Massimo Pericolo è il ragazzo di vita dei nostri giorni

Un anno fa usciva il video di "7 miliardi", la più feroce delle hit del rapper di Brebbia. Non un inno nichilista, ma un messaggio di riscatto da parte del più pasoliano dei nostri artisti

Massimo Pericolo live al MI AMI 2019, foto di Silvia Violante Rouge
Massimo Pericolo live al MI AMI 2019, foto di Silvia Violante Rouge

La scorso settimana mi sono imbattuto in una riflessione di Pier Paolo Pasolini che un amico (tedesco) ha pubblicato sui suoi social. Intervista con Enzo Biagi, primi anni '70.

“Il tipo di persone che amo di gran lunga di più sono le persone che possibilmente non abbiano fatto neanche la quarta elementare, cioè le persone assolutamente semplici. Ma non ci metta della retorica in questa mia affermazione: non lo dico per retorica, lo dico perché la cultura piccolo-borghese è qualcosa che porta sempre della corruzione, delle impurezze, mentre un analfabeta, uno che ha fatto solo i primi anni delle elementari, ha sempre una certa grazia che poi va perduta attraverso la cultura. Poi la si ritrova ad un altissimo grado di cultura, ma la cultura media è sempre corruttrice”.

Non so per quale preciso motivo, ma il primo artista a cui ho pensato dopo aver letto queste parole è stato Massimo Pericolo. Non tanto perché pensi che sia ignorante – tutt'altro – e nemmeno “semplice”, aggettivo che non può essere utilizzato per un artista che l'ha fatta così grossa come Alessandro Vanetti da Brebbia (VA), classe 1992. Mi scuserete se l'interpretazione è ardita: mi sono semplicemente convinto che Pasolini – l'uomo che faceva scandalo per una rissa a cui partecipò con dei “ragazzi di vita” romani o che fu portato in corte d'Assise per una rapina – avrebbe sicuramente empatizzato con la vita e le opere di uno dei rapper più sinceri e talentuosi d'Italia. Ne avrebbe apprezzato la purezza. 

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“Potrei scrivere un libro bianco sulla giustizia italiana”, disse polemicamente PPP proprio a proposito di quella rapina “da duemila lire”. “Cosa volevano insegnarmi? Baby dopo il gabbio quello che c'ho in più è solo un paio d'anni”, scrive Massimo Pericolo in Sabbie d'oro. Punti di contatto. La difficile esperienza con la giustizia italiana è uno dei motori dell'immaginario colmo di voglia di rivincita che permea gran parte della sua produzione lirica. Alessandro viene arrestato e poi condannato in un'operazione antidroga di Gallarate – la celeberrima "Scialla Semper" che poi ha dato titolo al suo esordio ufficiale. Trascorre quasi due anni in prigione. La detenzione è il motivo per cui Massimo Pericolo decide di chiamarsi artisticamente così, e di scrivere scrivere scrivere. 

“La scrittura mi ha salvato, soprattutto quando ero in carcere”, racconta a Rivista Studio. Niente male per uno che ha, fra i suoi versi più famosi, la celebre punchline “Fanculo la scuola / Mi fumo la droga” cantata a squarciagola ai suoi concerti, e che ha sempre dichiarato di non aver studiato. “Quando inizio a scrivere sono divorato dall’ansia perché ho delle aspettative altissime … allora spesso non scrivo, un po’ come la gente che non esce perché ha l’ansia di uscire”. Una volta il suo manager Oliver Dawson di Pluggers mi raccontò di quanto lavoro ci sia dietro ogni rima dei suoi pezzi, come se in ogni mattone si racchiudessero metaforicamente tutte le migliaia di chilometri della muraglia cinese.

BUON COMPLEANNO SETTE MILIARDI 

Precisamente un anno fa usciva il videoclip di Sette Miliardi, che inizia con una sorta di dichiarazione di guerra al sistema, un gesto estremo di nichilismo. Massimo Pericolo mostra in primo piano la sua tessera elettorale: si possono leggere nome e cognome, data di nascita, comune di provenienza. Poi prende un accendino e la brucia. Prima del suo debutto al MI AMI, a maggio 2019, Massimo Pericolo mi raccontò di essere andato in Comune a ritirarla solo per darle fuoco. 

 

“Mi sono fatto due anni

Tu ti sei fatto due grammi

Questa merda la prendo sul serio

Questa merda la vendo sul serio”

 

Le prime rime del pezzo proseguono sulla linea del realismo autobiografico. Ecco chi sono, stronzi. Massimo Pericolo è stato in galera per quasi due anni per questioni legato allo spaccio. La “merda” di cui parla cambia significato a seconda del contesto: nel primo caso è rap ed dunque è cosa seria, nel secondo caso è la droga ovvero ciò che lo ha fatto arrestare. La musica e la vita sono una cosa sola. Non c'è nessuna favola o espediente narrativo. Tutto vero. 

 

“Il mio amico si tatua sul petto

Si drogano tutti i miei broski

Le tue amiche mi succhiano il cazzo

Non sono bello, ma rappo”

 

In questo quadro sociale in cui l'orizzonte si ferma poco oltre il tatuatore o il dealer di fiducia, Massimo Pericolo gioca con le parole sul cortocircuito della sua vita. Prendendomi una licenza, mi sono convinto che parafrasi il nome del famoso gruppo di Facebook “Non sono bello ma spaccio”, che a sua volta era una variazione del più classico modo di dire “non sono bello ma piaccio”. 

 

“Mi arresti, ma tanto non parlo

Non conosco la lingua dei porci

L'alcool ci rende più forti

L'amore ci ha reso più stronzi”

 

Chi conosce la sua vicenda giudiziaria sa che una delle aggravanti sia stata quella di non parlare, di non “fare i nomi”. In queste quattro barre c'è tutta la rabbia, la disperazione di una vita che sembra a un certo punto scivolare dalle mani come le chiavi di casa in un pozzo nero. Quel momento in cui tutte le sue aspirazioni, i progetti, il sogno di trasformare l'arte marziale nel suo lavoro (inibito dopo la condanna) o le sue innate convinzioni di meritare di più crollano. E tu rimani fuori casa al freddo dell'inverno varesino.


“Sono il futuro, ma senza un futuro”

Massimo Pericolo live al MI AMI 2019, foto di Silvia Violante Rouge
Massimo Pericolo live al MI AMI 2019, foto di Silvia Violante Rouge

Massimo Pericolo sa di essere il futuro (del rap), ma di non avere un futuro, perché l'arresto gliel'ha portato via. E allora si dispera, vaffanculo tutto: 1) “Sul tuo mutuo del cazzo ci sputo” 2) “fotte un cazzo degli altri” 3) “domani m'impicco”. E soprattutto il turning point totemico di ogni vita occidentale, la sfida sociale fra esclusione e accettazione, disagio e emancipazione: “se non sfondo ho fallito / Porco ***, che fastidio”. Un'escalation, uno sfogo, un vomitare denso, feroce e catartico del male che ha ribollito dentro. 

A spiegare la forza e la verità di questa traccia che è la linea di demarcazione fra la decade dei '10 e quella dei '20 è l'aneddoto che riguarda la sua registrazione. Massimo Pericolo e Barracano (Rafilù) diventano amici di penna dopo un contest rap. Speranza, amico di Barracano, esplode con Chiavt a Mammt e i due hanno l'occasione di “salire a Milano”. Invitano il loro amico di penna Vane a uscire assieme con un po’ di persone, tra cui Phra - Crookers. Finiscono in studio proprio da Phra, “dove tutti erano ubriachi tranne me”, racconta a Tommaso Naccari per Vice.

“Così, come spesso accade in studio quando sei alterato, è venuta fuori l’idea di fare una posse track. Io ero l’ultimo a registrare, sono stato in silenzio tutta la sera perché non conoscevo nessuno, e quando Phra si è alzato per andare in bagno, ho registrato”. Registra proprio Sette Miliardi. Aspettando per timidezza che l'ingombrante produttore andasse a pisciare. Benedetta sia l'urina che ci ha dato questo pezzo d'oro.

Con Speranza e Barracano, poi, condividerà un tour nel 2019. Di loro dice una cosa che mi ha colpito molto per la lucidità: “Siamo uniti dalla solitudine. Tutti e tre veniamo da realtà marginali e le descriviamo nello stesso modo realistico e personale”. Ancora una volta ho pensato a Pasolini. Me lo sono immaginato sudato, braccia alte nel pogo, a urlare con noi “Voglio solo una vita decente”.

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RAGAZZO DI VITA

In ogni parola delle sue tracce non c'è traccia di afflato collettivo, di un'ideologica chiamata di classe alle armi. Quella è cultura, borghese. C'è spazio solo per l'io, che solo e affranto dal tutto cerca riparo e riscatto nella musica. Credo che il successo di Massimo Pericolo nel nostro Paese non sia la vittoria del nichilismo, ma al contrario della capacità di distruggere la sfiga e ribaltare i meccanismi sociali che non ci fanno tutti uguali. I suoi numeri non segnalano il trionfo del turpiloquio, ma la voglia di verità, d'amicizia e d'amore, che sono poi i pilastri della sua scrittura.

E infine credo che la sua capacità di durare nel tempo passerà non tanto da quanto rimarrà fedele alla sua immagine di *bestemmiatore disperato e arrabbiato*, bensì dalla voglia di migliorarsi sempre, di arricchirsi con conoscenze, incontri, letture, ascolti e viaggi. Senza dimenticarsi chi è stato – colui “che racconta la gente sfortunata, quelli che hanno avuto meno possibilità e meno vantaggi”, come disse dalla Bignardi – ma andando sempre orgoglioso di quel che è diventato.

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L'articolo Massimo Pericolo è il ragazzo di vita dei nostri giorni di Carlo Pastore è apparso su Rockit.it il 2020-01-22 10:20:00

Tag: opinione

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