Breve storia della famigerata Quota Indie a Sanremo

Prima erano i freak, poi sono serviti a conquistare i giovani, ora sono "come tutti gli altri": cronistoria dall'inizio dei gruppi e degli artisti alternativi che si sono esibiti a Sanremo. Con tutto quel che comporta

I Bluvertigo a Sanremo nel 2001
I Bluvertigo a Sanremo nel 2001

La storia della musica italiana, la messa cantata, la melodia, il bel canto. Sanremo (qua il nostro speciale sull'edizione 2024) è tutto questo. Evitando le tempeste degli ascolti negativi, chi lo organizza ha la difficilissima missione di raggiungere il pubblico televisivo e quello radiofonico, quello che compra i dischi, e adesso addirittura quello che manda in Trend Topic l’hashtag del festival: insomma la costruzione del cast è al contempo una scommessa e una prova di equilibrismo, una torta da dividere per non scontentare nè gli anzianotti telespettatori della rete ammiraglia nè i ragazzini che, mai come gli ultimi anni, hanno riscoperto il Festival come evento mediatico.

In questo grande calderone, proprio come le vecchie glorie o gli artisti da talent e talvolta pure "gli alieni", non manca mai la quota indie (o quota alternativa): quelli che sono passati dalle pagine delle fanzine o pagine Instagram prima che in radio, quelli che, per citare Lo Stato Sociale, in quel contesto sono stati “una bomba in un convento” (e che talvolta sono diventati “coglioni parte dell’arredamento”, ma questo è un altro discorso).

I primi tentativi

Quando l’Ariston ha iniziato ad aprirsi ai lanzichenecchi della musica indipendente? Quando ha deciso che era cosa buona affiancare ai MiniReitani gli alternativi della nostra musica? Non i freak, quelli non mancano mai, ma musicisti provenienti da una cultura diametralmente opposta da quella festivaliera, che magari hanno prima spernacchiato la settimana santa laica per poi viverla da protagonisti.

I prodromi di questa abitudine risalgono a una trentina di anni fa, in quel 1992 che vede crollare la politica italiana e cambiare anche il Festival, che tornava nelle mani del suo Caro Leader, Pippo Baudo, non ancora direttore artistico. Adriano Aragozzini sceglie lo ska degli Statuto, che proclamano in ampio anticipo Abbiamo Vinto Il Festival di Sanremo. C'è anche il primo brano "rap" della storia della Kermesse, dalla voce degli Aeroplanitaliani di Alessio Bertallot. La canzone Zitti Zitti (il silenzio è d’oro) raccoglie slogan e frasi da tg, un bigino dell’anno in corso tra cronaca e pubblicità, lasciando al centro della performance ben 26 secondi di silenzio. Al decimo secondo circa, l’impostata platea dell’Ariston esplode in un imbarazzato applauso.

Dovremo aspettare altri tre anni per vedere una simile performance artistica sul palco di Sanremo, quando nei big del 1995 troviamo Sabina Guzzanti e la Riserva Indiana, un collettivo composto da politici, scrittori, giornalisti – tra cui Bignardi, Vendola, Ricci, Riondino, Manara, Voglino, Curzi e mille altri. Tocca invece a Daniele Silvestri portare la bandiera del nuovo pop italiano con la sua L’uomo col megafono, seduto su uno sgabello con cartelli alla Bob Dylan, insegnando ai tecnici dell’Ariston la distorsione sulla voce (nel ritornello). Silvestri vince il premio al miglior testo, nell’edizione del Festival più vista di sempre, mentre Giorgia vince la gara tout court e Francesca Michielin, in quel momento o quasi, nasce.

La fine del millennio

Al tramonto dei '90 la “quota indie” (per come la si poteva intendere allora) è affidata a svariati componenti della scena romana cosiddetta, di cui il già citato Silvestri è pioniere. Hanno il battesimo del grande pubblico anche i suoi futuri compagni di viaggio Niccolò Fabi (1997 e 1998) e Max Gazzè (1999). Poi ci sono Marina Rei (1996, 1997 e 1999) e Alex Britti, trionfatore dei giovani nel 1999.

I ’90 sono anni di meccanismi di gara bislacchi, con Baudo al comando della kermesse anche come direttore artistico e che vuole una quota nei Big per le Nuove Proposte degli anni precedenti: così già nel 1996 incontriamo gli indipendentissimi Jalisse – che vinceranno un anno dopo, prima di 26 rifiuti consecutivi – e Carmen Consoli, con una memorabile Amore Di Plastica che le farà guadagnare l’ottava posizione, riconfermandola tra le nuove proposte ’97. Porta Confusa e Felice, ovviamente, non finalista.

Dopo aver portato alla ribalta Elio e le Storie Tese, che saranno habitué dell’Ariston dopo il secondo posto del 1996, nel ’97 Pippo lascia: la commissione artistica sceglie, oltre ai già citati Consoli e Jalisse, Pitura Freska nei big e nei giovani Petra Magoni e Mikimix, il futuro Caparezza. Nel 1999 troviamo nei giovani, oltre a Daniele Groff e un già famoso Britti, i Soerba di Luca Urbani con Noi Non Ci Capiamo e i Quintorigo con Rospo: entrambi torneranno in questa storia, in modi diversi.

Anni Zero

Il 2000 è il punto di rottura delle quote indie intese in epoca moderna: Fazio vuole condurre rifiutando la direzione artistica, affidata a Sergio Bardotti, Luis Bacalov, Mauro Pagani, la capoprogetto del festival Sandra Bemporad e il VJ di MTV Enrico Silvestrin. «Abbiamo cercato di svecchiare il festival», dichiara il conduttore, e il compito riesce a metà. Nello stesso anno in cui vengono scartati i LùnaPop con Mary Seduta In Un Pub e i regaz andranno a spaccare i cessi della sede Rai di Bologna, la prima quota indie capace di sparigliare le carte della kermesse è, senza dubbio, Tutti I Miei Sbagli dei SubsOnicA. Il brano gioca sul doppio senso tra amore tossico e dipendenza, e unisce alla potenza della band torinese quella della grande orchestra, mentre Samuel ottiene la possibilità di utilizzare il proprio triplo microfono col filo. Finiranno, curiosamente, una posizione dietro Non Dirgli Mai di Gigi D’Alessio, di cui cercheranno di rubare un cartonato, venendo fermati dalla polizia. Nella stessa annata troviamo nei giovani anche Moltheni e i Tiromancino con Riccardo Senigallia, secondi in classifica.

Raffaella Carrà nel 2001 ci regala Elisa, che fino a quel momento scriveva soltanto in inglese e che vincerà il festival, mentre gli ultimi posti sono tutti per Quintorigo – con Bentivoglio Angelina, penultimi –  e Bluvertigo – ultimi – con L’Assenzio (The Power Of Nothing): unica volta della carriera cui Morgan non verrà squalificato o eliminato prima della serata finale. In compenso i tecnici chiedono a Sergio Carnevale di non suonare: «Tanto l’orchestra ce l’ha già il batterista, devi suonà per forza?». Come al solito, L’Assenzio – scritta con Luca Urbani dei Soerba – diventa una hit nel suo circuito, passa su MTV e in radio, mentre Luce (tramonti a nord-est) è una pietra miliare del nostro pop. Nello stesso anno abbiamo in gara anche i Velvet, Francesco Renga all’esordio solista, il progetto napoletano Principe e Socio M. e Roberto Angelini ben prima di GattoMatto e Propaganda Live.

Baudo is back

Baudo torna per un biennio pippesco con pochissime eccezioni al pop classico: nel 2002 giusto i Timoria e l’incantevole Il Passo Silenzioso Della Neve di Valentina Giovagnini, che perde il primato nei giovani per soli 21 voti di svantaggio su Doppiamente Fragili di Anna Tatangelo. Nel 2003, Tonight dei Negrita e le critiche per la somiglianza con Elevation degli U2. Quando le major lasciano compatte il festival 2004 ci si aspetterebbe un florilegio di band indipendenti e un festival più alternativo, e invece arrivano vecchie glorie appannate e nuovi talenti venuti fuori chissà da dove. Ci sono al massimo, Piotta, per la prima volta, e i DB Boulevard, volendo essere larghi.

Nel 2005 Bonolis introduce le categorie come ai Grammy, e troviamo Marina Rei, Le Vibrazioni (già al secondo disco) e i Velvet con Dovevo dirti molte cose – eliminati quasi subito, ma una delle hit di quell’anno – mentre nei giovani c’è uno alla contemporaneità: Concido, La Differenza, Max De Angelis – con una meta-canzone su una confessione fatta in diretta televisiva – , e i Negramaro, eliminati alla prima sera nello sgomento del conduttore. La canzone – e l’album – era Mentre Tutto Scorre, signature song della band salentina con 600.000 copie vendute. Le categorie tornano anche con Panariello nel 2006 e se c’è un cast superclassico nei big, nei giovani troviamo Ivan Segreto, L’Aura e i Deasonika con Non Dimentico Più.

 Torna Baudo per suoi due ultimi festival, e nel 2007 troviamo sorprendentemente Nada con Luna In Piena – addirittura in duetto con Cristina Donà, nella serata dedicata –, Tutto Da Rifare dei Velvet, e Amalia Grè con Amami Per Sempre. Nei giovani, più di Grandi Animali Marini e gli FSC di Davide Ferrario non possiamo chiedere mentre nel 2008 l’attenzione è tutta sul dopofestival in cui gli Elio migliorano le canzoni in gara, e nessun nome può rientrare nella quota indie, considerando che il pezzo più rock&roll dell’intera edizione è Ricordi dei Finley. Rimanendo nel punk pop, troviamo nei giovani i Melody Fall, superstar del genere nel mercato nipponico. Non è una battuta.

Nel 2009 si consuma il delitto perfetto delle quote indie, e forse il passaggio decisivo di tutta questa epopea: gli Afterhours sono in gara con Il Paese È Reale e danno alle stampe non un album, ma una compilation con 19 brani di cantautori o gruppi indipendenti, condividendo la luce mediatica del festival con tutto il rock italiano. 

10s

Nel 2010 c’è spazio giusto per i La Fame Di Camilla di Ermal Meta, mentre nel 2011 si osa un po’ di più con Luca Madonia (in duetto con Franco Battiato, esordiente a Sanremo) e i La Crus, con un progetto speciale post-scioglimento e il brano Io Confesso. Nel 2012 è il turno dei Marlene Kuntz, che riescono a portare sul palco per un doppio duetto sia Patti Smith per una cover di Impressioni di Settembre, che Samuel sulla loro Canzone per un figlio. Nei giovani, invece, abbiamo Erica Mou e Marco Guazzone degli STAG che si presenta come solista soltanto per il festival, mentre il singolo Guasto esce con il nome della band.

Fazio dal 2013 fa due tentativi con la “doppia canzone”, ogni artista presenta due brani e il pubblico sceglie quale proseguirà in gara. Se Silvestri e Gazzè intanto sono diventati classici, esordiscono Almamegretta e Marta Sui Tubi, ma anche Andrea Nardinocchi – tralaltro: Andrea, dove sei? – e Renzo Rubino dicono la propria nei giovani. L’anno dopo, invece i Perturbazione – che riempiranno le radio con L’Unica – e un sorprendente The Bloody Beetroots in duetto con Raphael Gualazzi. Riccardo Sinigallia, invece, viene squalificato per aver già eseguito precedentemente la canzone Prima Di Andare Via, ma comunque la direzione artistica gli permette di esibirsi, seppur fuori concorso. Nel giovani del 2014: Diodato, Filippo Graziani, Zibba e The Niro, nomi ampiamente noti nel circuito alternativo.

Tempi recenti 

Conti nel ’15 punta alle radio, e il primo anno la cosa più alternativa sembrano essere Biggio e Mandelli (senza l’etichetta dei Soliti Idioti) o i kuTso nei giovani – che si lamentano di venir annunciati “Cuzzo” e non “Cazzo” da Carlocò. Il 2016 vediamo invece il ritorno dei Bluvertigo, ma ora non è più quota indie bensì quota reunion, e l’annunciato album TUONO (Tono, Tempo, Suono) non vedrà mai la luce.

La classe giovane 2016, invece, è una lista di futuri big, su tutti spicca Mahmood. Indie ampiamente ignorato nel 2017, con l’eccezione di Maldestro o Marianne Mirage nei giovani. Quando invece è Baglioni ad annunciare il cast, sembra più il concerto del Primo Maggio: da Avitabile e Servillo a Diodato (con Roy Paci) alla reunion dei Decibel, ma la “bomba in un convento” sono chiaramente Lo Stato Sociale con Una Vita In Vacanza: la “vecchia che balla” arriverà seconda, mentre tra i giovani troviamo Mirkoeilcane e Mudimbi, oltre che (ehm) Ultimo. L’anno dopo, Baglioni mette il turbo: la prima volta di Achille Lauro con Rolls Royce, Ex-Otago, Ghemon, Motta, Livio Cori (con Nino D’Angelo), The Zen Circus, tutti nello stesso anno, mentre il meccanismo della gara porta tra i big (e alla vittoria assoluta) Mahmood.

Ama Indie

Amadeus nel 2020 impara la lezione e spinge fortissimo sul pop contemporaneo con cast sorprendenti: da Anastasio e Junior Cally ai Pinguini Tattici Nucleari, Rancore e… non so se ne avete sentito parlare… un certo Bugo, in duetto con Morgan, mentre Levante arriva alla categoria dei grandi soltanto dopo aver già fatto un Forum e un X Factor. Nei giovani, invece, troviamo Fasma e gli Eugenio In Via Di Gioia.

L’anno dopo l’attenzione è alle stelle per il Sanremo senza pubblico: trovano spazio nei big ancora Bugo, Fulminacci, di nuovo Ghemon, Madame, gli Extraliscio insieme a Davide Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti, La Rappresentante Di Lista, i Coma_Cose e il ritorno de Lo Stato Sociale con Combat Pop ma soprattutto con una splendida cover di Non È Per Sempre dedicata ai lavoratori dello spettacolo.

Colapesce e Dimartino invece a Sanremo 2021 ci vanno per chiudere in grande stile il progetto de I Mortali, non sanno che Musica Leggerissima gli esploderà in mano. Ormai il dado è tratto. Anche gli alternativi veri non possono ignorare più la kermesse. Gli ascoltatori più basic, invece, storcono meno il naso, si fidano quando compaiono i nomi di Dargen D’Amico, di Ditonellapiaga e addirittura di Giovanni Truppi o il ritorno in grande stile de LRDL. Che tutto questo sia un bene, sia un male, o non sia nulla, lo lasciamo decidere a voi.  

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L'articolo Breve storia della famigerata Quota Indie a Sanremo di Marco Mm Mennillo è apparso su Rockit.it il 2024-02-09 10:13:00

Tag: Sanremo

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