Più Irossa per tutti

In un panorama musicale meno anestetizzato, il nome de Le Irossa da Torino circolerebbe a livelli parecchio più alti. Perché nel loro prog pop (o decidete voi la definizione) c'è fantasia, estro e capacità di emozionare. Ascoltare l'ultimo disco ("ispirato" da Rimbaud) per credere

Le Irossa
Le Irossa

C'è questo nuovo termine che gira oramai da più di un anno ma che, in realtà, ha la sua origine nel periodo Covid, appena post-Covid, tra il 2020 e il 2021, nel quale ci si imbatte ogni volta si tenti di parlare di gruppi come Last Dinner Party o Bleachers e qualche altro gruppo saltato agli onori della cronaca proprio in quel frangente: prog pop. Qualcuno ogni tanto si spinge anche più in là, azzarda un “pop barocco”. Inizia a citare Florence And The Machine e poi va a ritroso a ruota libera fino ai Radiohead. Più in dietro, fino a Sinéad O' Connor o, perché no, Roxy Music. Perlopiù ha a che fare con l'inclinazione di questi gruppi a un rock elaborato, finemente arrangiato, ma dall'approccio più istintivo che meramente eccessivo e arzigogolato. Pertanto chi si riempie di bolle anche soltanto a nominarlo, il progressive, o non nutre necessariamente una venerazione per Bohemian Rhapsody si può avvicinare senza timore di esplodere. Non ci sono suite cervellotiche in tre parti dal minutaggio improbabile nei loro solchi. L'umore complessivo non infastidisce chi abitualmente al pub parla di Murder Capital, Idles o King Krule piuttosto che di Deafheven, e se parla di reunion cita quella dei Mùm o dei Lemonheads, non dei Rush.

Le Irossa, da Torino, sono in tal senso perfetti per effigiare questo trattino di unione - anche se temo fortemente che sia l'uno che l'altro “genere” non possano che dare un'idea parziale di quella che è la loro rappresentazione del rock e che include per certo il nu-jazz anche e certo avant-garde. Perché c'è di sicuro una tendenza massimalista nel loro suono (a cui ha di sicuro contribuito il loro incontro alla House Of Rock invece che su un annuncio random su facebook) ma anche una non troppo velata teatralità espressa nel titolo del loro secondo La Mia Stella Aggressiva Si Nasconde Nelle Virgole E Nei Punti (Autoproduzione, 2025), e nel nome dato al progetto. “Abbiamo scoperto di questa poesia di Rimbaud"dicono i diretti interessati con palese riferimento aLes Voyelles "in cui a ogni vocale corrisponde un colore e la i è rossa. Abbiamo poi deciso di usare per definirci l'articolo 'Le', sia per una questione fonetica (Le Irossa) sia perché ci piaceva l'idea di un femminile sovra-esteso, quando di fatto è presente una sola ragazza nel gruppo stesso”.

Insomma, un po' come Nina (niña, bambina) Simone (nome maschile d'origine ebraica atto a indicare colui che ascolta) per colei che all'anagrafe fu Eunice Kathleen Waymon. Gabriele Chiara (sax e clarinetto), Guglielmo Ferroni (chitarra e sax), Margherita Ferracini (voce, chitarra, synth e cimbalo), Valerio Ravigliono (batteria), Jacopo Sulis (voce e chitarra acustica), Simone Ravigliono (basso, voce), iniziano il loro cammino con un corso di chitarra bluegrass nella scuola di Roberto Bovoloenta, dando subito alla formazione un'idea aperta (si aggiungeranno la voce di Gaia Morelli, la chitarra di Federico Padrini, il violoncello di Eleonora Puma e il violino di Caterina Salamino nel mentre delle incisioni) e senza leadership; grazie a un'intuizione scoccata congiuntamente da una serie di elementi provenienti da diversi gruppi esistenti dentro al collettivo-festival Vertebre e quindi con una ben precisa idea di sé stessi come persone e musicisti, ritrovatisi assieme con la stessa voglia di suonare dopo avere studiato da pari (sono totali autrici di musica e testi, dato essenziale, da tenere a mente).

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Ora, se non stessimo parlando di una stramba storia ambientata qua in Italia, in Piemonte, nella Torino dei Linea 77 e Subsonica, molto probabilmente, grazie a un puntuale e ben congegnato progetto di diffusione mediatica e a un altrettanto sagace battage fondato sul passaparola via-social, ecco che il loro nome avrebbe iniziato a circolare a partire dall'estate scorsa sempre più di continuo, fino raggiungere gli ambiti di gente che all’interno del panorama musicale conta davvero qualcosa. E allora si parlerebbe delle Irossa come dei più probabili open-act di Spiritualized, di Turnstile e di Fontaines D.C., il duo di voci di Jacopo e Margherita verrebbero analizzate e commentante, e il sax di Gabriele, new entry rispetto al precedenteSatura (2024, autoproduzione) sarebbe sulla bocca di tutti come tutti i fiati in una band da Dana Colley in poi.

Tante parole, belle discussioni, varie note e valutazioni. E invece stiamo ancora qua. Allora si dirà: “Bene, tutte brave, tutto interessante, belle le ipotesi, ma la musica?”. Le Irossa sono un approdo in un porto sicuro, pure se la loro formula muta leggermente di volta in volta (“Ci piacerebbe non smettere mai di re-inventarci”, dicono), di brano in brano (“La nostra musica è contaminata e contaminante”, dicono), di album in album (“In futuro potrebbe esserci un album rap... o bluegrass, per tornare all'origine”, dicono). Questo album intanto è un omaggio, già dal titolo, alla “fantasia al potere”: un'epifania che sa di Repubblica Esperantista dell'Isola delle Rose, fatta di groove, angolarità, riff, intimismi e melodie. La realizzano avvalendosi di vari ospiti e collaboratori e data in dono come musica densa, stratificata, ricca ma non barocca, e sotto la corazza mostra un cuore che pulsa e trasmette emozioni. Forse La Mia Stella Aggressiva Si Nasconde Nelle Virgole E Nei Punti è il “passo avanti” che stiamo attendendo da tempo. E se non proprio quello, quello prima. Quindi, fate attenzione.

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L'articolo Più Irossa per tutti di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2025-11-06 16:20:00

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