I 400 calci, la cultural appropriation e i video horror-rap della Machete

Abbiamo chiesto a I 400 Calci di dirci la loro su alcuni dei video più interessanti degli ultimi anni, ovvero quelli degli artisti Machete. Ecco cosa ne è uscito fuori.

Salmo
Salmo

Abbiamo chiesto a I 400 Calci, la "rivista di cinema da combattimento", di dirci la loro su alcuni dei video più interessanti degli ultimi anni, ovvero quelli degli artisti Machete. Sangue, squartamenti ed esplosioni a far da sfondo a pezzi rap che conquistano le masse. Wim Diesel ce ne parla partendo da Miley Cyrus e finendo con De André. Buona lettura.

 

Secondo la Wikipedia inglese, "la cultural appropriation si riferisce all'adozione di alcuni elementi specifici di una cultura da parte di un gruppo culturale differente". Più specificamente, "si riferisce all'inclusione e all'assorbimento di elementi culturali propri di minoranze o immigrati all'interno della cultura predominante". Se ne sente parlare, perlopiù, in merito al culo di Miley Cyrus, ed è una caratteristica negativa. Vuol dire che se sei bianco e biondo si suppone che il twerking non sia cosa tua. Esistono infinite connotazioni razziste legate a questo genere di discorsi, sia per quanto riguarda la pratica in sé, sia per quanto riguarda le critiche alla pratica, sia in merito alla natura delle critiche in sé. A noi, qui in provincia, queste discussioni ci riguardano il giusto.

L’Italia non è un paese che ha prodotto minoranze culturali di rilievo. Non esiste, che so, una cultura sarda scaturita da secoli di sistematica discriminazione, o se esiste è limitata a cose più importanti, tipo modi di cucinare il maiale; quando suoni con un’orchestra di liscio non ti vengono a chiedere se sei riminese, eccetera. La ragione fondamentale è che non abbiamo nessuno con cui prendercela, ci siamo messi insieme nello stesso periodo e senza importare schiavi dal Congo. Mentre gli altri paesi europei giocavano a spartirsi l’Africa col righello, noi stavamo ancora cercando di capire quale fosse la lingua italiana. Non posso dire, insomma, di aver mai fatto parte di un gruppo sociale che fosse seriamente vessato dalla maggior parte della gente. Perlopiù ci siamo seriamente attivati al seguito di cause tipo la grazia per Mumia Abu-Jamal, documentandoci per pomeriggi interi mentre mamma ci chiedeva se volevamo il latte col Nesquik. A un certo punto qualche poliziotto ci ha fatto la ramanzina perché giravamo in scooter senza casco.



Così, insomma, ho finito per attaccarmi brutalmente a certi cazzetti culturali di contorno che ho sempre pensato mi rendessero una persona speciale e tendenzialmente più sveglia dei miei contemporanei. Dischi, fumetti, libri eccetera. Il cinema action per me è così, voglio dire, mi sento parte di una minoranza. Vado al cinema con l’aria snob dell’unico che capisce realmente "Fast & Furious 6" in una sala stra-gremita. Nel momento in cui il mio quasi-omonimo Vin D. vola da un cavalcavia e raccoglie al volo Michelle Rodriguez per poi atterrare di schiena sul parabrezza di un’auto nel cavalcavia di fronte, io so che quello che sta passando sullo schermo è un momento di politica spietata. I rumeni accanto a me urlano. Bevono soft-drink e mandano messaggini watsapp al vicino di sedia. Odio le occasionali puntate della critica bene su tre registi action e l’umorismo paramilitare di quelli che apprezzano il film dei Vendicatori perché ogni tanto una bella cazzata da spegnere il cervello. In mezzo camminiamo noi, personaggi di confine che amano il cinema d’azione perchè amiamo. Qualche anno fa una persona meravigliosa di nome Nanni Cobretti ci ha radunati, me ed altre persone come me, e ha detto apriamo un posto dove possiamo stare bene e contarci. Siamo tantissimi, abbiamo scoperto. Riconosciamo l’autorità dei nostri capi e l’affinità dei nostri pari grado, ci sciogliamo in abbracci immaginari sui titoli di coda di un film che ci ha fermato il cuore. Ci infuriamo come pazzi ad ogni videoclip, spot pubblicitario o film che cita i nostri riferimenti culturali in modo per noi improprio.

Probabilmente chi fa il rap o lo ascolta ha lo stesso atteggiamento e la stessa cura, nel maneggiare la sua cosa, che noi abbiamo con la nostra.
In entrambi i casi è facile finire in discussioni sul curriculum vitae: tu che critichi, che cosa fai per la scena?
Ascolti? Fai? Diffondi? (cit.)
Hai visto "Sharknado" con l’innocenza negli occhi? Sei una di quelle merde che guardano i film per sfotterli? Ti piace scrivere recensioni in cui parli de “la fotografia”? Che cosa potevi fare di quelle due ore di vita?

Non esiste un legame diretto tra amore per i film e capacità a realizzarli. La maggior parte dei registi innamorati dei film sono merde di cane che dovrebbero limitarsi a guardarne. Il citazionismo ad ogni costo è una spiacevole tendenza anni novanta che scaturisce dal successo di un singolo regista, Quentin Tarantino (fondamentalmente il Kurt Cobain del cinema: non fosse stato un genio, ha ripescato talmente tanto roba giusta e meritevole che avremmo potuto salutarlo comunque come il più grande critico della sua epoca). Ma dietro Tarantino, poca roba. I grandi registi sono ancora –quasi sempre- dei monomaniaci incapaci di copiare il cinema da cui sono ossessionati e costretti a reinventarsi (penso a John Carpenter) finendo per creare qualcosa di meglio. Certo, certi immaginari colpiscono ancora molto.

Nei primi anni duemila un musicista di nome Rob Zombie (morto e sepolto da dopo "Soul Crusher", ma è un’opinione di minoranza) smette un secondo di fare dischi e si dedica al suo debutto cinematografico, "La casa dei 1000 corpi", ed è l’informale inizio di uno scisma culturale. "La casa dei 1000 corpi" è puro immaginario, non so spiegarmi meglio: è inquadrabile quasi del tutto in un’ottica di recupero di certa roba, anche in un senso molto interessante: sbattersene della fine che ha fatto lo slasher movie negli anni ottanta/novanta, ricominciare da una matrice originaria alla Tobe Hooper ("Non aprite quella porta 2", per dire), condirlo con le ossessioni dei videoclip di Rob Zombie (ciccioni ributtanti, satanismo da supermercato, redneck barbuti, il culo di sua moglie) e buttarlo fuori uguale. La critica inizialmente lo prende maluccio, ma il consenso non tarda molto a formarsi. Da lì in poi Rob Zombie è un regista horror rispettato: butta fuori un mezzo sequel, in cui assesta la sua poetica in una sorta di horror-western violentissimo, e poi si imbarca nel progetto assurdo di un remake del primo "Halloween". I film onestamente mi son sempre sembrati merda gratuita flippata con una inesistenti questioni filologiche, ma sono bastati e avanzati a dare di Rob Zombie l’immagine di uno che ti sta dicendo, in qualche modo, dove sta andando il cinema di genere o almeno a che punto si è perso.


video frame placeholder

Salmo ha una canzone che si chiama "Rob Zombie" con ospite Noyz Narcos, un artista che adoro (ove adoro vuol dire che una volta ho speso soldi per comprare un suo CD e tutto sommato non sono pentito). Il testo dice “faccio le scale a testa in giù come Emily Rose” (e qui la mia mente inizia a grippare, voglio dire, santiddio, sarebbe come dire “zoom avanti e carrellata indietro" come in "Sesso Bugie e Videotape") (non sono intenzionato a spiegarla). E anche “da me vogliono il sangue, gli ho portato Rob Zombie”. Se qualcuno mi dice che da me vogliono il sangue e gli ho portato Rob Zombie, per me significa che vogliono cruda efferatezza e tu gli consegni un cartone animato di merda che non fa paura manco alla mia nipotina; quindi forse non ho gli strumenti culturali per capire Salmo o ne ho troppi o ho quelli sbagliati. Ho visto il video, però. È divertente pensare che possa passare su qualche TV a tutte le ore del giorno, ma mi ha fatto girare le palle. Il video racconta grossomodo di un fast-food in cui la gente viene macellata per fare gli hamburger. Sbocchi di sangue a palla, cartilagini umane, pezzi di dita, carne fresca manipolata, ragazze a piedi nudi e tutto il resto. Nessun omicidio, mai. Salmo sbuca da dietro con un’accetta, probabilmente non ha buone intenzioni ma non vediamo comunque quello che succede quando si chiude in bagno. Concettualmente c’è dietro una politica del dire e non dire simile a quella che distingue, che so, il cinema porno da quel film in cui a un certo punto si vede il cazzo di Fassbender (ok, un sacco di ragazze che conosco usano il secondo per).

Giracchiando qua e là per i video della Machete (di cui Salmo è fondatore assieme ad altri) la roba in ballo è sempre quella. Trucido laccato da grande distribuzione, interrogatori al buio e simili, niente di troppo esplicito. Spesso (roba tipo "Death USB" o "Killer Game") la roba va a finire in posti non lontani da un regista che odio, Romain Gavras (quello che fa i video-shock-colcazzo di MIA, brevemente), quel concetto di rivolta urbana che in romagnolo italianizzato provoca una distinta sensazione di smago (lo smago è quando una cosa non necessariamente cattiva viene consimata in quantità eccessive, tipo la torta alla panna). E via di maschere-teschio e tutine e abbigliamento a tema. Tutto figo per mezzo minuto e, uhm, niente ciccia. Dopo un po’ il mio cervello ha bisogno di ossigeno: Nanni Cobretti mi ha detto a suo tempo che questo genere di malessere va trattato con anticorpi robusti e generici, tipo i video dei Naked City o di qualche gruppo grindgore dozzinale senza budget. A me piace molto mettere in loop Henry Rollins che pesta un fan. Non c’è nessun motivo reale. I video della Machete, in realtà, non mi esaltano e non mi offendono a nessun livello, ed è probabile che se fossi un critico illuminato risponderei a tutta questa roba con il più fragoroso dei fottesega.



Fondamentalmente, quando guardo questa roba, la prima cosa che mi viene in mente è la cultural appropriation. QUESTI fanno il rap, IO guardo i film. Dovrebbero continuare a latrare le loro rime (grazie Bret) facendo i segni con le dita, inquadrare i culi delle tizie con cui amano copulare e lasciare gli intestini aperti a chi sa farne buon uso. Non faccio nemmeno finta che la questione sia più complicata di così, la musica di Salmo mi piace sinceramente, molto più della media del rap contemporaneo di cui sono a conoscenza.

Non discuto il suo flow perché parlare de il flow nei pezzi sul rap è come parlare de la fotografia nei pezzi sul cinema. Mi sta sul cazzo perché è bravo e sulla cresta dell’onda e probabilmente piace alle ragazze E lo fa usando a cazzo elementi presi dalla mia cultura. Lui potrebbe dire lo stesso di me, che giudico la sua roba senza saperne niente. E suppongo in effetti di saperne molto meno della musica che ascoltano quelli che ascoltano Salmo, di quanto Salmo sembra saperne del cinema che guardano quelli come me. È estremamente probabile che ne sappia più di me anche di film action e horror, d’altra parte. In un caso o nell’altro è bello srotolare queste discussioni in merito alla cultural appropriation, così d’impatto, sorridendo all’idea di essere a un livello di analisi ancora più basso di quelli che sostengono che Nicky Minaj abbia più diritto ad agitare il culo della figlia di De André. Peraltro darei tutti i soldi che ho in banca in cambio di un video del FABER che twerka.

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L'articolo I 400 calci, la cultural appropriation e i video horror-rap della Machete di Wim Diesel / I 400 calci è apparso su Rockit.it il 2014-10-03 11:17:00

Tag: storie

COMMENTI (3)

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  • toni.meola1 10 anni fa Rispondi

    ma nell'articolo non si parla di quanto facciano cagare i video della Machete rapportandoli alla vera estetica di quel tipo di cinema? Al di là dell'appropriazione della cultura, del citazionismo, del revisionismo storico, delle ginocchia di James Brown, ecc.ecc.

  • lorenzo.navarini 10 anni fa Rispondi

    Ci sono diversi errori a mio parere. Anzi è un analisi completamente sbagliata.
    Il citazionismo è un elemento fondante del rap e, più in generale, della cultura hip hop. Dico "fondante" perchè la maggior parte delle basi di qualsiasi rapper, che sia italiano o americano o thailandese, sono molto spesso campionate, e questo di per sè è già una forte forma di citazionismo. Pensa a James Brown, incazzato come una iena, che querela mezza scena hip hop americana che aveva campionato le SUE canzoni, rendendosi conto solo successivamente della fama che i rappers gli avevano portato grazie a questa tecnica. Questo tipo di citazionismo viene utilizzati per i beats, è diversa invece la matrice di citazionismo nei testi rap, mi spiego: da Notorious BIG a Eminem, dai Colle der Fomento a Nitro, ogni rapper sulla faccia della terra è stato influenzato da diverse culture, come quella cinematografica (Nota Bene: il rap NON è una cultura, quello è l'hip hop, ma è un "modo" di fare e concepire la musica; a livello teorico Zack de la Rocha, cantante dei Rage Against the Machine, è rapper quanto Jay Z). Pensa ad esempio ai Jedi Mind Tricks, a Danno aka JAKE LA MOTTA dei Colle der Fomento, alla presenza quasi asfissiante di Arancia Meccanica in testi di un determinato tipo di rap, es. Truceklan)
    Detto questo, il rap non è cultura perciò non si può parlare di cultural appropriation, e poichè Salmo è un rapper, ma non ha una cultura propriamente hip hop, semplicemente si ispira ad un certo tipo di cultura che è quella hardcore (da cui proviene tralaltro, non dimentichiamoci che Salmo prima di diventare Salmo era un cantante punk hardcore; come, d'altronde, la maggior parte dei nuovi esponenti della musica elettronica pesante, vedi Skrillex).
    La cultura hardcore è una cultura vastissima, talmente ampia da ricoprire concetti dal comportamento (lo straight edge per esempio) al cinema.
    Perciò tutta la machete, che si ispira in parte alla nuova cultura hardcore (quella degli anni '70 era ben diversa, chiariamoci), non fa cultural appropriation, anzi.
    Ti porto un ultimo esempio per descrivere meglio questo fenomeno.
    Un altro rapper italiano che non proviene e non addotta una cultura hip hop è Caparezza. Secondo questo ragionamento potrei dirti "Perchè Caparezza affronta tematiche di sinistra ed è comunista se è un rapper? Perchè si veste in questo modo? Perchè fa basi che sono più vicine al rock?" Per lo stesso motivo di Salmo.

  • alessandrobonini 10 anni fa Rispondi

    Bella analisi, condivido il pensiero sulla fine di Rob Zombie. A proposito di video rap "horror" io sono in fissa assoluta con questo: youtube.com/watch?v=f6pZW2P… secondo me veramente ben realizzato tranne che per alcuni clichè del genere (fissare lampadine con occhi straniati ha definitivamente rotto er cazz)! Poi questi 16Barre sono veramente "oltre".