Dove prima nessuno ascoltava i Sonic Youth, ora in tanti ascoltano Vasco Brondi

Siamo stati all'Arci Meca di Ferrara per la data zero – "il mio auto-sabotaggio" – del tour di "Un segno di vita", il nuovo disco di Vasco Brondi. Tra palazzoni grigi e prof del liceo in platea, abbiamo visto come un disco prende vita tra le persone. Nella più profonda e "sonica" delle province

Tutte le foto sono di Sara Tosi - Arci Officina Meca
Tutte le foto sono di Sara Tosi - Arci Officina Meca

"Alla fine il momento più atteso del festival: luci bassissime, concerto incredibilmente intenso, alterna momenti di apparente quiete a momenti di delirio. Lui ipnotizzato dalla sua stessa chitarra e intorno i rumori selvaggi, i tamburi del suo batterista". Così cantano, anzi leggono, anzi declamano, in un loro vecchio pezzo, che parla di musica live e di chi la deve raccontare, i Tre allegri ragazzi morti, una band che nella carriera dell'artista in questione ha avuto un certo peso (anzitutto discografico). 

È l'ultima cosa a cui ho pensato durante l’esibizione di Vasco Brondi, anzi il secret show, anzi la prova generale del suo nuovo e imminente tour, data sabato 23 marzo nel piccolo club Arci Officina Meca di Ferrara. Eravamo ai piedi dei palazzi cittadini anneriti dallo smog, nella sua città, e quella era la data zero del tour di Un segno di vita, album pubblicato il 15 marzo da Carosello, che, in caso non fosse chiaro, è un gran bel disco, diverso dai precedenti, più pop ma non per questo meno coraggioso e ispirato. 

Siamo tutti con un piede verso la porta, quando il live di Vasco si conclude con una coda lunghissima del brano Nel profondo Veneto. Uno strascico che trasforma la batteria in un «tamburo», un ritmo tribale, profondo e sensuale che ci mette con le spalle al muro e ci porta a danzare con le palpebre abbassate, consapevoli che fra noi, pubblico rapido e fortunato a sufficienza a trovare il biglietto prima del tutto esaurito, vige un tacito accordo: "Non lo diremo a nessuno".

Prima di suonare davanti a 200 persone fitte, Vasco, l'artista un tempo (molto) noto come Le luci della centrale elettrica ha incontrato i fan al teatro di Ferrara per parlare dei temi letterari e filosofici contenuti del nuovo disco. "Questo album è pieno di fuochi e di incendi", gli ha fatto notare Martino Gozzi della Scuola Holden, sul palco con lui per presentarlo. Vasco ha spiegato che in parte è un effetto della triste esperienza di aver assistito, nell’estate del 2023, in concomitanza del suo concerto al Tempio di Segesta, alla distruzione provocata dagli incendi siciliani. Dall’altra che si tratta di un rimando a una condizione interiore, di una forza che puoi avvertire dentro di te e da cui non bisogna farsi spaventare.

È sempre una questione di luce, dopotutto, ha continuato Vasco: di prendere un accendino o una torcia e andare in cantina, entrare nella stanza che ci fa paura. "La musica a cui sono interessato parte dal centro e sale a sondare il mistero", ha detto il musicista, dando in pasto agli ascoltatori una definizione profonda e ambiziosa.

Martino Gozzi, ferrarese come lui, ha fatto notare che, anche se nel diario di Un segno di vita (pubblicato insieme al disco) l’artista è molto spesso in viaggio, la connessione con la città d’origine rimane molto forte. È stata l’occasione per Brondi di rievocare i luoghi in cui si è formato, come il locale Renfe: qua per la prima volta ha utilizzato il nome Le luci della centrale elettrica. Oppure le band locali underground di culto per lui e la sua generazione di amici: gli Strike e gli Impact. Oppure, ancora, il vecchio (e scomparso) centro sociale Dazdramir, "in cui all’ingresso c’era un cartello che per me è stata una lezione: 'Porta quello che vuoi trovare'".

A testimonianza della continuità del percorso di Vasco Brondi, la figura di Davide Toffolo non è mai sparita dai suoi pensieri, anzi gli è stata preziosa per presentare al pubblico i membri della band che lo accompagna in tour e al contempo scherzare a proposito degli anni che passano. "In un suo fumetto Toffolo ha scritto 'che un bel giorno il più giovane della ciurma si risvegliò che era il più vecchio'. Anche io fino a un certo punto ero sempre il più piccolo. Adesso se mi giro insieme a me ci sono dei musicisti che hanno 15 anni in meno eppure sono adulti". Il riferimento era per Clara Rigoletti (tastiere, violini, cori) e Carlo Maria Toller (tastiere, basso e cori), giovani ma con sufficiente carattere per suonare una Cosa sarà di Dalla-De Gregori non programmata ("l'abbiamo provata una sola volta") insieme al resto della "ciurma" composto da Andrea “Cabeki” Faccioli (chitarre e cori), Riccardo Onori (chitarre) e Niccolò Fornabio (batteria).

Prima di attaccare con la cover, Vasco Brondi si fa largo con lo sguardo tra il pubblico, cerca di capire in quanti la possono conoscere. "Potete prendere in mano il telefono, come adesso farò io, e andare a cercare il testo su Google per questo momento karaoke". Si sbilancia: "Ma voi lo conoscete questo pezzo. Ci sono volte che suono davanti a delle persone che quando io facevo uscire Canzoni da spiaggia deturpata, così a occhio, avevano zero anni. Stasera non mi sembra di vederne". In effetti le prime file sono occupate da persone che hanno l’età di Vasco e che alzano le mani in cielo quando possono cantare a squarciagola: "Eri tu che ascoltavi i Sonic Youth e gli Smiths, solo tu ascoltavi i Sonic Youth in quel paesino del sud".

Delle nuove canzoni ce n’è una in particolare che porta Vasco a spalancare gli occhi: Fuori città. Il ritornello è tutto un grido: "Non è uno schermo, è la realtà. Non puoi attenuare la luminosità". Brondi barcolla sul bordo del palco e sembra sul punto di tuffarsi, ma è ancora troppo presto. Dopotutto questo concerto è solo un’anticipazione, "un auto-sabotaggio", come dice lui. "Stasera siamo fra amici", aggiunge. E in effetti un po’ indietro nelle
file, discreti, troviamo figure intimissime: suo fratello, per esempio, gestore del mitico Korova Milk Bar di famiglia, in centro città, o addirittura un vecchio professore di Vasco.

Continuando a misurare la temperatura dei nuovi pezzi, Incendio è una delle canzoni che i presenti hanno già imparato a memoria. "Portami
con te, tu prendimi. Sarò un incendio nelle tue abitudini" è un ritornello che piace all'istante, come dimostra questa serata (che serve anzitutto a testare le reazioni del pubblico in vista del tour) semplice da ricordare e con una melodia accattivante. Un esempio pratico di quello che Vasco Brondi chiama "pop impopolare".

Altri pezzi paiono scaldare meno, ma è tutto in fase di rodaggio. Interessante da segnalare, infine, la veste con cui è stata presentata Cara catastrofe (pezzo del 2010, dal secondo album delle Luci): una miscela del testo originale con frammenti delle Canzoni da spiaggia deturpata e liriche con un retrogusto molto diverso, più industriale e arrabbiato, dalle ultime pubblicazioni.

Dopo il concerto a sorpresa nella sua Ferrara, Vasco Brondi non ricomincerà a "costruire labirinti", ma dal 5 aprile andrà in tour, visitando quattordici città in un mese. Vi consigliamo di dare "un segno di vita".

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L'articolo Dove prima nessuno ascoltava i Sonic Youth, ora in tanti ascoltano Vasco Brondi di Emanuele Gessi è apparso su Rockit.it il 2024-03-25 20:55:00

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