Moloch vs. Dr. Brain: confessioni di un artista sdoppiato e felice

Arturo Lauria è un bravissimo illustratore, come dimostrano le sue tavole per Dylan Dog. Ma a un tratto quel suo "posto sacro" fatto di chine lo risucchia, lui riesce a risollevarsi grazie alla passione per il rap (e Caparezza). Il cofondatore degli Hell on Mask, rivelazione del 2020, si racconta

Illustrazione originale di Arturo Lauria per Rockit
Illustrazione originale di Arturo Lauria per Rockit

Ho 32 anni. Disegno da quando ho scoperto le penne all’età di 2 anni, rappo da quando ho scoperto il rap con i Run Dmc ed Eminem e ne avevo 14. It’s tricky mi faceva venire il gasamento all’altezza dello stomaco: la riascoltavo di continuo, ossessivamente. The Eminem Show mi faceva salire la rabbia: non sapevo cosa dicesse quel signore biondo, ma si vedeva che era incazzato forte e questa cosa mi piaceva. Poi ascoltai Cammina Solo di Caparezza e la mia vita cambiò radicalmente. 

Ma partiamo dal disegno, da sempre il mio rifugio sicuro. Mi ha dato sin da piccolo la possibilità di esprimermi senza sentirmi gli occhi addosso, garantendomi una libertà protetta, custodita, intima. Un luogo in cui sentirmi libero al 100%, perché in quel posto non c’erano né regole né spettatori. Un territorio Sacro. Un Portale verso un altro universo, il mio. Poi sono cresciuto, ho studiato, il disegno è diventato il mio lavoro e quel posto sacro, incontaminato, è cambiato. Nonostante abbia avuto la fortuna di lavorare per case editrici che mi hanno lasciato totale libertà di azione, ho dovuto fare i conti con una parola a me sconosciuta, che ha preso le sembianze di una nuova ed unica regola da rispettare: il controllo.

Quando ero piccolo avevo il vizio di fare esercizi mentali. Dopo aver visto Paperino e il mondo della Matemagica, maturai l’abitudine di provare ad immaginare figure geometriche. Ma quando provavo - ad esempio - ad immaginare cerchi, puntualmente la mia mente visualizzava dei triangoli. Appena smettevo di forzarmi a visualizzare i cerchi, i triangoli scomparivano ed apparivano dei cerchi perfetti. Come se la mia mente volesse farmi un dispetto. Come se volesse farmi capire di essere capace di fare qualsiasi cosa, ma a patto di poter agire liberamente. Senza essere controllata. Mai avrei pensato che proprio questa bizzarra caratteristica del mio subconscio mi avrebbe condotto in un vortice infernale dal quale soltanto il Rap, molti anni dopo, mi avrebbe tirato fuori afferrandomi per la collottola.

Illustrazione di Arturo Lauria
Illustrazione di Arturo Lauria

Per la prima volta avevo bisogno di disciplinare il mio stile di disegno, di controllarlo. Mi serviva un metodo che mi consentisse di lavorare su una sceneggiatura senza sbandare di continuo verso nuovi approcci e sperimentazioni. La ricerca di questo metodo che avrebbe dovuto aiutarmi a rendere solida, omogenea e professionale la mia produzione, è stato il motivo per cui ho lavorato per 3 anni notte e giorno, senza pace, distruggendo tutto.

Ho rovinato la convivenza con una donna che amavo. Ho perso il piacere di svegliarmi per fare ciò che più mi riusciva al mondo. Ho perturbato tutto ciò che ho prodotto in quel periodo - inclusi i recenti Dylan Dog 416 e (buona parte del) Color Fest, sempre di Dylan Dog – ottenendo dei risutati ibridi. Potenti, ma frenati. Depotenziati da me stesso. Soffocati dal mio grossolano – ma doveroso – tentativo di controllare il mio segno. Di tenere a bada il mostro. Di visualizzare cerchi, non triangoli. Certo, per fortuna c’è sempre il rovescio della medaglia: in quei lavori si vede il dolore che provavo mentre li disegnavo.

Dylan Dog disegnato da Arturo Lauria
Dylan Dog disegnato da Arturo Lauria

Abbandono Firenze. Mi lascio con la mia ex e mi ritrovo - dopo 13 anni passati lontano da casa - nella mia cameretta d’infanzia. Tra i Crash Bandicoot masterizzati della PS1, i muri tappezzati da poster di Homer Simpson, foto di vecchi amici in fase post-puberale, i cd di Eminem, Run Dmc e Caparezza. Volevo morire, e forse c’ho pure provato a farlo. Purtroppo – o per fortuna - reggo l’alcool più del dovuto: essendo un montanaro postumano non mi faccio sconfiggere facilmente dai postumi. Superata una prima fase di auto-annientamento, dopo essermi fatto schifo per aver mancato di rispetto alle mie buone fortune, mi rimetto giù a disegnare. Realizzo varie commission, strutturo un progetto (bloccato poi dalla DC a causa del covid) insieme al Re Lee Bermejo, completo il Color Fest. Comincio a realizzare che questa nuova ed inattesa situazione abbia, come tutto, un rovescio della medaglia: per la prima volta avrei modo e tempo di lavorare alle mie personali storie a fumetti, da autore completo.

Questo nuovo bisogno prende piede e, non appena sto per liberarmi dagli impegni lavorativi per tuffarmi in questa mia idea “per poi trovarmi in apnea in una marea di diarrea”, cambia tutto: Pandemia Globale. Lockdown. Blindato in casa, mi rendo conto con chiarezza che sia proprio il disegno in sé la mia trappola. Certo, anche l’alcool, ma come dice Papà Castoro: questa è un’altra storia. Riascoltando Prisoner 709 comprendo con maggior chiarezza quanto mi stia accadendo. Sono vittima di ciò che ho sempre amato e venerato come un dono divino. Disegnare le mie storie non mi avrebbe salvato: devo evadere dal disegno.

 

Compro un microfono, un paio di cuffie da studio e, mentre comincio a smanettare con Garageband per produrmi qualche beat, il mio vecchio amico Sigiu Bellettini – casualmente - me ne invia uno appena sfornato. Mi invita a scriverci su: boom-bap refreshed, con una melodia scanzonata. Mi metto a scrivere, ma niente: sto provando ad inserire contenuti sofisticati su un beat allegro e cazzone. Ma c’è poco da fare, voglio scrivere testi profondi e complessi: chiedo a Sigiu un altro beat. Me lo manda, stavolta è cupo e disperato: sono pronto a svelare la realtà nei miei testi… Niente da fare, non riesco a scrivere: “qualcosa sta bloccando l’ingranaggio”.

Mi fermo e decido di fumare una sigaretta di maggiorana. Non fumavo da anni, da quando compresi che sulla mia psiche i pro del fumare fossero meno dei contro. Accendo lo spinello di droga rivelatrice: scopro di essere 2 persone, ben distinte. Una di nome Moloch, l’altra di nome Dr.Brain. Moloch è triste, nichilista, cervellotico e ragiona in bianco e nero. Dr.Brain è cazzone, caotico, irriverente e ragiona a colori. Colori sparaflashati e neon.

Illustrazione di Arturo Lauria
Illustrazione di Arturo Lauria

Cazzo. Disastro. Sono schizofrenico? Boh. Passata la paranoia indotta dai cannabinoidi analizzo con lucidità la situazione, arrivando ad una conclusione: basta paranoie, c’è una cosa più importante da fare >> bisogna uscire da Moloch. Devo scardinarmi dal malessere, da quel bisogno di scovare il male e le bruttezze del mondo al punto da precipitarci dentro e diventarne parte. Ho bisogno di fare musica, di fare rap, ma di farlo a cazzo. Per divertirmi. Senza mandare alcun messaggio, almeno per il momento. Senza controllare la scrittura. Senza fare lo stesso errore che ho fatto col disegno.

Un mese dopo – in pieno lockdown - ci chiamiamo Hell on Mask e stiamo lavorando al quinto brano di un album: Decameroom. Il nostro Decamerone Cyberpunk realizzato da 5 amici blindati nelle rooms, che fanno musica a distanza tipo DAD... Puff DAD (battuta orrenda).

2 mesi dopo siamo in 10. 10 amici di vecchia data, tra cui mio fratello Flavio: musicisti, rapper, scrittori e artisti visuali. L’album è diventato un concept album trans-mediale di 10 tracce, ciascuna ambientata in un tempo e in un luogo diverso, ciascuna legata ad un proprio racconto di circa 10 pagine. Ciascuna legata ad una propria illustrazione. Carichiamo i brani su pennette metalliche personalizzate al posto del classico cd e droppiamo il progetto su Kickstarter: Decameroom prende il volo e per 3 settimane resta in cima alla classifica mondiale dei progetti musicali della piattaforma. Primo su 61.000 progetti. Assurdo. Non che ce ne fosse mai importato a noi di arrivare primi in qualcosa, ma forse è per questo che ci siamo riusciti. Solo flusso. Zero controllo. Né triangoli, né cerchi.

Hell on Mask, copertina
Hell on Mask, copertina

Il Kick finisce e con i rubli ottenuti realizziamo il nostro cofanetto, mentre l’etichetta torinese INRI si interessa a noi e ci mette sotto contratto. Scrivere i testi per il progetto Hell on Mask mi ha svincolato da Moloch, dando luce a Dr.Brain. Tolti 2 brani più malinconici ed introspettivi (Copernico e Contact) che vedranno la luce a breve quando rilasceremo l’album completo, Decameroom è un trionfo di coglionaggine. Un atto liberatorio. E, per assurdo, un album complesso e stratificato che si è composto da solo perché, collettivamente, abbiamo ragionato come un’unica mente incontrollata. Una sola testa collettiva lasciata a briglia sciolta. Nessuno ha giudicato il fare degli altri. Nessuno ha pensato a cosa sarebbe stato astuto fare per ottenere più visibilità. Solo arte. Solo flusso. Solo musica. Solo cuore, amici e birre del discount. Nessun controllo. Né triangoli, né cerchi.

Questa nuova modalità da Dr. Brain si è riversata nella mia vita, dandomi la facoltà di non sentirmi in colpa per ogni stronzata. Sono uscito di casa, a fine giugno, con l’intento di mettermi alle spalle il passato, di divertirmi e di conoscere altre ragazze (rispettando le distanze di sicurezza imposte dal covid e dal Matriarcato). Ho conosciuto Barbara toccandole il culo allungando la mano da un metro di distanza. Stiamo insieme da quel giorno e il nostro rapporto funziona meravigliosamente perché privo di regole e di controllo.

Agiamo con spontaneità e sincerità, senza che nessuno provi a cambiare l’altro. Agiamo come una mente sola, che non si giudica e non prova a controllarsi. Ci doppiamo pure le parole come gli innamorati delle sit-com americane, o come Redman e Methodman. Né triangoli, né cerchi… Perdonatemi: la mia riflessione sul controllo è andata un pelo fuori controllo e sto parlando di tutto ciò che mi passa per la testa, senza controllo. Ok, dov’eravamo rimasti?

Il collettivo Hell on Mask
Il collettivo Hell on Mask

Ah, ecco. Ora l’euforia dovuta alla riscoperta epifanica del mio lato molesto e divertente detto Dr.Brain sta scemando. Sto rientrando in me, ma tramite un passaggio segreto, scoprendo nuovi anfratti e facciate della mia dimora mentale: Dr. Brain ha cominciato ad invadere il disegno, aiutandomi a portare freschezza, visioni e approcci nuovi nel mio immaginario, legandosi con facilità alla mia produzione cyberpunk. Di base, ho ritrovato il piacere di disegnare e di riflesso quello di vivere. Moloch è sconfinato nel rap, dandomi modo di scrivere testi cupi e introspettivi, che spero presto vedranno la luce.

Sono uscito dal pozzo nero e sono stato travolto dall’acqua alta. Ora le acqua si stanno calmando ed io ondeggio assieme a loro, come accade nella Marea di Vasco Rossi. Già, Vasco Rossi: odiavo Vasco Rossi, ma non lo conoscevo. Ora lo amo, perché sono andato a capirlo, senza preconcetti, senza giudicarlo. Ondeggiare significa anche questo: mettere in discussione tutto esplorando ogni traiettoria possibile. Significa crescere in maniera disorganizzata, non lineare, correndo il rischio di perdersi in vicoli ciechi, che non potrai mai sapere se siano o meno ciechi finché non ci entri dentro.

 

“Il segreto è fare come gli alberi: prima cerchi, dopo tronchi”, per citare ancora una volta un altro gigante spesso incompreso, a me molto caro e vicino. Ed ora sono qui, ed assisto curioso alle mie due personalità che hanno imparato a conoscersi, a mescolarsi, influenzandosi a vicenda come due stelle binarie in un moto armonico ed evocativo, che potrà concretizzarsi in una devastante collisione che scuoterà lo spaziotempo per migliaia di anni luce, oppure equilibrarsi in un’elegante e perpetua danza cosmica.

In conclusione: spero che il Rap non diventi mai il mio lavoro, spero resti per sempre il mio nuovo luogo sacro, senza regole, in cui giocare a mio piacimento senza sentire il fiato sul collo di nessuno, soprattutto il mio... Cioè, è un po’ difficile sentire il proprio fiato sul proprio collo ma da quando ho capito che posso sdoppiarmi tutto è possibile. Grazie mille Rockit per avermi dato modo di auto-dissarmi sulle vostre pagine digitali.

 

* L'autore del brano è un apprezzato illustratore e produce rap con il collettivo Hell on Mask.

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L'articolo Moloch vs. Dr. Brain: confessioni di un artista sdoppiato e felice di Arturo Lauria è apparso su Rockit.it il 2021-05-12 09:47:00

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