Olimpiadi, Europei, Mondiali: dove c’è pathos c’è Giorgio Moroder

Riscoperto di recente con la sua “Notti magiche” per accompagnare il trionfo dell’Italia calcistica, Giovanni Giorgio fu anche autore di un pezzo semisconosciuto, colonna sonora ufficiale delle Olimpiadi americane, che racchiude tutta l’epica e tutti gli orrori di quel decennio incredibile

Giorgio Moroder e la cerimonia di apertura di Los Angeles 1984
Giorgio Moroder e la cerimonia di apertura di Los Angeles 1984

Giorgio Moroder avrebbe dovuto scrivere la colonna sonora della mia vita e forse l'ha fatto, del tutto inconsciamente. Dopo aver inventato la disco music con la cassa dritta con I Feel Love di Donna Summer nel 1977 e aver inventato il suono del futuro (ma ero troppo piccolo per goderne), ha scritto le canzoni de La storia infinita, Flashdance, Top Gun, Over The Top e per uno come me fissato con gli Anni Ottanta, è stato un po' come la Messa in latino per chi ci crede. Il suo connubio tra elettronica coi synth sparati, chitarra elettrica e ritornello killer che fa gasare anche i morti è stato un marchio di fabbrica copiato da tutti nel decennio che ha reso Moroder l'italiano più famoso nel mondo.

Non di sole colonne sonore viveva il me preadolescente, anche se andare al cinema in quegli anni era l'esperienza più fotonica che potesse accadere. Anche guardare le Olimpiadi in tv come se fossero un videogame dava delle soddisfazioni inimmaginabili, specie quelle di Los Angeles del 1984, un'americanata cinematografica per antonomasia. Viste con gli occhi del me adulto potrebbero essere quasi insopportabili ma hey, gli adolescenti italiani degli anni '80 erano tutti americani, parteggiavano per i buoni e volevano sconfiggere il comunismo come Rocky 4 contro Ivan Drago.

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In questo contesto si inseriva perfettamente la musica con cui quelle Olimpiadi erano impacchettate, in una colonna sonora ufficiale che è diventata un disco sconosciuto ai più, nel quale si trova tutto il senso dell'epica degli anni '80. C'erano un po' tutti: la fanfara olimpica diretta da John Williams (Star Wars, Indiana Jones, Superman vi dicono niente?), i Toto e i Foreigner per l'AOR (il rock pompatissimo in radio), Bill Conti che è stato solo quello che ha composto la fanfara di Rocky e per questo è diventato immortale, Herbie Hancock per una composizione urbana post Rockit (esatto signor*, Rockit è un pezzo suo), Christopher Cross e Burt Bacharach che insieme hanno scritto un pezzo per i nuotatori, Quincy Jones (il Re Mida di Thriller di Michael Jackson) che ha scritto la musica per la ginnastica e pure uno serio come Philip Glass che ha composto il pezzo finale dell'album, quello dell'accensione della torcia olimpica. Ok, ma Giorgio?

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Poteva forse mancare la melodia immortale di quello che più di tutti ha creato il suono '80s? Figuriamoci: suo è il singolone dell'album, dal titolo Reach Out, che smarmella sentimento e voglia di vincere in una melodia che come il Big Babol si attacca anche al cuore più duro. Un po' sigla di un cartone animato, un po' Gloria di Umberto Tozzi, un po' canzone da chiesa pompata con gli estrogeni, testo motivazionale e via, a vincere quella maledetta, impossibile, vicinissima medaglia. Il video con gli atleti che saltano, si battono, corrono, si sforzano e ce la mettono tutta, sotto baffoni in stile Miami Vice o pettinature vaporosissime, oggi appare tremendamente naif a tratti stucchevole, ma al tempo per un decenne sembrava il viatico per raggiungere i propri sogni.

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Il disco ufficiale era questo, ma per noi che guardavamo le Olimpiadi in tv e che come diceva Lucio Dalla: "L'America è lontana, dall'altra parte della Luna", un'altra canzone è diventata simbolo di quella stagione: Olympic Fever dei Passengers, band di italo disco che in quegli anni ha partecipato a Sanremo un paio di volte e ha giocato l'asso proprio con la sigla del programma di RaiUno che trasmetteva le Olimpiadi. Potreste averla dimenticata, ma la tecnologia della modernità ci fornisce un RVM direttamente dal cassetto più nascosto della memoria. Personalmente ho cercato in lungo e in largo questa canzone durante gli anni, ricordandomi solo che nel ritornello si intonava la parola ebraica "Shalom". Quando l'ho ritrovata, come per ogni cosa che macina nel cervello, era estremamente più brutta di come la ricordavo.  

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Archiviata la parentesi casereccia, torniamo a Moroder che non domo, ha scritto anche le canzoni per le Olimpiadi di Seul '88 (Hand in Hand coi Koreana, un pezzo non esattamente indimenticabile) e la musica di Pechino nel 2008 (Forever Friends, una ballatona che però non gasa come ai tempi d'oro). L'importante per noi è che abbia composto la musica di To Be Number One, per i mondiali di calcio di Italia '90, diventata in seguito Un'estate italiana cantata da Gianna Nannini & Edoardo Bennato.

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Pezzone incredibile che dopo 30 anni è riuscito nell'intento di diventare l'inno dell'Italia campione d'Europa 2020 (campionati giocati nel '21 ma tant'è). Notti magiche, una canzone cantata da tutti tra i caroselli in cui ci siamo dimenticati del covid e siamo tornati per un paio d'ore a essere una nazione unita, giusto prima di dividerci di nuovo su ogni tema, dal vaccino all'ora legale. Ecco, a guardare le piazze gremite di no vax che protestano per la dittatura sanitaria insieme all'estrema destra e si tolgono le mascherine per veicolare meglio la variante delta e non uscirne più, vi sentite sempre di giudicarmi se ho voglia di aprire lo scrigno dei ricordi e pensare a quella stagione super pompata con la colonna sonora di Moroder?

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L'articolo Olimpiadi, Europei, Mondiali: dove c’è pathos c’è Giorgio Moroder di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2021-07-26 10:54:00

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