MI AMI 2022: la bellezza di saper cedere un pezzo di sé

Qualche riga (ok, qualcuna di più) del direttore artistico di MI AMI Festival Carlo Pastore per dire grazie. A chi quei giorni c'è stato e a chi ci ha creduto, a chi ha ballato e chi ha visto un po' di futuro. A voi, alla musica

Grazie. Foto di Irene Trancossi
Grazie. Foto di Irene Trancossi

Parrebbe rivoluzionario, ma vorrei partire dalla musica e da chi la suona. Mentre la gazzarra attorno si concentrava sul rumore delle parole più inutili, noi continuavamo a guardare alla luna. Le stelle hanno sussurrato, ma la musica di questo MI AMI (qua lo speciale che gli abbiamo dedicato, ndr) ha parlato forte.


Grazie.


Lo dico – intanto, a cuore aperto, come prima cosa – specialmente agli artisti, in particolar modo quelli con le produzioni più importanti e complesse. Aver compreso quando era il momento di lasciare un pezzettino di sé ci ha permesso di costruire un disegno di insieme più vivido; senza nulla togliere al vostro sound avete creato spazio anche per gli altri. Questo è lo spirito! Grazie, di nuovo.

 

Voi, foto di Starfooker
Voi, foto di Starfooker


IL TEMPO NON ESISTE, IL CORPO SÌ

A questo MI AMI ho visto annullarsi il tempo in quanto concetto, convivere presente e passato con sprazzi di futuro. Divagazioni poco codificate verso sperimentazioni e forme disinibite, esplorazioni elettroniche, canzoni e cantautori che cercano di spostarsi altrove. Tradizioni che manifestano il perché della loro resistenza all’usura del tempo. Molta musica suonata, tantissime musiciste e tantissimi musicisti a incastrare le loro traiettorie. Una ricchezza che parla chiaro in termini di numeri: oltre 90 act, su quattro palchi, per tre giorni.

Alla base delle scelte di questa edizione c’era la voglia, fortissima, di non fare finta che questi due anni pandemici non siano accaduti. Troppo spesso in questi mesi ho visto mistificare questa frattura storica, sciattamente considerata come un periodo di pausa, di stand-by. Non è stato così. Una generazione è stata privata dei concerti, disalfabetizzata all’esperienza festival (una sola venue, più giorni, più palchi che corrono in contemporanea) e al contrario abituata in maniera massiccia a vivere ogni cosa in maniera digitalmente intermediata (Twitch, TikTok, i vecchi social).

Urlare “Fuck the metaverse! We want the universe!” – più che un attacco frontale alle nuove tecnologie, che continuiamo a perlustrare con occhi densi di curiosità – era un invito a riprendersi il corpo, a rimetterlo al centro, a immaginare fortissimamente di volere fare parte di qualcosa di più grande. Il mistero. L’utopia. Il tendere a. Più prosaicamente: essere parte di una comunità che sente, anche irrazionalmente, un qualche senso di missione, e non solo ansia di consumo. Lottando contro la parcellizzazione individuale coatta, cercando l’Altro e non l’ennesima fuga in una (nessuna, centomila) proiezione di noi.

 

Sempre voi, foto di Josè Limbert
Sempre voi, foto di Josè Limbert


NON ESISTE ALTERNATIVA AL FUTURO

Facciamoci un giro nel quartiere. Rispetto al 2020 poco sembra in effetti cambiato, ma l’apparenza della normalità restaurata inganna. Certo, prima si chiamava Facebook e ora Meta, apparentemente non è il loro periodo migliore. C’è una guerra in Ucraina per mano della Russia che ha fatto schizzare i prezzi di carburante, energia e distribuzione globale, ci interessa particolarmente perché ci è particolarmente vicina (e soprattutto riguarda l’assetto geopolitico del futuro prossimo). La siccità è un fatto incontrovertibile, anche se in televisione c’è ancora chi nega il climate change.

Evitando però di andare sugli equilibri del globo – diciamocelo, non siamo competenti abbastanza – zoomiamo con le dita una foto di un’influencer a caso. Noteremo che il fashion retailer Zalando ha comprato il media hypercool Highsnobiety. Che al Primavera Sound il palco Pitchfork è stato sostituito dal Palco Plenitude, il nuovo brand di casa Eni. Che la maggioranza delle più rilevanti agenzie booking italiane oggi è proprietà di grandi gruppi internazionali. Nell’iperlocale, è probabile che vi siate accorti che Giancarlo – storico locale ai Murazzi di Torino – ha cambiato gestione: ne hanno conservato lo storico cesso in una teca. Come si fa con le cose superate dalla storia. Monumenti al marciume che fu.

Buon anno per il Milan, chi se lo aspettava due anni fa. Una società risorta in pandemia. Ha appena cambiato proprietà, la terza in cinque anni. Logica finanziaria ferrea. 8 società di calcio di serie A sono oggi di proprietà di fondi stranieri. Che c’entra il calcio con la musica? C’entra, c’entra. È il gigantesco entertainment game in cui stiamo piano piano rotolando, tipo le pietre ma in maniera diversa dai Rolling Stones. In cui i festival musicali, astronavi di luci e ledwall, si giocheranno il tempo libero dei ragazzi (e non solo) contro il nuovo Fortnite. Fino a inglobarsi reciprocamente, se questo aiuterà a vendere ticket, i cui diritti di prevendita saranno in ogni caso gestiti da società che hanno la stessa proprietà di agenzie di booking e venue.

Di fronte a questo scenario, se fumassi, mi accenderei una sigaretta.
Chissà come ci guardano quaggiù, dall’alto di quella pila di soldi.
Noi, indipendenti.

Voi, indipendenti - foto di Irene Trancossi
Voi, indipendenti - foto di Irene Trancossi

LA TESTA INDIPENDENTE

Ecco su questo, prima di proseguire, vorrei dire una cosa anche a costo di sembrare noioso. Cosa questa parola significhi, politicamente, lo sa soprattutto chi è nato e cresciuto dagli anni Settanta agli anni Novanta, quando essere indipendenti significava dichiarare la propria guerra al sistema mainstream che produceva solo schifezza commerciale. Credo sia molto diverso per la generazione Z, che non ha consapevolezza empirica di quell’approccio binario che divideva il mondo.

Vorrei per l’ennesima volta ribadire che questo non è il nostro campo d’azione. Posso serenamente definire il MI AMI “indipendente” perché lo è, di fatto: è prodotto da Better Days, una società (sette soci, di cui quattro operativi) nata come evoluzione dell’esperienza come associazione nazionale di Rockit (che peraltro quest’anno compie 25 anni). Nessun fondo ci ha attualmente comprati, tantomeno cercati (hey! Siamo qui giù! Siamo quelli dei baci! Ci guardi? Prrr).

Per quanto mi riguarda, lavorando anche (e felicemente) per realtà dalla natura profondamente diversa da questa, posso dire che questa condizione sia parte essenziale del tipo di esperienza che andiamo a creare. Il MI AMI siamo noi: le nostre teste, le nostre mani, i nostri sguardi, le nostre ipocondrie, i nostri slanci di entusiasmo, la nostra sensibilità, il nostro non dover rispondere a nessuno. E anche il nostro diritto a sbagliare, se crediamo nel motivo per cui lo facciamo.

I volontari del MI AMI 2022, foto di Josè Limbert
I volontari del MI AMI 2022, foto di Josè Limbert

FAN FIRST

La purezza dell'umano, quello che forse non andrebbe ancora soppiantato, ma preservato. Quello che serve anche alla città che genera l'intero "Mi-ami", con solo gente normale tra il pubblico, solo quale brillantino "Euphoria" intorno agli occhi. Non c'era nessuna, ma proprio nessuna delle fighette (eh sì) under 40 vestite a puntino luxurywear che compongono le mailing list degli eventi comme-il-faut e che fanno tanta invidia inutile alle altre città. La cosa più bellina l'ho sentita da un tipo emiliano con cui stavo chiacchierando: «Si sta benissimo. Guardali, sono tutti normali, vestiti a cazzo. Sembra di stare a Bologna».

(Carlo Antonelli, Domani)


Mi è piaciuto quanto ha scritto Carlo qui sopra, lo ringrazio. Pensa che una volta qualche giornalista ci derideva per il nostro essere un covo di influencer. Mi ha fatto sorridere la battuta su Bologna, città che mi sembra avere peraltro una bella energia oggigiorno.

Mi ha ricordato quanto disse Davide Toffolo più di dieci anni fa, ad una della prime edizioni: “è proprio vero che al MI AMI la festa è fuori, a noi backstage ci trattate malissimo”, ridacchiando forte. Che grande, Davide: speriamo di essere molto migliorati da quel punto di vista (a te: grazie, ora e sempre!). Noi cerchiamo di fare stare bene tutti. In primis – lo dico senza voler fare il piacione – il pubblico, la gente, chi al festival ci viene. Gli anglosassoni direbbero che è la logica del fan first; per noi è un po’ sempre stato il punto di partenza. “Un weekend per stare bene, e se ci scappa un bacio tanto meglio”.

Quelli dei baci, foto di Silvia Violante Rouge
Quelli dei baci, foto di Silvia Violante Rouge

QUANTO MI COSTI

Quest’anno il prezzo del biglietto si è alzato rispetto alle precedenti edizioni. C’è chi ha mugugnato, comprensibilmente. I soldi son soldi, e il costo del biglietto inizia ad avere un peso specifico di un certo calibro. Inutile che cerchi di spiegarvi i motivi che ci sono dietro questa scelta: il 15% di ciò che avete pagato va alla biglietteria, un altro 10% è la SIAE e un altro 10% ancora è l’IVA (semplificando un po’). Il resto serve a tenere in piedi tutto la baracca, in un mercato in cui i costi sono schizzati verso l’alto in maniera vertiginosa.

Facciamo del nostro meglio per stare in equilibrio sopra questa follia.

Il fatto che abbiate deciso di riconoscerci il costo di questo biglietto non solo ci permette di stare in piedi, di esistere, ma ci premia moralmente, ci onora e ci motiva a cercare di fare sempre la cosa più giusta per la comunità che siamo. Perché la voglia di migliorarsi, di sperimentare, di provare a spostare un po’ più in là il limite del cielo c’è sempre.

Grazie – per la seconda volta, a cuore aperto - a tutti voi.
Anche e di più a chi – e siete già in centinaia! – ha già acquistato gli abbonamenti early bird “a occhi chiusi” per il 2023.

A occhi chiusi, foto di Irene Trancossi
A occhi chiusi, foto di Irene Trancossi

GENRE GAP

C’eravamo lasciati ad inizio 2020 con l’itpop da un lato e tutto il mondo urban dall’altro, e a febbraio 2022 ci siamo ritrovati all’interno di un panorama potenzialmente luculliano ma in fondo asfittico, sempre più compresso in un’unica onda che parte da Sanremo e arriva a SanNolo, passando per i concertoni e i concertini. Tutto molto uguale, come direbbe Byung Chul-Han.

Eppure è bastato (ri)mettersi nella posizione di chi ha ancora voglia di cercare e ascoltare e scoprire – l’ascolto è il primo passo dell’accoglienza – per ritrovarsi nell’anno in cui siamo riusciti a intercettare un numero commovente di nuovi progetti, con una diversità nel suono impressionante, un prisma parecchio ricco di suggestioni e spunti. Ne cito tre, uno al giorno. Dalle divagazioni dei Thru Collected (o la malinconia vitale dell’esordio di Merli Armisa), passando per il fuoco di Lina Simons (all’esordio live) alla stralunata luce di Sleap-e.

Le migliori espressioni – per quanto ancora talvolta non a pieno fuoco – meritavano di trovare spazio in un contesto generativo come il festival, laddove per generativo intendo capace di creare un contesto, di generare uno spazio di senso attorno alla musica, un frame di prospettiva che aiuta l’artista ad essere collocato nel qui ed ora, e cioè in una comunità.

Il rischio, per noi, era rompersi l’osso del collo.
“Come li vendi i biglietti?”, disse la mamma su WhatsApp.
“Comodo ma come dire poca soddisfazione”, rispose il poeta.

Le divagazioni dei Thru Collected, foto di Silvia Violante Rouge
Le divagazioni dei Thru Collected, foto di Silvia Violante Rouge

SULLA LINE UP MI AMI 2022

A livello di programmazione musicale, per mio parere personale, rispetto a passate edizioni si è un po' sentita la mancanza di qualche "headliner", ma l'affluenza mi è sembrata comunque abbondante e voi che avete i dati sicuramente saprete ;). D'altra parte, ho apprezzato lo spazio (come sempre) dato anche ad artisti meno conosciuti. Per il futuro spero che la scelta di includere nella programmazione qualche artista straniero rimanga (...portatemi i turnstile per favore, se non sono già esplosi col cachet...).

(commento di un volontario anonimo a MI AMI 2022)

Se date un’occhiata alle line up degli eventi che – per scelta o per forza – stanno dando molto spazio agli artisti del nostro Paese troverete spesso cartelloni copia-incolla. Con sempre gli stessi artisti, praticamente – gli unici ad essere emersi per davvero in questi anni – a mangiarsi tutto il resto. Noi abbiamo provato a non seguire il manuale del giovane-vecchio promoter, anche a costo di farci del male.

Qualcuno, come il/la volontari* qui sopra, guardando questo cartellone ha detto: non ci sono headliner. Inutile chiedere: che intendi per headliner? Ben ricordo le impressioni generate dal primo annuncio, come se fosse dovuto avere X o Y. Chissà, magari è headliner anche se non ti sembra perché lo diverrà da lì a qualche tempo. O magari ha una sua storia specifica che lo vede lontano dalle classifiche ma solido nelle vendite di biglietti.

Ben inteso: gli headliner – in ogni loro forma – sono fondamentali per ogni festival. I grandi artisti, i grandi talenti, fanno la differenza. Bisogna spesso essere bravi abbastanza per permettersi di ospitarli, pagarli, farli stare bene. Meritarseli, in fondo. Questo – sempre alla nostra maniera – penso che lo abbiamo in fondo dimostrato. Qui il punto è diverso, va allargato il campo dello sguardo.

Bisogna essere onesti nell’affermare che molti artisti di questa categoria hanno deciso quest’anno di percorrere la strategia dell’headline show, cioè di prodursi la loro data. Milano ha un peso ovviamente molto diverso rispetto ad altre città, per economie e status. Ricordiamoci che fino ad aprile i concerti in piedi in locali a full capacity sono stati un assoluto punto di domanda: quando ripartiremo? Come?

È una scelta legittima.

LRD sul palco del MI AMI Festival 2022, foto di Silvia Violante Rouge
LRD sul palco del MI AMI Festival 2022, foto di Silvia Violante Rouge


QUANDO C’È CONFUSIONE NON BISOGNA PRECLUDERSI NIENTE

MI AMI rappresenta un punto di osservazione privilegiato su ciò che è e su ciò che accadrà, specie ora, che si può fare, dopo due anni di fermo, e di baci dati solo in casa o solo con la mascherina.

(Carlo Antonelli, Domani)


Questa condizione che ci ha spinti a mischiare le carte, a cercare di fare qualcosa di nuovo, a mandare anche un messaggio che non ha bisogno di essere parafrasato. È lì, per chi sa e lo vuole leggere. Ognuno fa le sue scelte, ma di rincorrere la gente non ne abbiamo grande voglia.

Proviamo piuttosto ogni anno a giocare la faticosa ma esaltante sfida di rimanere squintati rispetto a tutto ciò che è conforme, binario, polarizzato. Ma soprattutto cerchiamo di capire chi si ritrova più o meno alle stesse nostre coordinate, che può tenderci la mano per fare questo pezzo di strada assieme. Senza forzare nulla, con grande naturalezza.

L’unica nostra stella è il desiderio, che ci guida verso un altrove che non sappiamo ancora bene neanche noi cosa sia. Una tensione più che un luogo, un’utopia più che un progetto.

Outsider del mainstream, pop per le avanguardie, canzoni da ballare e balletti per canzoni. Dentro il mercato ma fuori dalle sue logiche più convenzionali. Finchè foglio excel non ci separi. Tutto af-finché abbia senso a livello di attitudine, di energia, di carica vitale, di talento, di espressione. Umani, si. Irrazionali, si. Magici, si. Animali, si.

Animali felici, foto di Josè Limbert
Animali felici, foto di Josè Limbert

VENERDI 27 MAGGIO

Del primo giorno ho in testa gli echi angelici di Venerus, la sua voglia di reinventarsi e stravolgere ciò che lo ha reso noto, senza dovere spiegare niente a nessuno, votandosi ad un sogno; le forme pop eleganti di Giorgio Poi, il più bravo anche dieci anni dopo il suo primo MI AMI, con il suo musicista Pietro Paroletti che corre verso il Palco Rilegno per portare in scena il disco “Casematte” a nome Golden Years accompagnato da tanti ospiti come Laila Al Habash e Maggio. Rimescola il sangue la chiusura con i Thru Collected, la cosa musicale più disinibita che c’è oggi in Italia, fra vampate drum’n’bass e raggamuffin; ma anche le connessioni a 180 bpm fra Gabber Eleganza, ormai un artista e performer in piena maturazione internazionale, Deriansky, che porta quell’approccio raveish nel rap (e sul palco suda con il TeamCro), oppure i Garage Gang che applicano il lol alla piramide umana (presentando il disco nuovo).

È tutto un salto fra giorno e notte. Quel Mobrici che prima ci scalda con i Canova e poi ci scioglie con Fulminacci sul palco (a chiudere il cerchio della cover di “Stavo pensando a te” realizzata per i Notturni di Rockit). Galeffi a sorpresa, che canta qualcosa di nuovo. Escursioni da X, GianMaria.

Tutto il mondo legato alle imprescindibili e determinanti realtà di Tempesta e Dischi Sotterranei: Generic Animal che si ripiglia ciò che è suo, i Post Nebbia che salpano verso l’orizzonte, il release party di “Non Background Music” dei 72-Hour Post Fight (che band!), l’esordio live di Merli Armisa (che disco!), la credibilità di Nicolaj Serjotti e finalmente Pietro a carta scoperte, senza nascondersi, con i suoi migliori Giallorenzo di sempre (e il cuore in gola).

42 Records porta qui l’esordio live del nuovo disco del fuoriclasse Tutti Fenomeni, e le piccole perle nascoste di Marco Fracasia. Incursioni da punk poetici, Brucherò nei pascoli dal Premio Dubito al Palco Pegaso, e perlustrazioni cosmiche notturne con Go Dugong. Quattro artiste in apertura di festival: le calde pennellate di Clauscalmo, la voce profonda di Galea, l’autenticità di Marta Tenaglia e la frizzantezza di Assurditè. Molto rap femminile: Alda, italo-albanese nel segno di Kaos, Vale LP, un vero fuoco con i fumogeni illegali, e la cameretta aperta sul mondo di Lil Jolie. E anche hyperpop: il pitch generazionale dei 20025XS e la filastrocca matta di Hello Mimmi.


Menzioni speciali, tre. Le prime due per i nostri ragazzi Ibisco e Memento, che stiamo accompagnando anche grazie all’aiuto del progetto Tough As You con Dr. Martens e che è emozionante veder crescere, passo dopo passo. La più importante, infine, va al nostro eroe Pop X, che ancora una volta ha deciso di trasformare il MI AMI in un missile che vola nello spazio. Precursore, per la quinta volta con noi. Amici?

Pop X come un missile che vola nello spazio, foto di Irene Trancossi
Pop X come un missile che vola nello spazio, foto di Irene Trancossi

SABATO 28 MAGGIO

Partiamo dal defining moment di giornata. La pioggia che scende, gli ombrelli che si aprono, i kway che si chiudono. E sull’attacco della band cosmica, composta fra gli altri da Colombre e Bruno Belissimo, Figli delle stelle di Alan Sorrenti illumina il MI AMI. In connessione con il cosmo, ma anche con l’eredità del Re Nudo al Parco Lambro. “E quindi uscimmo a riveder le stelle”. Attimi in (di) cui sentirsi orgogliosi. Arrivano a chiudere un pomeriggio di caldo afoso spazzato da un vento niente male, che abbassa la temperatura di 10-15 gradi. De Leo apre il palco Dr. Martens presentando il nuovo disco “Swarowski” con molte ospiti, compresa una esagerata Rachele Bastreghi. Precedono uno show da grande band pop della Rappresentante di Lista, il primo del tour dopo il grande successo di Sanremo, e il ritorno – a marcare una continuità, a stringersi la mano – di “Turisti della democrazia” dello Stato Sociale. Meg, artista superiore, torna invece per aprire un nuovo ciclo: la pazienza premierà. Cerchi che si chiudono, come Ceri che chiuderà quel palco sotto la pioggia battente che non scoraggerà le danze. Solo insieme.

Sulla Collinetta Galaxy Buds2 c’è la filigrana dell’urban degli anni a venire. L’esordio live del non ancora diciottenne Centomilacarie è da brividi, formidabile la prima volta in band di Tredici Pietro. Novelo si fa raggiungere da Drast degli Psicologi e Giuse The Lizia da Laila al Habash. I BNKR44 sono a casa: organizzammo il loro primo concerto in assoluto, nel 2020, poi il primo live del 2021, poi il release party dell’album e infine la partenza del loro tour più grosso di sempre. In bocca al lupo, ragazzacci. Per chi non se lo aspettava, sintonizzati sulle frequenze chitarristiche del cuore emo-punk di una generazione che ha sucato particolarmente durante la pandemia. Theo x Phiks x Plant – La Sad – al MI AMI! Giù il pogo. E poi Panetti che tira giù dalla barella Naska, concerto con gamba ingessata, come Dave Grohl (paragone ardito, astenersi puristi). Quanta voglia di musica, porcoddue. Gemello, leggenda del rap italiano con Truceklan e In The Panchine, si presenta con una decappottabile dorata e la maglia di Aphex Twin. Mai usare la parola leggenda a caso, perché poi le leggende non hanno bisogno di parole. Ketama126 si porta la Lovegang per chiudere il palco, e Ugo Borghetti non manca di ricordare al prefetto che.

Sul Palco Rilegno, prima durante e dopo, c’è un interessante incrocio fra il nuovo pop di Kaze e Camilla Magli, Napoleone e Cecilia, e chi ci prova a sporcarsi di chitarre, come ha fatto Claudym – più grunge – o Bartolini, live estremamente convincente. Le sinuose tessiture vocali di Han, il bel sound degli Aftersalsa con il pubblico sbandierante, la giocosa macchina espressiva di una Elasi sempre più consapevole dei propri mezzi. Infine tre dei live più riusciti del festival: l’esordio con band di Whitemary, i Fuera (smettetela di sottovalutarli) e il fottutissimo genio di Nello Taver.

Il Pegaso è d’oro con le esibizioni morbide di Ceneri e Ganzo, e gli esordi live di Ele A, fulmicotonica rapper svizzera, e l’italo-anglo-neapolitan-nigerian-whatever-sounds-good-bro Lina Simons. Rivelazioni. Gli Yin Yin, olandesi che suonano l’indomani, si fermano a guardare ammaliati lo strapotere ritmico dei Planet Opal e ci fanno chiacchiere collaborative, speriamo galeotte. Gli European Vampire confermano che c’è voglia di bello, ma anche di ballo. Saluto le Eterobasiche nel backstage del Rilegno.

Naska e Panetti, foto di Silvia Violante Rouge
Naska e Panetti, foto di Silvia Violante Rouge

DOMENICA 29 MAGGIO

Temperatura massima, 22 gradi. Minima, 15. C’è un bel profumo di Europa. La prima volta degli stranieri al MI AMI, con l’occasione e la scusa di un invito a cena da parte dei Nu Genea, che questa sera in live band presentano Bar Mediterraneo. Parto da qui, perché c’è tutto. Mentre loro ci portano in festa alla chiusura del festival, con un concerto gigante, la festa è davvero sul palco (come ha scritto L’impératrice su Instagram). Le due band invitate dai golden chiachiellos napoletani sono sul palco a celebrare con loro, e a ballare finché coprifuoco non ci separi. Che set! L’impératrice, impeccabili macchine produci groove con una delle migliori frontman al mondo. Gli Yin Yin, amabili esploratori della psiche con sana passione per la musica suonata. Dumbo Gets Mad torna al MI AMI dopo dieci anni, nel frattempo è pure diventato uno skit sull’ultimo disco di Marracash, e con una band splendida. Altra classe. Altra scuola, invece, quella di Iosonouncane, che mette in scena in Collinetta un viaggio epico, metafisico e extracorporeo. Chapeau.

Bais presenta qui il suo nuovo disco e un amico, competente, mi dice “questo farà i soldi”. Lo spero per lui. Frah Quintale raggiunge Dutch Nazari, Marco Castello ci porta in barca sull’Idroscalo. Gli Studio Murena si riprendono la loro città con una sorta di hyperjazz muscolare, coltissimo e zarrissimo all’occorrenza, infine i Vanishing Twin afferrano la notte mentre sembra scivolare via.

C’è sempre qualcosa da scoprire. Succede con le bellissime architetture prog di Gaube, il folk travisato di Cru, la voce ammaliante di Gaia dei Baobab! e di Caterina dei Nicaragua (miglior nuove voci del festival). Sleap_e e Her Skin ci ricordano che se ti piace cantare in inglese, non devi farti problemi a farlo. Gli Smile danno senso al post punk perché nel post punk trovarono il loro senso, i graffi dei Jackson Pollock, gli onirismi saturi dei Lazzaretto, la fotta dei Leatherette. Blak Saagan in versione expanded è una macchina del tempo con potere ipnotico, Marta Del Grandi ha ancora molto da dire. Lepre appoggia le sue canzoni con educazione, Missey svisa cercando la sua stella. Ciao! Discoteca Italiana, a sorpresa, chiude con un set di alta classe.

La mia banda suona il rock
E tutto il resto all'occorrenza
Sappiamo bene che da noi
Fare tutto è un'esigenza

Sottopalco durante il concerto de L'Impératrice, foto di Silvia Violante Rouge
Sottopalco durante il concerto de L'Impératrice, foto di Silvia Violante Rouge

I PARTNER

Quest’anno più che mai MI AMI ha potuto contare su partner eccezionali. Rieccomi, a cuore aperto, a dire grazie.

A Dr. Martens, che ha da qualche tempo ormai sposato la nostra causa e ci permette di costruire opportunità per i musicisti emergenti e le sottoculture, e ci sprona e aiuta a migliorarci con un costante rapporto creativo. Ci vediamo a ottobre con Tough As You Fest!

A Samsung, che ha creduto nell’architettura artistica del palco e in un progetto indipendente, dandoci modo di giocare con l’audio e con le immagini, sposando i nostri valori e permettendoci di dare una nuova – alta – definizione alla Collinetta Galaxy Buds2.

A Heura, perché ci piace sempre assaggiare il futuro e con voi abbiamo potuto farlo in maniera assolutamente gustosa e sostenibile. Umano irrazionale, carne vegetale!

A Rilegno, per il supporto costante in questi anni e per aver creduto nel nuovo palco, incastrato fra gli alberi, a occhi chiusi.

A Rai Radio2, nostri media partner, con cui quest’anno – parlo a livello anche personale – è stato bello reincrociare le strade.

A Galattico, per aver acceso i nostri ledwall con grande professionalità, stile e – soprattutto – amore per il festival.

Al Comune di Segrate e alla sua gentilissima polizia locale, ai vigili del fuoco e agli operatori sanitari, a Città Metropolitana e Idroscalo: i nostri referenti istituzionali, per la loro abnegazione e disponibilità.

A Dice, nostro ticketing service.

Infine, ultimi ma solo perché sono solitamente i primi, a Circolo Magnolia. Al suo direttivo e al suo team, a tutti i tecnici (in primis Dario e Plaza), ai baristi. All’averci ospitati e accompagnati in questo grande risveglio a tre anni dall’ultima edizione. Voglio qui comprendere anche i fornitori e le figure senza cui non avremmo potuto mettere a terra il festival: dal supereroe Colombo a Max Ferrari, da Città Invisibile a Marco da Zocchi, da Martino Cerati a tutti i food truck (a parte uno), dal Tromba a Ciccio Pasticcio, con cui abbiamo costruito questa sedicesima edizione.

Avrò sicuramente dimenticato qualcun*.

LE COLLABO

Quest’anno abbiamo voluto aprire dei canali collaborativi che non avevamo mai esplorato in precedenza, cercando di intrecciare il festival con realtà non propriamente musicali. Capsule collection – nel caso di Sucks!, il brand ironicamente critico di Dude - o poster in edizione limitata – quello dedicato ad Alan Sorrenti di Ciao! Discoteca Italiana – sono esempi di queste connessioni che ci hanno portato nel territorio dell’advertising creativo e della poster art.

Collaborare è bello, se ci si trova sulla stessa lunghezza d’onda.

In maniera altrettanto piacevole e naturale abbiamo lanciato in edizione limitata una speciale tee con Lovegang, il brand romano legato alla crew 126. L’illustrazione ufficiale di Costanza Starrabba – che ringrazio per aver dato una iconica e straniante fisionomia alle stelle di questo MI AMI – è finita anche lassù, oltre che sulle t-shirt ufficiali del merch. Edizioni limitate, figate infinite.

Ancora voi, foto di Josè Limbert
Ancora voi, foto di Josè Limbert

UMANO IRRAZIONALE, MAGICO ANIMALE

Non c’è altro festival – per di più indipendente – in Italia che sia al suo livello. Per l’assortimento della musica, e per il clima della festa.

(Patrizio Ruviglioni, Internazionale)


Guardo al futuro con grande voglia ma - concedetemelo - anche un po’ di preoccupazione. Questo primo periodo post pandemico è stato contraddistinto da una ferocia che non mi ha stupito (me l’aspettavo, alla faccia di quelli che “ne usciremo migliori”) ma ha saputo anche spaventarmi. Tutto, troppo, tanto. Ovunque, dovunque. Un rimbalzo di proporzioni giganti, talvolta con evidenti carenze strutturali di risposta.

Chiunque lavori nell’ambiente potrà confermarvi come vi sia una ipersaturazione di eventi che costringe allo stress una supply chain già affaticata dal contesto geo-politico. Che manchino figure professionali adeguate lo sa anche la nonna Tina, ne parla addirittura il tiggì. I prezzi schizzano, ma non se ne accorge a pieno il consumatore finché a pagare è il marketing.  Superfluo ricordare l’adagio: quando non paghi, il prodotto sei tu.

Stringendo il campo a Milano, è davvero impressionante guardare ai numeri degli eventi milanesi (per esempio della Design Week). Gran parte gratuiti. Ma a livello musicale, quanti biglietti si sono venduti quest’anno? Distribuiti come? È ancora presto per dare numeri, è tutto troppo caotico per azzardare analisi.

Come MI AMI, abbiamo semplicemente scelto di rimanere sostenibili anzitutto a noi stessi. Di tutelare l’esperienza senza fare un passo indietro. Di lavorare per migliorare quanto di buono avevamo lasciato, tre anni fa. Non è stato facile, tanti ingranaggi si sono rivelati incriccati ed è stato anche umanamente faticoso raddrizzare alcuni logorii.

A guardare quel che accade attorno, ai tanti disagi last minute successi un po’ dappertutto (anche comprensibilmente, data la situazione da cui usciamo), be’ concedete che l’ultimo grazie – a cuore apertissimo – vada dritto e pieno a tutto il team di MI AMI. Eravamo il primo festival della stagione, non era scontato che tutto filasse senza intoppi clamorosi.

Se tutto è andato liscio, è anche grazie a tutti noi.
Che abbiamo ceduto un pezzetto di noi per fare questa figata.

La famiglia Better Days.
Produzione, logistica, runner, facchini.
Marketing e commerciale.
Grafica, social media, ufficio stampa, web.
La redazione Rockit.
I meravigliosi volontari.
Persino la direzione, tiè.

Grazie regà. È stato proprio bello.
Vi voglio bene.

Foto di Josè Limbert
Foto di Josè Limbert

POSTFAZIONE

Avevo scritto questi paragrafi come apertura di questo scritto, salvo poi chiedermi a chi sarebbe potuta interessare una cosa così estremamente centrata sul sottoscritto. Se siete arrivati fino in fondo, forse è perché l’argomento festival e il MI AMI vi interessano particolarmente. Allora lasciate che vi aggiunga un’ultimissima cosa, del tutto personale.

Negli anni ho imparato che alla fine di uno sforzo fisico ed emotivo così intenso come fare-il-MI-AMI ci sono due forze contrastanti che agiscono nel corpo. Una, centripeta, porta all’abbandono, al rilassamento dei nervi e al rilascio delle endorfine; il successo del festival (o il suo insuccesso) può condurre all’autocompiacimento (o all’autodistruzione), che a dispetto delle rispettive estremità sono entrambi indicatori poco positivi su lungo termine. L’altra forza è al contrario centrifuga, porta invece ad una corsa alla prossima edizione che può rivelarsi isterica, ad un’adrenalinica voglia di fare tutto subito.

Ecco, credo che un buon modo per affrontare questa situazione sia quello di prendersi un attimo.

Durante mesi particolarmente intensi si creano rapporti umani molto forti: riuscire a prendere il flow ti dimostra che – se vuoi – puoi fare cose che non avresti immaginat. Non è facile mai, prendere il flow, ma è sempre una sfida appassionante per sé e per il gruppo. Ci scopriamo in grado di mettere da parte cose di noi che risultano poco funzionali all’obiettivo, al team, e che però inesorabilmente ritornano quando la macchina si spegne. Sono materiale nostro, che ci riguarda, e dobbiamo farci i conti.


Respira.


Una vacanza, più o meno lunga, aiuta a ridare giusta prospettiva alle cose. Non dobbiamo perdere quell’energia vitale ma nemmeno imporci di ricrearla in maniera chimica. Non servono droghe, dunque, ma doghe su cui stendersi per lasciare sbollire un po’. È quel che ho provato a fare con questo breve editoriale: rimettere in fila un po’ di cose, prima di salutarsi con un bacio, per dirsi poi ci vediamo prestissimo! Che di cose da fare ce ne sono tante, e noi – come afferma il socio Bottura – “vogliamo il sogno, vogliamo il futuro” .

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L'articolo MI AMI 2022: la bellezza di saper cedere un pezzo di sé di Carlo Pastore è apparso su Rockit.it il 2022-06-17 12:00:00

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