Se mi avessero chiesto di fare una lista dei rapper e delle rapper dei miei sogni da ascoltare tutte in una sera, quella del Red Bull 64 Bars Live di Corviale sarebbe stata senza ombra di dubbio la mia selezione: Lazza, Ele A, Noyz Narcos, Danno, la DPG e la Love Gang in gran rappresentanza, Fabri Fibra, Tony Boy, Uzi Luke e Lacrim. Nomi vecchi e nuovi, locali e non, tutti accomunati da un livello incredibile di talento e dalla barra che da sempre il Red Bull 64 Bars Live tiene altissima.
Se mi avessero chiesto di disegnare il setting della vita per uno show, i miei desideri non si sarebbero forse neanche avvicinati a ciò che ho visto ieri: un palco esagerato, dai maxischermi compatti e luci da luna park, abbracciati da una struttura imponente e brutalista come quella dei palazzi di Corviale.
Un quartiere escluso dai tour dei City Sightseeing, posizionato fuori Roma, nato come progetto di riqualificazione urbana e poi abbandonato a se stesso. Qui palazzine, scooter e storie difficili continuano a intrecciarsi dagli anni ‘70 a oggi, e intere famiglie resistono con coraggio e dignità al degrado urbano, alla lontananza dalla Roma bene e alle finte utopie della città. Tutte le location dei Red Bull 64 Bars Live riescono a inserirsi in contesti come questo e interpretarli in una nuova veste, inaspettata e visionaria, proprio come le barre dei rapper riscrivono destini complicati, trasformandoli in parabole ascendenti di fama e successo.
Sono tanti i momenti della serata che il pubblico non dimenticherà facilmente. Tra questi c’è, sul mio podio personale, il featuring di Danno e Noyz in Karashò, pezzo epico che dopo 20 anni riesce ancora a emozionare allo stesso modo, ma anche Franchino, Ketama, Side Baby e Sick Luke insieme sul palco a solleticare l’audience romana con i loro pezzi importati da una Trastevere vicina solo geograficamente, e quella poetica tutta loro da mascalzoni romantici. Ele A, talento assoluto della nuova scena nonché unica donna in line up, che tiene il palco egregiamente insieme a un mostro sacro come Fabri Fibra. Noyz Narcos, palesemente il piatto forte della serata, apre lo show con una dedica ai quartieri venendo accolto ancora come il vero re di Roma e incendiando la folla con il suo flow.
Ma la vera freccia di cupido sul pubblico la lancia Danno, con il suo fraseggio ancora pulito e inconfondibile che ti arriva dritto in faccia come uno scalpello, e la sua uscita di scena leggendaria: “tu dimmi quante volte hai visto il cielo su Corviale e hai detto quant’è bello”. La verità è che probabilmente il cielo su Corviale non è mai stato bello come stasera, e che questo tipo di bellezza, qui, arriva raramente. E infine la chiusura di Ketama, Don Joe, Franco126 e il Califfo con Cos’è l’amore, contaminazione commovente con una Roma vintage ormai sparita, ma rievocata sotto traccia anche nell’intro di Gabriella Ferri su Sinnò me moro.
Mentre ascolto il live e muovo il collo bevendo il mio vodka tonic penso anche, però, che il 4 ottobre 2025 a Roma non verrà ricordato solo per questo show pazzesco: oggi è anche il giorno in cui in città c’è stata una manifestazione nazionale a sostegno del popolo palestinese che ha visto oltre un milione di partecipanti da tutta Italia e della quale, però, qui non si sentono echi. Sono da poco tornata dal corteo e sotto il palco ho le gambe che mi fanno ancora male, ma non vedo più i colori che hanno distinto la mia giornata, il rosso, il verde, il bianco e il nero. Né sento dai microfoni menzioni a questo evento di portata storica che tanto mi ricorda i primi movimenti hip hop: quelli che, proprio come quello di stasera, nascevano nei quartieri popolari e parlavano di ingiustizia e resistenza, di odio verso il potere e di amore per la solidarietà. L’unico artista a rompere questo silenzio è Danno con una menzione d’onore a chi ha manifestato oggi, che ribadisce il suo sostegno verso la resistenza palestinese e scatenando la commozione della folla - insieme alla nostra.
Ormai quarant’anni fa, dei ragazzi che poi avrebbero fatto la storia del rap italiano cantavano: “C'è qualcuno che ci vuol far morire / Prima che nel corpo, nell'animo e nel cuore.” Gli Isola Posse All Stars a quanto pare ci avevano visto lungo: abbiamo tutti ancora voglia di un rap che parli non solo di relazioni finite, righe sul telefono e odio per le guardie. Abbiamo bisogno di un rap schierato, non individualista, coraggioso e de core. Un rap che parli di tutto ciò che altri generi musicali non hanno il coraggio di menzionare. Abbiamo ancora sete di un rap che non abbia più paura di essere rap. Per favore, non lasciateci soli.
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L'articolo Red Bull 64 Bars Live: il rap non deve aver paura di essere rap di Alessandra De Ascentis è apparso su Rockit.it il 2025-10-06 10:44:00
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