Nitro: "Ho ripreso in mano la mia adolescenza, per fare un disco da adulto"

Il rapper vicentino racconta "GarbAge", uscito in un periodo assurdo, ma che deve servire a migliorarci. Perché la creatività è tutto ciò che conta, e il rancore a 27 anni non serve a nulla

Nitro nello scatto di Roberto Graziano Moro
Nitro nello scatto di Roberto Graziano Moro

Dopo poche parole, Nicola si scusa, confessa l'arsura che lo affligge, beve e torna da noi. Sono tempi strani per tutto, anche per la promozione di un disco. Tutti gli eventi e le interviste sono concentrate nel minor tempo possibile, tutto avviene al telefono. Si parla, si cerca di farsi capire meglio possibile, nonostante il filtro non da poco del telefono di mezzo.

Nitro ha tirato fuori il suo quarto album in studio, che arriva due anni dopo la "splatinata" di No Comment, in un momento in cui tutti siamo con la testa nell'altrove. Che ci vuoi fare? Il 27enne rapper veneto, che la scorsa estate è stato tra gli MC più prolifici del Machete Mixtape assieme al suo mentore Salmo, però è sereno, e motivato ad andare in profondità nel racconto della sua nuova creatura, GarbAge, un lavoro che sin dal titolo spiega quanto le cose siano cambiate, perché fare i conti con l'età che ciascuno di noi possiede prima o dopo è inevitabile, a meno che tu non sia un idiota.. 

L'album, supervisionato da Stefano “STABBER” Tartaglini e dal machetero Ignazio “SLAIT” Pisano, presenta piacevoli conferme e alcune sorprese per chi conosce il percorso di Nitro. Senza incoerenza, nelle 14 tracce appare evidente una ricerca musicale che allarga gli orizzonti del rapper venuto dalle battle. Le produzioni sono inedite e spaziano tra i generi, con pezzi molto convicenti come Cicatrici, Libellule, Avvoltoi e Saturno.

Sempre meno growleggiamenti, quasi sparita la rivendicazione dell'hardcore sempre e comunque, Nitro dimostra di saper dosare la rabbia e pure modulare la voce. Il suo peso nella scena, che gli garantisce feat. di pregio come quelli di Tha Supreme, Gemitaiz e Fibra, oltre a un tot di nomi nuovi e intriganti, fa il resto. Ora che si è dissetato, procediamo con questa strana intervista di questi strani tempi di distanze mantenute. 

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Hai dedicato gli ultimi mesi della tua vita a un lavoro, che arriva nel momento sbagliato. Come vivi questa situazione?

Che dire... è la mia solita fortuna. Certe cose sono più grandi di noi, non dobbiamo neanche prendercela. Sicuramente quello che sta succedendo era una variabile non prevista e non prevedibile: sta a noi trasformarla in un’occasione per migliorarci sotto tanti punti di vista.

Tipo?

Non potendo proporre fisicamente la mia musica ai fan in giro per l’Italia, ho deciso di rimettermi subito a lavorare su nuove canzoni, anche se sono appena uscito con un disco: fare musica fa sempre bene. E poi sto riflettendo molto, in cerca di una soluzione per ovviare a questa situazione. Voglio sfruttare al massimo la nostra capacità di adattamento a un periodo così complesso, per proporre comunque qualcosa di figo.

Pensi a qualcosa come i live in streaming?

Lo streaming sicuramente può essere una soluzione. In generale il digitale ci offre grandi possibilità: mi dà modo di interagire con i fan, che non hanno potuto beccarmi agli instore e che magari hanno delle domande da pormi. 

Nel disco Gemitaiz dice che se ne sta tutto il tempo in casa. E tu sei un tipo casalingo?

Da un paio d’anni sì, anche perché dopo un’infinità di sbatti sono finalmente riuscito ad avere una casa tutta mia, a Milano. Dopo anni di rime per me è stato un traguardo, chi l’avrebbe mai detto che sarei stato ripagato...

Fai smart working?

Da un anno mi sono fatto lo studio a casa. Anche per questo non esco più molto: preferisco invitare la gente da me, ora che posso registrare. E poi partono sempre delle mega jam improvvisate. Non ho bisogno di nulla oltre alle mie quattro mura in questo momento, ho anticipato il #restiamoacasa di 24 mesi (ride). 

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Veniamo a GarbAge. Quando hai iniziato a comporlo, hai pensato “voglio fare un disco da"...

Voglio fare un disco da artista, e non da rapper. Per questo ho voluto mischiare tante cose: sono sempre stato un ascoltatore eterogeneo, il crossover è sempre stato il mio genere preferito e sono un fan della prima ora dei Korn e dei System of a Down, ma ho sempre ascoltato un sacco di altra roba, ad esempio gli Outkast, una band che ha portato il rap fuori dai suoi confini, e poi D’Angelo e tutta la parte più soul. Svariare tra i suoni mi aiuta a creare.

Quello di rompere un po' di steccati – penso al suono di pezzi come Cicatrici o OKAY?! – era un obiettivo che ti eri posto in partenza?

Sì, avevo deciso di alzare la posta con questo disco. Ci è voluta grande ricerca, mi sono chiuso in casa ad ascoltare musica, soprattutto gli album che mi hanno cambiato l’adolescenza. Se la roba nuova mi ispira tecnicamente, la musica che ho ascoltato tra i 14 e i 18 anni è quella che mi ha cambiato la vita. Quella, di conseguenza, è quella che ancora oggi mi dà la vera ispirazione.

Ti sei fatto un'overdose di primi 2000, quindi. 

Sì, ma non perchè la musica nuova sia peggio di quella vecchia. Solo che quando sei un ragazzino sei più plasmabile, e ancora oggi è quella la roba che sento che mi muove qualcosa nella pancia. Potrei riassumerti questo disco così: mezza missione nostalgia, mezza missione futuristica, mezza missione suicida.

Il pezzo più suicida, e che ti ha dato più soddisfazioni?

Be', sicuramente Cicatrici

Immagino che non sia solo una questione musicale. In che modo conduci la tua ricerca personale?

Anzitutto circondandomi di persone capaci e di ispirazione. Negli ultimi due anni ho cercato di apririmi anche dal punto di vista umano, di frequentare persone fuori dal mio ambiente. Ad esempio adoro andare a vedere gli spettacoli di stand up comedy: da Filippo Giardina a Giorgio Magri e Giorgio Montanini, l'Italia ha dei super professionisti in questo campo. E poi c'è Natalino Balasso, con cui ho avuto la fortuna di lavorare e che per me è Dio. Inoltre ho tanti amici che fanno grafica e arti figurative. Vedere l’arte mi fa lo stesso effetto che vedere Michel Jordan giocare a pallacanestro: è talmente bravo che ti genera ammirazione e vorresti emularlo, anche se non sai palleggiare. Circondarmi di persone creative è stato il primo step verso questa mia nuova evoluzione artistica.

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Da un punto di vista sonoro, chi è stata la persona più importante per questo disco?

Stabber è il principale compositore del sound di GarbAge, insieme al sottoscritto. Lui ha una visione della musica simile alla mia, molto aperta. Sono arrivato a un punto in cui gli ho detto “voglio fare un disco senza regole, un disco in cui la gente che ascolta le canzoni pensi 'non so che genere è, ma mi piace'". Poi sono intervenuto nella produzione di ogni brano: tutti i beat che sono stati mixati li abbiamo prodotti insieme nella stessa stanza.

Per quanto riguarda i testi, la tua proverbiale incazzatura rimane, ma pare cambiata. Ora ti incazzi da "vecchio"?

È un incazzatura più consapevole, meno rancorosa. Più una roba tipo cinismo e fastidio, che vera rabbia. Del resto il primo presupposto del rap è rimanere fedeli a se stessi e io lo sono sempre stato: passano gli anni, sono maturato come persona e di conseguenza è maturata la mia musica. Questo è il risultato. Non posso continuare a fare canzoni sulle mie ex ragazze a 30 anni: farebbe ridere, dai.

Di certo ti stanno sui coglioni i social e l'uso che se ne fa: quello dall'ascolto del disco è difficile non prenderlo come punto acquisito. 

Perché oggi i social sono l'80% della nostra vita, e Internet è la causa della stragrande maggioranza dei problemi psicologici che molti di noi hanno. Ok chi, come me, per lavoro è costretto a starci sui social, e pure tanto. Ma a preoccuparmi sono i ragazzini che sono cresciuti come se il telefono fosse una protuberanza del loro corpo. Questo ha anche tanti vantaggi, non li nego. Ma vuoi mettere quanta ansia genera questo tipo di esistenza?

Ti sembra di capirla quell'ansia?

Io li capisco di brutto i ragazzi di oggi. Quell'ansia è la stessa che avevo io da adolescente, ma oggi i social la implementano ai massimi livelli. Ai mie tempi esisteva Facebook, che però all'inizio era un posto dove si rideva e si condividevano i meme e le stronzate, non un posto dove fare soldi, dove essere sempre il più figo. Oggi le dinamiche scaturite dai social sono esasperate, cattive. Per questo parlo spesso di questa cosa, perché anche se non vado più a scuola e non sono così giovane, il telefono in mano lo devo sempre avere. E vedo cosa ti lascia. 

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Come fai a rimanere credibile e interessante per quei ragazzi che sono bombardati ogni secondo di mille imput diversi tra loro? 

Provo a stare aggiornato. A livello sonoro tutto ciò che arriva in Italia si è gia sentito in America. Sento la musica che arriva da oltre oceano e so in anticipo cosa accadrà qua. E poi sono un feticista della parola e adoro lo slang di Internet, perché conia sempre nuovi termini funzionali e non solo estetici, parole inventate per esprimere un concetto che prima non c’era e che oggi è centrale. Cerco sempre di rinnovare il mio linguaggio, e questo mi avvicina ai giovani.

Al di là della tecnica, come si empatizza con loro?

Mi interesso ai loro cazzi: sono più di 10 anni che giro l’italia con il rap e sia negli instore sia nei concerti, se serve, mi fermo un'ora in più a chiacchierare con chi è venuto lì per me, e molti sono giovani. Con alcuni di loro sono diventato amico, ci sfidiamo alla PlayStation in ogni weekend. Facendo rap, sono sempre stato il più piccolo del gruppo: uscivo con gente di 25, 30 o 35 anni quando ero appena maggiorenne. Capisco come si sentano i più piccoli e detesto ogni generalizzazione tipo “i giovani non capiscono un cazzo o basta con questi vecchi di merda”. Non penso come un vecchio né come un giovane, penso come sono.

E poi c'è parecchia politica nei tuoi pezzi.

Ferma, politica non direi. 

E perché no? Guarda che è tutto tranne che una parolaccia. 

Io direi critica sociale. Politica fa subito pensare a uno schieramento, cosa che con la musica non mi rappresenta. Mio parere personalissimo: per quanto sia necessario schierarsi quando si va a votare, io credo che le posizioni "di mezzo" siano le più utili, per bilanciare le parti e non fare pendere troppo il Paese da una parte o dall'altra. E poi noi viviamo in una nazione in cui è difficile confrontarsi sul calcio al bar, figurati sulla politica nell’era di Internet.

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L'articolo Nitro: "Ho ripreso in mano la mia adolescenza, per fare un disco da adulto" di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2020-03-11 18:01:00

Tag: album

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