Descrizione

Di nuovo un’isola nel destino dei Blessed Child Opera. Tre anni fa era stata la Sardegna a ispirare le canzoni di “Fifth”, ora è la Sicilia l’epicentro creativo e produttivo di “The Darkest Sea”, il sesto disco della creatura di Paolo Messere. Quasi che l’insularità sia diventata per il musicista napoletano una condizione psicogeografica imprescindibile, guscio in cui ritirarsi per permettere a pensieri, emozioni e memorie sedimentate nel tempo di decantare e trasformarsi in musica.

Concepite nel dicembre 2012 vicino Trapani, con gli echi immaginati di percussioni e canti africani in lontananza e di fronte a un mare infinito e vagamente sinistro, e registrate/mixate/masterizzate in una sola (piovosa) settimana presso l’Eye & Ear Studio di Giuseppe Barbera a Fiumedinisi (ME), le dieci tracce di “The Darkest Sea” si susseguono tese e compatte, senza soluzione di continuità né cedimenti. Il sound è secco, diretto, privo di fronzoli, costruito sull’interazione tra acustica ed elettrica – suonate, oltre a Messere, dall’ottimo Carmelo Amenta - e sui saliscendi emotivi che la loro alternanza o convergenza crea. Esemplari in questo senso gli improvvisi squarci sonici posti nel cuore di I Had Removed Everything e In The Morning (I do upset the plans), ad interrompere una calma solo apparente; i lunghi finali, in catartico crescendo, di Misunderstood e Blindfold (un marchio di fabbrica dei BCO, i finali) o l’enfasi swansiana di I Look At You (but I already know your answer); così come il ripiegamento interiore sul finale di 45 Near The Sea, il “singolo” da cui è stato tratto il primo video nella ultradecennale storia della band, che sembra voler sciogliere la tensione in una rassegnata accettazione del dolore.

Per songwriting e pasta timbrica “The Darkest Sea” è forse il meno inglese e il più americano dei dischi dei BCO, i toni sono più minacciosi (quasi apocalittici) che malinconici, fatta eccezione per la delicata Friends Faraway; la base ritmica (alla batteria Marco Sciré) è solida e incalzante e la vocalità del leader più amara che in passato. Il consiglio è di ascoltarlo tutto d’un fiato. Per poi unirsi ai lunghi ed emblematici respiri cui Messere si lascia andare in coda a December Wind, traccia che chiude l’album sancendo l’ennesimo centro di un percorso artistico coraggioso e integro, noncurante di mode e trend del momento. A proposito di insularità...

Credits

Paolo Messere: vocals, acoustic and electric guitars, bass, backline vocals, banjo, electronics
Carmelo Amenta: acoustic and electric guitars, bass, backling vocals
Marco Sciré: drums and percussions

Additional guests:
Matteo Anelli: drums of Friends Faraway
Giuseppe Barbera: drum machine treatment on December Wind

All songs written by Paolo Messere
Recorded, mixed and mastered by Paolo Messere & Giuseppe Barbera @ Eye and Ear Studio Fiumedinisi (Me)
Artistic production: Paolo Messere

Drawings: Felice Roscigno

Line up dal vivo:
Paolo Messere: vocals, acoustic and electric guitars, electronics
Olivier Manchion (Ulan Bator, Permanent Fatal Error, Faust, Damo Suzuki):bass
Matteo Dainese (Il Cane, Ulan Bator): drums and percussions
Francesco De Palma (The Crystal Session) : guitars and electronics
HalldoraGalldur (The Crystal Session): electronics and vocals

COMMENTI (2)

Aggiungi un commento avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia
  • rosa.morisco.39 11 anni fa Rispondi

    il disco più originale ed ispirato del 2013 .Bravo Paolo

  • makxnoise 11 anni fa Rispondi

    Grandi come sempre, grande Paolo.