Lilli Greco, l’uomo che inventò la musica italiana moderna (terza parte)

Lilli Greco, Chet Baker, Umberto Bindi e tutti gli altri: la storia della RCA, firmata da Lilli Greco

Chet Baker a Milano
Chet Baker a Milano

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Il 1962 è stato uno degli anni mirabiles di Lilli Greco: non solo Endrigo, "Cuando calienta el sol" e l’esordio di Rita Pavone. È lui che provina, un giovedì di novembre 1961, un sedicenne proveniente da Monghidoro, paesino sull’Appennino bolognese, segnalato da Nanni Ricordi a Franco Migliacci, paroliere e produttore appena tornato dagli States con un chiodo fisso: quello dei cantanti teenager, che negli Usa impazzavano. Migliacci, che è lo stesso che ha scritto le parole di "Volare", ha in mente teen idols come Paul Anka, Frankie Avalon, Ricky Nelson, Fabian, Bobby Vee e Bobby Darin. Migliacci si mette a cercare nella stanza in cui venivano custoditi i provini: “Fu lì, che tra montagne di nastri, inciampai in una bobina registrata da Gianni Morandi”, racconta Migliacci. E, dato che è superstizioso, l’ascolta. E capisce che è lui il suo uomo, pardon, il suo ragazzo. Nel nastro ci sono due canzoni, con Greco al piano: "Non arrossire" di Gaber e "24000" baci di Celentano. È quest’ultima a colpire Migliacci: era “meno giocherellona, più passionale. Pensai che con un ragazzino del genere si potevano scrivere canzoni d’amore vere e proprie, infognate in un sentimentalismo che finora era stato vietato agli adolescenti”. Migliacci cerca la canzone giusta. E la trova. Un twist scritto da Tony Dori, un emigrante che faceva il minatore in Germania, parole sue, firmate però con lo pseudonimo di Camucia: è Andavo a cento all’ora. Morandi riceve una telefonata ed è convocato a Roma. Registra il pezzo, sempre con Greco, e anche “Loredana, scritta da un pittore romano di nome Zingariello, e Margherita, una canzone di Sergio Endrigo che credo non sia mai uscita. Lilli cercava di tranquillizzarmi, la buttava sul ridere, sdrammatizzava”, racconta Morandi. Chiosa Migliacci: “Avere Lilli al pianoforte accanto a me e all’artista mi tranquillizzava, era una garanzia: il suo modo di lavorare aveva un sapore tutto speciale. Io l’ho sempre visto come una specie di padre spirituale, sia dal punto di vista musicale che da quello morale. Mi sono sempre fidato del suo gusto, perché non è mai scaduto, non è mai scivolato nel facile, anzi è sempre stato molto severo. A volte anche troppo”. Il 45 giri esce a giugno 1962 (lato B "Loredana"), gira molto nel circuito dei juke-box, ma per entrare in classifica deve aspettare ottobre, quando passa in tv nella stessa puntata di “Alta pressione” che lancia anche Rita Pavone. Scrive Hitparadeitalia: “Il pubblico restò subito colpito da quel giovane ragazzino che per raggiungere la sua ragazza andava a 100 all’ora, velocità stratosferica agli inizi dei Sessanta…
Nel 1963 "Andavo a cento all’ora" arriva fino al numero 3 in classifica.

Ma a inizio 1962 Greco aveva compiuto un’altra operazione che si sarebbe rivelata seminale per il futuro della musica italiana: in un solo giorno, il 5 gennaio, senza prove, aveva registrato un 33 giri del sestetto del trombettista e cantante jazz Chet Baker, allora di stanza in Italia. E di stanza forzata: eroinomane, stava scontando un condanna a un anno di carcere a Lucca. Al momento del rilascio, la Rca italiana spedì un uomo per acchiapparlo al volo e portarlo a Roma a registrare "Chet is Back".


Ma Baker è già noto in Italia oltre i confini del jazz. Nel 1960 è comparso in "Urlatori alla sbarra", film di Lucio Fulci, inventore del genere dei musicarelli (nel 1959 con "I ragazzi del juke-box"), con cui si lanciano i primi cantanti rock’n’roll. E che ci fa un jazzista in un film rock’n’roll, direte voi? Il rock melodico italiano! Già, perché in Italia, tra la fine dei Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, non era molto chiara la distinzione tra jazz e rock: tutti suonavano tutto. I primi gruppi rock si scatenavano coi repertori di Elvis o Little Richard, ma quando volevano suonare un lento spesso suonavano jazz, e cool jazz in particolare. E questa è la ragione per cui tutti primi rocker italiani (Gaber, Jannacci, Tenco, Paoli) poi sono passati a essere cantautori, e di un genere melodico, ma estraneo alla tradizione italiana. In "Urlatori alla sbarra" Baker, strafatto, interpreta una parte scritta su misura per lui.
Ha raccontato lo sceneggiatore Piero Vivarelli (peraltro anche autore del testo di "24.000" baci di Celentano): “Chet era sempre drogato di Palfulm, un concentrato di morfina. Così ideammo per lui la parte di un americano rimasto in Italia che non dormiva mai e aveva, dunque, sempre sonno. Ogni tanto partiva per Amsterdam, dove allora facilmente si trovava la droga. E pensare che lo accompagnavamo pure all’aereoporto”.
Nel film, Baker dà una sua mirabile versione di "Arrivederci" di Umberto Bindi, uno dei primi “urlatori” (così venivano chiamati i cantanti italiani influenzati dallo stile black) melodici.

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Ed ecco l’idea numero uno di Greco: prendere il Baker “melodico” e farlo interagire con gli arrangiamenti di Ennio Morricone. “Decidemmo di provare anche con delle canzoni”, racconta Greco, anche se Baker “era devastato dall’eroina: non è carino dirlo, ma ogni tanto spariva in bagno assieme agli altri a bucarsi. E comunque tra l’inizio e la fine della session si spense lentamente”. I brani registrati sono "Motivo su un raggio di luna", "Il mio domani", "Chetty’s Lullaby" e "So che ti perderò":

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I 45 giri estratti da queste session non hanno molto successo, ma Greco è un testardo. Nel 1962 arriva alla Rca italiana uno dei cantautori transfughi dalla Ricordi al seguito di Nanni Ricordi: Gino Paoli. Paoli ha già inciso capolavori come "Sassi" senza che nessuno si accorgesse di lui. Ha raggiunto il successo nel 1960 per passaparola con "La gatta" e con "Il cielo in una stanza", quasi imposto a Mina da Mogol, che ammira moltissimo Paoli. Si tratta di consolidare il successo. Ecco l’idea numero due.
Paoli pare a Greco l’alter ego italiano di Baker: e richiama Morricone per ritentare l’esperimento. Composta a Capo d’Orlando (Messina), dove Paoli si trovava in tour, ispirata al tormentato amore per Stefania Sandrelli (e chiacchieratissimo: lui ha 29 anni, è sposato, aspetta un figlio dalla moglie Anna; lei ha sedici anni), "Sapore di sale" segna una svolta nella produzione del cantautore di Monfalcone, che da ora sarà meno intimista.
Racconta Greco: “Morricone, trovandosi a combattere con delle canzoni, sviluppò la sua anima tonale, che poi gli avrebbe consentito di raggiungere vette altissime nel cinema. Paradossalmente Ennio è però molto più legato alla parte dodecafonica della sua musica, quella più ostica e meno conosciuta. La bellissima introduzione di "Sapore di sale" è un esempio perfetto. Sono quattro accordi: Fa, Re minore, Sol minore, Do settima. Quello che si dice il giro. Eppure in mano sua questa semplice sequenza di accordi diventa un piccolo capolavoro di sonorità, di espressività. Ma quando l’ascoltai per la prima volta, fui colpito da un’altra particolarità; partito il motivo, nella lettura dell’arrangiamento sentii tra pianoforte e xilofono uno strano stridio, come delle seconde minori. Per cui dal talk back della sala controllo richiamai la sua attenzione sul punto, ma lui mi confermò che era così. In effetti è una stranezza a cui si fa subito l’orecchio e che anzi crea una sorta di tensione”.
"Sapore di sale", con Gato Barbieri al sax, partecipa al Cantagiro, è il tormentone dell’estate 1963, arrivando al numero uno in agosto, e diventa uno dei classici assoluti della canzone italiana. È il “Lilli touch”.

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(Il materiale e le citazioni sono tratti quasi tutti da "C'era una volta la Rca" di Maurizio Becker, Coniglio editore, 2007)

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L'articolo Lilli Greco, l’uomo che inventò la musica italiana moderna (terza parte) di Renzo Stefanel è apparso su Rockit.it il 2013-01-15 11:41:00

COMMENTI (1)

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  • annadlr 9 anni fa Rispondi

    bellissimo articolo!!!