La storia del reggae italiano raccontata da Bunna degli Africa Unite

Bunna ci spiega cosa è successo dagli anni '80 ad oggi. Un racconto decisamente appassionato dedicato a tutte quelle band che hanno formato e trasformato il reggae nel nostro Paese

Bunna Africa Unite Bonino
Bunna Africa Unite Bonino

Riassumere quasi quarant'anni di musica non è facile. Inizialmente avevamo chiesto a Bunna - storica voce degli Africa Unite, di cui potete scaricare il gratuitamente il nuovo album, "Il punto di partenza" - di selezionarci alcuni video che potessero tracciare un breve riepilogo di cosa è successo dagli anni '80 ad oggi. Lui, invece, è decisamente sceso più nel dettaglio: ecco un racconto appassionato dedicato a tutte quelle band che hanno formato e trasformato il reggae nel nostro paese.

 

Gli inizi:
1980/1990
Agli inizi degli anni ‘80 la scena reggae italiana era veramente povera. I gruppi di quel periodo che si dedicavano al genere nelle sue diverse sfaccettature si potevano quasi contare sulle dita di una mano.
Mi viene naturale cominciare l'elenco con gli Africa Unite. Nel 1981 io, Mada e Rascal (lo pseudonimo del nostro batterista di allora), cominciavamo a suonare il reggae, seguendo come modello la musica di Marley. Di lì a poco (1984) facevamo uscire un demotape con 4 brani inediti che sarebbe stato seguito dal primo album originale ("Mjekrari") del 1987. È l'inizio della nostra storia, che fortunatamente continua ancora oggi con 16 dischi all'attivo e migliaia di concerti.

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Negli anni ‘80, oltre al Piemonte, nostra terra di origine, anche in altre regioni il reggae stava facendo innamorare altri musicisti.
Un documentario che ben rappresenta e racconta quel periodo per quanto riguarda la Puglia è "Rockman". "Rockman" è un progetto/documentario di Tommaso Manfredi interamente dedicato alle origini del reggae in Puglia e alla storia di un personaggio cruciale, Militant P, voce e chitarra degli Struggle e fondatore di quell'ensemble che sarebbe poi diventato i Sud Sound System. Come si vede nel documentario, altre formazioni importanti nel reggae pugliese e italiano di allora, sono state i baresi Different Stylee, formazione che con Mimmo Pizzutilo, Antonella di Domenico (già Rosapaeda), ed altri, proponevano uno stile dub molto Uk mixato abilmente da Amedeo Vox. video frame placeholder

ed i Suoni Mudù:

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Contemporaneamente in Sicilia c'erano i Jah Children Family, che proponevano un reggae ed uno stile di vita molto legato alla cultura rastafariana.

In veneto i Puff Bong, primo gruppo italiano ad avere fatto un disco nel 1986 prodotto da Gianni Galli (giornalista savonese, fondatore della fanzine Ital Reggae).

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Dalle ceneri di questo progetto, qualche anno dopo, nel 1989 nasceranno i Pitura Freska.

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Sempre dalla laguna non possiamo non citare i Radio Rebelde:

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Nel frattempo a Milano, Papa Winnie proponeva il suo reggae sicuramente con un'attitudine pop e internazionale:

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Per quanto riguarda gli anni ‘90, non possiamo prescindere da tutti quei gruppi che sono nati da quel movimento politico/sociale denominato Posse. Il movimento delle Posse, soprattutto in ambito musicale, si sviluppa in territori underground come i centri sociali ed ha come fine ultimo il fatto di riappropriarsi di un linguaggio antagonista, antifascista che tratti di tematiche sociali e politiche utilizzando la musica reggae, raggamuffin e rap per prendere posizioni e lanciare dei messaggi.
In questo momento nascono gruppi come i 99 Posse che direttamente dal centro sociale Officina 99 hanno continuato, in questi anni, a portare avanti un discorso di militanza senza riserve e nello stesso tempo ad ottenere ampi consensi sia dal pubblico che dalla critica.

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O ancora i Bisca:

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Sarebbe un errore, a questo punto, non citare progetti molto importanti per quegli anni ma decisamente più vicini al rap, come AK47, Onda Rossa Posse, Assalti Frontali o Sangue Misto. Rimanendo in ambito reggae i Villa Ada Posse raccontano con un loro stile raggamuffin situazioni di vita e problematiche legate al quotidiano dei giovani affrontando tematiche relative alla liberalizzazione della marijuana, alla politica ma senza tralasciare canzoni d'amore e di totale disimpegno. Il tutto con un linguaggio esplicito e intriso di intelligente ironia. video frame placeholder

E chiaramente non si può parlare di reggae in Italia senza parlare dei One Love Hi Powa, sound system romano che negli anni è riuscito a vincere diversi clash anche a livello internazionale. Qui sotto un breve documentario per saperne di più, dalle parole di Lampadread (uno dei fondatori del sound) ci raccontano l'evoluzione di un sogno che negli anni è diventato realtà.

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In tutti gli anni ‘90 abbiamo assistito ad un proliferare di gruppi che proponevano il reggae nella sua veste più classica e anche nello stile reggamuffin. Ad esempio non possiamo dimenticare Papa Ricky che col suo cantato in rima salentino infuocava, come facevano i djs giamaicani, le dancehall di tutta Italia

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I Reggae National Tickets hanno sempre portato avanti un discorso legato al reggae roots cercando di contaminare la loro musica con degli elementi pop. Tutto quanto, a mio parere, ben riuscito. Tra l'altro il cantante Stena nel 2000 lascerà l'Italia alla volta della Giamaica dove darà vita più tardi a quell'artista che è riuscito ad imporsi a livello internazionale che è Alborosie.

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I Sud Sound System, gruppo che dagli esordi ha sempre continuato a proporre reggae di qualità, mischiando la cultura ed il linguaggio del Salento a ritmi che nulla hanno da invidiare alle produzioni giamaicane. Ancora oggi producono dischi che parlano di amore e di lotta, raccogliendo grandi consensi di pubblico.

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Il Generale, da Firenze, ci propone il suo reggae carico di messaggi di lotta, usando sempre un linguaggio mai scontato o sloganistico. 

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Jaka, appartenente anche lui alla scena reggae fiorentina, ha continuato in questi anni a proporre il suo reggae con una particolare attenzione anche all'utilizzo del dialetto siciliano, anche qui, cercando di usare la musica per dire delle cose.

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I Ganjamama gruppo dell'ambiente milanese con all'attivo due dischi, hanno sempre avuto un approccio fedele al genere e con un grande lavoro di scrittura ricercando melodie e ritornelli che rimanessero impressi.

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È dei primi anni ‘90 anche la nascita di una formazione inusuale. Loro erano i Bluebeaters che, capitanati da Giuliano Palma, si proponevano come supergruppo con elementi provenienti da Casino Royale, Africa Unite e Fratelli di Soledad. Per quanto riguarda la musica si percepiva un attaccamento particolare allo ska original giamaicano degli anni ‘60. Ma la loro missione era, oltre a proporre brani classici, quella di cercare di dare una veste ska a tutto un repertorio, anche moderno, lontano dal genere.

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Ultimo ma non per importanza gli Almamegretta gruppo che ha visto la luce verso la fine degli anni ‘80, ma che ha cominciato a conoscere la popolarità, a livello nazionale, con l'ingresso nel gruppo di Raiz nel 1991. La loro musica è sempre stata un mix di reggae dub con una forte influenza mediterranea il linguaggio si può dire sia sempre stato un giusto alternarsi tra il dialetto napoletano e l'inglese

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 A questo punto passerei ad elencare le situazioni, a mio parere, importanti per la scena reggae italiana dal 2000 in poi. 

Comincerei da Alborosie che, come già dicevo parlando dei Reggae National Tickets, nel 2000 parte per la Giamaica consapevole di tutte le difficoltà che potrà incontrare un artista italiano che va nella terra del reggae per cercare di vivere sulla sua pelle quella cultura e quella musica con l'intento, un giorno, di essere lui stesso a proporre al mondo la sua musica consapevolmente. Quel giorno è arrivato. Il suo talento, che già si percepiva quando ancora era Stena, lo ha fatto diventare un artista reggae internazionale di riferimento. A tal punto che il suo successo ha segnato un punto di svolta anche per il reggae italiano.

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Un gruppo che mi spiace veramente che non continui la sua attività ma che sicuramente ha fatto un lavoro eccezionale sono stati gli Smoke, capitanato da Ale Soresini (già batterista dei Reggae National Tickets) & friends che aveva un'attitudine molto particolare a sé stante. La loro musica non era semplicemente reggae era musica che partiva dal reggae per contaminare e farsi contaminare dal funk dal soul da tutta la black music. Il loro disco “Routes” con il cantante Sean Martin è un capolavoro.

Dall'isola di Sardegna, dal 2004, suonano e cantano il loro reggae i Train to Roots, che ancora in attività si possono considerare tra le realtà più attive della scena italiana, essendo spesso ospiti dei vari festival e happening che propongono la musica in levare. 

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 Continuando l'elenco degli artisti che stanno facendo la nuova storia del reggae italiano parlerei di Raphael, un talentuoso artista che viene dalla scena savonese e che sta, anno dopo anno, facendo il suo lavoro di posizionamento nel panorama italiano ed internazionale. Un artista con i piedi per terra che sa quello che vuole ed è consapevole di avere gli strumenti per ottenerlo. 

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Siamo arrivati a parlare degli ultimi anni. Il livello è sicuramente molto alto. Mama Marjas è una di quelle cantanti che se la senti una volta non la dimentichi più. La sua voce e il suo modo di porsi sul palco, fanno di lei una delle cantanti, della scena reggae nostrana, più interessanti. La sua espressione musicale non si limita solamente al reggae ma, coadiuvata dal suo produttore Ciccioman (Love University), esplora anche altri territori della musica caraibica come ad esempio la Soca, alternando liriche in inglese ed in tarantino.

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Il dopo Alborosie ha visto, come già accennavo in precedenza, nascere dei progetti musicali che vogliono rivolgersi ad un pubblico europeo, internazionale per questo fanno largo uso del patwa giamaicano che ormai si può considerare la lingua ufficiale del singjay style (un misto tra un cantato melodico ed un raggamuffin), che ha riscosso grande successo soprattutto nelle nuove generazioni riportando in auge il roots, inizialmente considerato un po' troppo datato, e il bashment (genere derivato dalla dancehall ma più esasperato nel ritmo e con quasi assenza di armonia, con testi prevalentemente machisti ed omofobi). 

Tra tutti i gruppi della nuova generazione, quelli che stanno ottenendo più consensi anche a livello internazionale, sono i Mellow Mood, giovanissimo gruppo capitanato da Jacopo e Lorenzo Garzia (fratelli gemelli) che hanno, con il loro talento, saputo trovare la strada giusta per raccogliere consensi sia per la scrittura che per le loro capacità vocali.

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In Puglia dove la tradizione del reggae continua, negli ultimi anni si è fatto strada un gruppo che sta ottenendo ottimi risultati di critica e pubblico. Loro sono i Boom Da Bash, gruppo che raccogliendo gli insegnamenti e l'eredità del reggae salentino ha trovato il modo per coniugare il dialetto con il patwa giamaicano scrivendo canzoni che coinvolgono per le loro melodie e mischiano lo stile reggae giamaicano con influenze soul e flow hip hop.

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Continuando, Piero Dread, già frontman, insieme a Roddy nei Franziska (gruppo milanese vincitore dell'European Reggae Award nel 2007) ha trovato la sua strada proponendosi come cantante solista e facendosi notare per la sua versatilità canora. 

video frame placeholder Ultimo ma non per importanza, Lion D che dopo anni di militanza al seguito di diversi Sound System ha, nel 2015 realizzato, supportato da Leo Bizzarri e la sua crew, il suo primo lavoro solista prodotto nientemeno che da Alborosie nel suo studio di Kingston.

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Comunque quando si parla della storia del reggae italiano ci sono situazioni, che non sono gruppi musicali, che per il loro apporto non possono essere dimenticate. Mi limito a fare solamente un elenco, essendo fin d'ora sicuro che mi dimenticherò di qualcuno.

- Le fanzine della prima ora:
 Ital Reggae a cura di Gianni Galli e tutta la Savona Posse, Rebel Soul a cura di Mimmo Superbass e la posse di Bari con a capo i Different Stylee. Se vi interessa questo è il link per scaricarne un estratto.  
Il magazine Rasta Snob, curato da Steve Giant, ancora attivo, che continua a promuovere eventi e musica su tutto il territorio.


- Gli shop:
Concerko di Mirko Melanco (negozio di mail order di Belluno)
Good Stuff di Marco Provvedi e Fernando Pallone (distributore di dischi reggae di Roma)
One Love (negozio di dischi,etichetta e distributore di Roma della One Love Hi Powa Massive con anche una sede a Kingston)
Jahmekya (negozio e e-shop di Milano)

- I programmi radiofonici:
Reggae Radio Station a Milano curata da Vito War, sul circuito di Popolare Network che divulga e promuove musica reggae internazionale e no con un occhio di riguardo ai gruppi emergenti italiani.
Soulshakedownparty, programma condotto da Piertosi da Radio Città Fujiko di Bologna che ci tiene sempre aggiornati su tutte le uscite red gold and green.
Bongoman dalle frequenze di Controradio di Firenze. Il Jaka diffonde buone vibez selezionando il meglio delle proposte giamaicane e anche nostrane.
Il Don Ciccio Reggae Show è sicuramente il programma reggae più ascoltato nel sud Italia. In onda sul circuito di CIccioriccio (network radiofonico), Ciccioman alterna, in ogni appuntamento, un lavoro da selecta (selezionatore) e da intrattenitore che racconta storie di musica e non solo.

I festival:
Uno su tutti il Rototom Reggae Sunsplash che dal 1994 fino al 2009 ha portato in Italia i maggiori esponenti della musica in levare ed ha sicuramente contribuito alla crescita artistica e numerica della scena reggae italiana.
Dal 2010 si è dovuto forzatamente trasferire in Spagna a causa di un cavillo (Bossi-Fini) per il quale risultava un festival fuorilegge. In quanto essendo la musica reggae, per cultura, promotrice dell'uso della marjuana un festival reggae risultava illegale. Fortunatamente quest'anno gli organizzatori sono stati considerati tutti innocenti, ma difficilmente torneranno in Italia.

 

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L'articolo La storia del reggae italiano raccontata da Bunna degli Africa Unite di Bunna è apparso su Rockit.it il 2015-09-10 13:30:00

COMMENTI (14)

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  • vannispanu 8 anni fa Rispondi

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  • lionelnadir_rodriguez 9 anni fa Rispondi

    Veramente impagabile questa informazione per conoscere tutte le robe. Grazie mille

  • turillo81 9 anni fa Rispondi

    Big UP per Bunna!!!!! Se si parla di storia del reggae in Italia i Calura non possono non essere menzionati. Bless & Love!!

  • turillo81 9 anni fa Rispondi

    Big UP per Bunna!!!!! Se si parla di storia del reggae in Italia i Calura vanno non possono non essere menzionati. Bless & Love!!

  • reggaevibez 9 anni fa Rispondi

    RADICI NEL CEMENTO, SHAKALAB, KRIKKA REGGAE, JOVINE.. se si parla di reggae in Italia non possono e non devono mancare.

  • ivan924 9 anni fa Rispondi

    Noi ci stiamo mettendo il nostro Reggae.....Marvanza, youtube.com/watch?v=gEczFv-…
    Bless

  • bocions 9 anni fa Rispondi

    MA I RADICI NEL CEMENTO DOVE STANNO ??????

  • rmc.promotion 9 anni fa Rispondi

    Potreste "sfruttare" le dimenticanze di questo articolo, per parlare del "vostro" reggae italiano. Ad esempio c'erano i Dread Ina Babylon da Foggia che hanno portato il rastafarianesimo e la Cultura del reggae nella loro zona. O la mitica Chop Chop Band da Barletta. Poi i Mandala da Roma, gli Scamnum e i Mama Roots da Brindisi.

  • italopatella 9 anni fa Rispondi

    Vorrei portare il mio contributo menzionando i Bandaloska, reggae band lodigiana che tra il 1994 e il 1998 ha suonato in giro per il nord Italia. Bandaloska, fondati da Ale Soresini, dove ha suonato fino al trasferimento ai Reggae national Tickets.
    Alcuni brani li trovate ancora su Youtube, riconoscibili dalla copertina raffigurante un bidone verde/giallo/rosso pieno di strumenti. "Strana Energia il loro CD autoprodotto che conteneva il brano Aria Dub menzionato da Vitowar come miglior brano reggaae dub del 1996.

  • marmopasquale 9 anni fa Rispondi

    Shakalab, tutto il movimento dub da Mao anbessa a di un all sound, Rnc, bovine, krikka reggae e tutti i sound che si sono fatti il filo a diffondere le vibes in levare and Many others...forse troppo poco spazio