblica a disposizione, quindi non abbiamo troppi costi quando stiamo chiusi. È una domanda alla quale non so come rispondere, siamo tutti attoniti e sconfortati da questa situazione. Sappiamo solo che saremo gli ultimi degli ultimi degli ultimi a riaprire e posso assicurare a tutti che quando questo incubo finirà, il Cage farà una festa stratosferica, dove tutti ci daremo i ciuccioni (baci) con la lingua in bocca. Sto dando per scontato che non ci sarà una mezza riapertura. Apriremo di nuovo quando questo virus sarà stato debellato o col vaccino e l'immunità di gregge o grazie alle cure adatte che lo possano ridimensionare. Il live è fatto di contatto, di amore, di stare insieme, di voglia dopo una settimana di lavoro di ascoltare musica, ballare, bere un drink e sentirsi coccolati. 

Gabriella: Navighiamo a vista, e forse questa è la cosa più frustrante di tutte. La mia è un'attività giovane, compie due anni questa settimana, e per questo senza gradi fondi da parte, essendo ancora negli anni in cui investi per poter crescere. Nel mio caso il giorno X è stato il 24 febbraio: in un paio d’ore mi hanno congelato 17 mila euro di lavori, presto quella cifra si è più che triplicata. Sono pochissimi gli artisti in Italia che possono permettersi di vivere solo grazie alle vendite degli album, agli streaming, agli introiti della SIAE. E lo stesso le discografiche. L'economia della maggior parte si basa sui concerti e se fermi il core business del circuito musicale fermi tutto, ad effetto domino. Oltre alle figure strettamente connesse all’organizzazione e allestimento di un tour, sono coinvolti manager, addetti stampa, grafici, videomaker, fotografi, stylist, produttori artistici, studi di registrazione, fonici. Si ha lo stesso effetto di un sassolino che cade nell'acqua, da un piccolissimo urto si creano un'infinità di concentriche increspature, noi siamo esattamente tutta quella serie di cerchi che a vicenda si travolgono. Prevedere quanto riusciremo a stare a galla, ora come ora, e senza alcuna indicazione, è quasi impossibile.

Enrico: Difficile dirlo; diciamo che non essendo mai stati degli spendaccioni e abbiamo ancora qualche mese di autonomia.

Marco: Sinceramente non so quando dichiareró fallimento. È troppo instabile come cosa. La situazione economica è critica non solo nel mio settore, ma in tutto il mondo del lavoro. video frame placeholder

In che modo si può evitare? Che aiuti vi aspettate?

Oliver: Per evitare il fallimento ci vuole grande flessibilità e capacità di adattamento: noi siamo un'azienda molto piccola, quindi un po' avvantaggiati in questo senso. Come dicevo, le collecting societies stanno cercando di dare una mano concreta e spero davvero che le promesse si concretizzino. Ovviamente anche lo Stato ha molti metodi per agevolare la piccola imprenditoria, ma credo che la mano concreta la possono dare finanziando la ricerca e la comunità scientifica: non ci sarà una vera ripartenza fino a quando non avremo una cura o un vaccino. Noi possiamo tenere duro fino ad allora!

Toto: Io sono ottimista di natura, ma per come stanno andando le cose al momento in Italia, sono costretto a essere pessimista. Non mi sembra che ci siano piani o idee per la famigerata Fase 2, su come vorrebbero far riaprire ristoranti e bar, cosa che mi interessa da vicino. Sembra che la colpa sia ricaduta sul piccolo imprenditore, quando riapriremo dovremo sanificare a norma, dovremo avere i dpi di protezione individuale che però non si trovano se non a prezzi assurdi. Fortunatamente la Regiona Toscana ha aperto un fondo a cui accedere tramite bando, proprio per la musica dal vivo. È un periodo un po' così, c'è da resistere e basta.

Gabriella: I 25 mila euro che lo stato vuole mettere a disposizione per le imprese a rischio sono solo una boccata d’aria momentanea. Tornare a fatturare, generare profitti, deve essere quello l’obiettivo, per farlo necessitiamo in primis di risposte. Forse sarebbe il caso che il governo ci dicesse che no, fino al vaccino non si suona, e il vaccino, in prospettiva, arriverà il prossimo anno. Nessuno pretende che si torni a suonare con l’emergenza ancora viva, ma vorremmo quanto meno delle indicazioni da seguire e un segnale che ci sia volontà di tutelarci, come sta accadendo in tanti altri paesi europei. Capire insieme agli organi competenti, come reinventare un circuito rispetto a dei cambiamenti che sono epocali. Sarebbe fondamentale aprire parallelamente uno spazio di confronto tra di noi, addetti del settore, unire proposte e idee e capire come far ripartire la macchina, differenziando l’offerta in base alla categoria. Sarebbe il caso, poi, che la si smettesse di considerarci parte dei "sacrificabili", l’idea che l'economia che produciamo, le tasse che paghiamo, i contributi che versiamo siano meno utili di quelli di un'altra professione va contro qualsiasi principio di democrazia, al di là della retorica. 

Enrico: Il fallimento si potrà evitare soltanto col ritorno alla normalità, senza troppe ulteriori restrizioni rispetto a quelle che già sono state introdotte, altrimenti la vedo veramente dura. Mi aspetto semplicemente che lo Stato dia in primis un aiuto concreto a tutti quei lavoratori che al momento non hanno uno stipendio. Dopodiché auspico degli interventi seri che agevolino tutta la filiera a ricominciare quando sarà il momento

Marco: Sicuramente ci vorrà del tempo perché questo virus è una merda, anche se ci sono persone che ancora non l'hanno capito.

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L'articolo Fino a quando può sopravvivere il sistema musica in Italia? di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2020-04-17 15:36:00

Tag: opinione

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