Spegni e Riaccendi: la nostra ricerca su numeri, crepe e desideri della musica italiana oggi

Abbiamo chiesto a quasi 2000 tra ascoltatori e artisti di dirci la loro sullo stato dell'industria musicale attuale. Il risultato è un quadro abbastanza desolante, con tantissima voglia di suonare nonostante pochi soldi e ancora meno spazi. Ecco tutti i dati della survey

Foto di Starfooker
Foto di Starfooker
17/12/2025 - 14:44 Scritto da Redazione

Nel 2025 abbiamo deciso di fare una cosa che non si fa quasi mai: chiedere direttamente a chi la musica la vive davvero. Abbiamo chiesto agli artisti che si svegliano presto per lavorare e la sera registrano, provano, compongono; e agli ascoltatori, quelli che con le cuffie ci dormono, quelli che ogni giorno si fanno accompagnare da playlist, concerti, video, scoperte. Da qui nasce Spegni e Riaccendi – Music Survey 2025, un’indagine volutamente “di pancia”, ampia, spontanea, costruita per far emergere sentimenti, abitudini, desideri e frustrazioni di chi anima ogni giorno il mondo musicale.

Il risultato è un archivio enorme, quasi emotivo, fatto di quasi 2.000 risposte tra artisti e pubblico. Un materiale prezioso, perché racconta non solo come si fa o si ascolta musica oggi, ma come ci si sente a farlo. Un dataset che non vuole dare sentenze, ma restituire una fotografia vera: quella di un settore vibrante ma stanco, pieno di talento e allo stesso tempo pieno di crepe. Una fotografia dove i due mondi — chi suona e chi ascolta — sembrano correre l’uno verso l’altro, ma senza riuscire a toccarsi davvero. Qua sotto vi raccontiamo dove sta andando la musica italiana e, soprattutto, cosa le manca per brillare ancora più forte.

GLI ARTISTI

Partiamo con l'analizzare chi la musica la fa. La prima cosa che salta all'occhio è che non stiamo parlando di esordienti allo sbaraglio. Tra gli artisti il 41% fa musica da oltre 20 anni,  il 26% da 11 a 20 anni, quasi il 20% da 6 a 10 anni e solo l’1% scarso è attivo da meno di un anno. Si potrebbe pensare che molti di questi abbiano cambiato vita per inseguire il sogno della musica, ma così non è: ben il 68,6% degli artisti non ha cambiato casa per fare il musicista, ma è una passione che porta avanti nel luogo in cui già viveva. A questo fa eco anche una certa costanza per quanto riguarda le pubblicazioni: Il 30% pubblica nuova musica all'incirca ogni sei mesi, il 28% ogni anno e il 23% ogni due, lasciando chi ha pubblicazioni più saltuarie al 18,6%. Tra gli artisti, la maggior parte è totalmente indipendente. Il 62% non ha un'etichetta, il 72% non ha un management, il 69% non ha un ufficio stampa. Per chi ce l'ha, in ciascun campo abbiamo all'incirca un insoddisfatto su due.

Il 53,5% degli artisti della survey usa le piattaforme. È il passaggio obbligato: se non pubblichi lì, è come non esistere. Ma il sentiment dominante è una specie di rassegnazione lucida: lo streaming serve, ma non sostiene, tanto che ben il 49% sta valutando di lasciare lo streaming, mentre l'11% afferma di averlo già fatto. È lo specchio di una modalità di distribuzione che non porta economie consistenti: l'88% degli intervistati guadagna annualmente meno di 200 euro dallo streaming e solo l'1% si dice soddisfatto dei propri numeri sulle piattaforme. Impressionante. I guadagni sono simbolici e spesso non arrivano neppure a coprire il costo di distribuzione. E il fisico? Rimane uno sfizio per pochi: il 40% non lo stampa perché costa troppo. Se andiamo a vedere nello specifico i guadagni dalla parte discografica dei progetti, capiamo quanto sia impietosa la situazione: la metà degli artisti non guadagna nulla(!), mentre il 38% non abbastanza per rientrare delle spese di produzione del disco.

E sul live? Qua entriamo nel capitolo più caldo della survey. Anche se gli artisti coinvolti hanno una buona attività live - solo il 17% si esibisce al massimo una volta all'anno -, addirittura l'86% non ha una booking e solo il 5% è soddisfatto del lavoro dell'agenzia. Se poi parliamo di guadagni nelle singole date, si sfocia nel tragico: il 42% non guadagna abbastanza per coprire le spese e appena il 6% si dichiara dalla cifra che riesce a ottenere dai propri concerti. Il 48% non guadagna nulla o quasi dai propri concerti durante l'anno, mentre un terzo guadagna appena qualche centinaio di euro all'anno. I problemi strutturali per i live sono principalmente tre, secondo gli intervistati: non ci sono soldi e suonare è spesso considerato un hobby, non ci sono strutture ed eventi adeguati sul territorio, il pubblico è disinteressato (su questo ci arriveremo).

Si capisce che quasi nessuno guadagna abbastanza per chiamare “mestiere” ciò che fa. Molti artisti vivono il classico modello “mix and match”: lavoro di giorno, musica di notte. Non perché manchi l’ambizione, ma perché il sistema non traduce il tempo investito in ritorni concreti. Le risposte parlano di cachet che non si muovono da anni, SIAE e diritti percepiti come lontani e complicati, nessun supporto per progettazione, management, booking, costi vivi (produzione, promo, attrezzatura) che esplodono. Questo si vede misurando proprio la soddisfazione sulla propria carriera: 2 intervistati su 3 si dichiarano insoddisfatti (la metà dei quali dice proprio di essere frustrato). Solo il 6% del totale sostiene di aver raggiunto tutti i propri obiettivi.

Il punto riguardo alle entrate, in ogni caso, c'entra fino a un certo punto. Più che un ritorno economico, il 48% vorrebbe in primis la giusta considerazione da parte di pubblico e addetti ai lavori, mentre il 21% chiede solo una cosa: suonare dal vivo. Nonostante questo, il 41,5% non ha mai pensato di mollare la musica, mentre il 34,5% ci pensa spesso, ma continua a suonare trainato dalla passione. Insomma, la situazione è tutt'altro che rosea, ma qualche segnale di resistenza contro tutto e tutti c'è.

PUBBLICO

Per quanto riguarda il pubblico, va fatto un distinguo fin dall'inizio. Quelli che hanno risposto al sondaggio sono principalmente persone coinvolte in primis, proprio per il fatto che è un'iniziativa lanciata da una webzine musicale, e non da ente di ricerca statistico. Questo si riflette nei dati, con le risposte di un pubblico mediamente molto coinvolto, onnivoro - il 52% degli intervistati dice di ascoltare un po' di tutto - e con una certa predisposizione verso il rock (35% degli intervistati). Parliamo di ascoltatori che sono abituati ad ascoltare i dischi per intero - il 60% degli intervistati dice di farlo spesso, anche rispetto a nuove uscite - e curioso: 1 intervistato su 2 dice di concentrarsi più sull'ascolto di musica nuova che su quella di catalogo, mentre il 48% cerca di rimanere aggiornato su tutte le nuove uscite discografiche nonostante un mercato saturo (per un intervistato su due esce "troppa musica").

Se per l’artista lo streaming è un corridoio pieno di porte chiuse, per l’ascoltatore è un supermercato infinito. Ci sono playlist per ogni cosa, ogni mood, ogni momento della giornata. Ben il 75% degli intervistati ascolta musica sulle piattaforme, con un buon 64% che dice di pagare un abbonamento (e quindi di non appoggiarsi a servizi gratuiti o freemium). C'è però una piccola crepa che si può notare nel rapporto tra questa fetta di ascoltatori e le piattaforme streaming: Il 20% del campione ha dichiarato di averle abbandonate, un altro 20% sta pensando di abbandonarle. Quello che era lo stra-potere di Spotify ora, di fronte alle polemiche degli ultimi tempi - dalla retribuzione degli artisti agli investimenti militari di Daniel Ek, fondatore del colosso svedese -, sembra non essere così granitico come un tempo.

Il campione mostra una certa disponibilità di spesa in campo musicale, sottolineando come siamo di fronte a un pubblico appassionato: il 52% spende tra i 100 e i 500 euro all'anno per la musica, il 23% tra 500 e 1000 euro, l'11,5% più di 1000 euro. In pole position su queste spese rientrano i concerti (lo è per l'86% degli intervistati), seguito dagli abbonamenti a piattaforme streaming (64%) e l'acquisto di dischi fisici (58%). Vale la pena soffermarsi come ci sia anche uno zoccolo duro di abbonati a riviste musicali cartacee o digitali, che si aggira attorno al 14% del campione.

Quando si passa al live, gli ascoltatori confermano esattamente ciò che denunciano gli artisti: ci sono meno locali, meno eventi, meno occasioni reali per vedere una band emergente. Ed è un pubblico che ai concerti ci va, con ben un terzo che ne va a sentire più di 10 all'anno e un altro terzo tra i 4 e i 10. Il 45% degli intervistati dichiara la chiusura dei locali importanti nella propria zona, mentre il 26% racconta che i locali ci sono ancora, ma l'offerta è cambiata. E quelli che ci sono, costano di più: solo il 19% sostiene di spendere meno o la stessa cifra rispetto al passato a parità di live.

Abbiamo voluto chiudere chiedendo a questa fascia di ascoltatori quali sono, secondo loro, le cose che mancano agli artisti in Italia, e anche qua ritroviamo il grande tema di questa survey: l'assenza di spazi dove suonare (per il 61,7% degli intervistati). Ed è da qua, probabilmente, che bisogna ripartire un passo alla volta per ricreare uno scenario culturale sano, vario e sostenibile.

---
L'articolo Spegni e Riaccendi: la nostra ricerca su numeri, crepe e desideri della musica italiana oggi di Redazione è apparso su Rockit.it il 2025-12-17 14:44:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autoreavvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussioneInvia