Dutch Nazari - Più dietro a un pianoforte che sopra a un beat

Dutch Nazari racconta il suo nuovo album "Ce lo chiede l'Europa".

Dutch Nazari
Dutch Nazari

Dutch Nazari lo scorso 16 novembre ha pubblicato il nuovo album "Ce lo chiede l'Europa", prodotto da Sick et Simpliciter e fuori per Undamento. Il 'cantautorapper' ce lo racconta in quest'intervista, tra le sue canzoni, l'itpop, la politica, Torino e Kanye West.

 

In senso lato questa intervista… A parte gli scherzi, il primo singolo che ha anticipato “Ce lo chiede l’Europa”, così come già “Proemio” per “Amore povero” e ancora prima “Speculation”, iniziavano tutti con la medesima frase. Il motivo di questa tua scelta?
Inizialmente non è stata una scelta programmata. Nel senso che quando ho scritto “Speculation” non avevo pianificato di iniziare altre canzoni con una frase identica. “Speculation” è stata una canzone che ha rappresentato un passaggio importante per me. Ma procediamo con ordine: io ho iniziato a fare rap intorno ai 15/16 anni, a Padova avevo una crew con la quale collaboro ancora oggi, la Massima Tackenza, e con loro ho mosso i primi passi, i primi featuring, i primi pezzi solisti. La cosiddetta gavetta. Quando io e Luca (Sick et Simpliciter) ci siamo avvicinati musicalmente, lui faceva musica elettronica senza parti vocali particolarmente elaborate, così come in un certo senso io facevo pezzi rap senza parti musicali particolarmente elaborate. “Speculation” infatti, prima che io ci scrivessi sopra, nelle sue intenzioni era già una canzone fatta e finita. Io ci ho scritto sopra un testo. Quando ho registrato "Speculation" mi è parso per la prima volta di avere in mano una proposta artistica che non fosse solamente valida ma anche personale, che si distinguesse dalle altre ma allo stesso tempo mi rispecchiasse. Come a dire: forse avevamo finalmente trovato la nostra direzione. Questo per farti capire l'importanza di quel brano nel nostro percorso. Così poi, quando stavo scrivendo l'intro di “Amore Povero” (“Proemio”), mi è venuto da richiamarla, iniziandolo con la stessa frase che ora è diventata un po’ il mio marchio di fabbrica, un aspetto caratteristico.

C’è anche una specie di concept che lega i video?
È un altro aspetto che è partito senza pianificazioni da "Speculation", e poi ha preso la forma del “pacchetto completo”. Come dicevo, una costante di queste canzoni è il fiume di parole (e di immagini) che va di tema in tema, accennandone molti ma senza approfondire. Da qui l'idea di un'inquadratura ferma e la mimica molto didascalica che accompagna le parole. Nel video di “Speculation” avevamo messo una poltrona in un bosco innevato. Questo ci ha portato a rilanciare in “Proemio” mettendo due poltrone su una montagna. Di conseguenza quando dovevamo decidere dove ambientare il video di “Calma le onde”, è venuta da sé l'idea di farlo in mezzo al mare.

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L’ultima volta che ti ho intervistato ti presentavamo come uno dei più particolari interpreti del rap nazionale, e abbiamo discusso in merito alla definizione di “cantautorap”. Non sto dicendo che questo non sia un album hip-hop, ma è sicuramente un disco ancora più cantato del precedente, più melodico. Se non sbaglio, a differenza dei lavori passati, non canti mai in un’altra lingua, inoltre, la citazione di Contessa, l’allusione alla svastica sul muro… Ormai fai a tutti gli effetti parte di quel gran mischione che chiamiamo itpop e che comprende anche tanti rapper?
Itpop forse è una definizione un po’ estrema, non perché non mi piaccia il contenitore - come sai sono un grande estimatore, ad esempio, di Giorgio Poi – è un ambiente musicale che in parte apprezzo molto, ma cantautorap è un termine che ho sempre trovato coerente. Artisticamente, abbattere i confini fra questi due generi è uno dei miei obiettivi. Ma da quando è uscito “Amore Povero” ad oggi credo che tutto il rap e la scena in generale abbiano fatto un grande passo avanti nell’abbattimento delle ideologie di genere. I confini sono molto più labili, prendi ad esempio Generic Animal: possiamo definire la sua musica trap ma ha una figura anche molto assimilabile a quella di un cantante cosiddetto indie. Per quanto riguarda me, diciamo che se "Amore Povero" era un disco nel quale volevo dimostrare che un rapper potesse anche essere cantante, con questo disco vorrei portare avanti l'idea che un cantante possa anche rappare. Ovviamente non mi sto inventando nulla, nel panorama musicale di oltreoceano questa cosa è data per scontata già da tempo, ma in Italia ancora mi fanno le interviste chiedendomi com'è sta cosa che rappo ma non ho i tatuaggi in faccia. Inoltre credo che l'evoluzione stilistica di “Ce lo chiede l’Europa” sia conseguenza anche delle modalità differenti con cui è stato composto, più dietro al pianoforte che sopra a un beat pre-prodotto.

Quindi non ti offendi se dopo quest’album posso affermare senza remore che sei il Samuele Bersani del rap?
Sarei curioso di sapere in quali canzoni te l’ho ricordato ma figurati se mi offendo, anzi: sono cresciuto ascoltando le sue canzoni.

In “Proemio” avevi sollevato il problema delle canzoni d’amore, in “Calma le onde" quello delle canzoni di protesta. Molte tematiche sono spesso ricorrenti nei tuoi testi: la deriva della sinistra, il precariato, i giovani costretti a emigrare all’estero… Nella scorsa intervista mi parlasti d'ideologie e post-ideologie in merito alla vacuità dei valori della politica moderna. Ciò nonostante, pur non avendo mai scritto una canzone di protesta vera e propria, sei certamente da considerare alla stregua degli autori impegnati?
Dipende sempre dal significato che si vuole dare al termine impegnato, molti temi politici in realtà sono temi d'attualità e i miei testi parlano principalmente di ciò che mi circonda. Sinceramente, non mi sentirei nemmeno a mio agio ad assumere le vesti del cantautore schierato e detentore delle verità che deve indicare la retta via. I miei sono versi che descrivono la realtà per come la vedo. Mi piacerebbe che si potesse parlare di tutti gli argomenti senza cadere nella logica delle squadre, del “se dici questo allora sei di questa squadra qui e quindi sei contro quella squadra lì”.

Però, se penso a canzoni come “Porta Palazzo”, il tuo sodale Willie Peyote si è palesemente schierato contro i 5 Stelle. Cioè, come ci spieghi la frase di Contessa?
Ma la storia di Willie è vera, quello era veramente un suo ex compagno di classe. In merito alla rima su Contessa: ioi sono cresciuto in un periodo in cui il disco d'oro lo facevano i 99 Posse. A quei tempi c’era talmente tanta politica nella musica che non ci si accorgeva di come alcuni artisti “pop” e spesso recepiti superficialmente da molti ascoltatori fossero in realtà autori veramente schierati, penso ad esempio a Daniele Silvestri, che nel suo repertorio poteva serenamente alternare "Occhi da orientale" (pezzo pop d'amore) e "Cohiba", un inno a Cuba. Sono cambiate le generazioni e i linguaggi, la furia militante di un tempo ha lasciato spazio a una generale disillusione, a un diffuso disinteresse che porta a rifugiarsi nell'ironia, nel sarcasmo in pillole. Non è un caso che la forma di comicità di maggior successo sia il meme. Io questa cosa, come tante altre, un po' la sento mia, e un po' la critico. E allora “Guarda mamma senza money”, gioco di parole caciarone dietro a cui si nasconde forse il testo più politico del disco nuovo.

In questo senso, io vi definisco come “I rapper di Hipster Democratici".
Beh ma io con loro ci volo tantissimo, hanno sempre una chiave di lettura interessante per ogni situazione politica rilevante. E pur se con delle tonalità più leggere è un modo come un altro per informare la gente, per farla ragionare e proporre dei contenuti. Se esce un meme loro e non lo capisco, so che devo andare a informarmi perchè si vede che nel mondo è successo qualcosa che vale la pena di approfondire (così posso anche ridere capendo il meme).

Però anche il titolo sembra avere un’allusione politica.
È un album che ruota molto intorno all’idea d’Europa, agli expat, come dicevi tu, alla politica. Ma con "l’Europa ce lo chiede” vorrei proprio indicare una nuova generazione, una generazione che ha fatto l’Erasmus, che ha studiato all’estero e magari si è innamorata in un‘altra lingua del mondo.

Quindi anche la copertina -che io non so per quale motivo pensavo fosse ambientata a Lignano Sabbiadoro- nasconderà qualche metafora…
Assecondando il titolo dell’album volevamo dei ragazzi giovani che abitassero fuori dall’Italia, lontani da casa. Avevamo questi amici a Bruxelles che avevano degli altri amici del posto e di altre nazionalità che si sono prestati alla situazione. Quella foto è stata scattata in un piccolo paesino chiamato Blankenberge, sulla costa a nord del Belgio. È una foto allegorica: su una spiaggia un gruppo di ragazzi di varie nazionalità sorridono e si divertono mentre alle loro spalle incombe un ecomostro e il cielo è nuvoloso.

All’uscita di “Amore Povero”, se non sbaglio, non ti eri ancora trasferito a Torino, città che invece è entrata di prepotenza nelle canzoni del tuo ultimo lavoro.
In realtà mi sto già trasferendo un‘altra volta. A Torino sono stato un anno, scherzando con i miei amici dico di averci fatto l’Erasmus. A Torino mi sono trasferito perché ho delle persone di riferimento che ci abitano, primi tra tutti Willie Peyote e Alessandro Burbank. In più è una delle mie città preferite in Italia. Ho abitato in un piccolo appartamento a cui mi ero molto affezionato, un monolocale: dalla finestra si vedeva Superga. La città è entrata nella mia quotidianità e inevitabilmente nelle mie canzoni. Sono stato un po’ costretto a trasferirmi a Milano, tra il tour e le volte in cui dovevo andare all’Undamento, alla fine pagavo l’affitto per una casa in cui magari passavo due giorni a settimana.

Come ti avevo già detto, questo album è più cantato dei precedenti, più suonato, accoglie una complessità musicale ancora più ampia. Probabilmente raccontandomi del pianoforte mi ha già parzialmente risposto, ma hai lasciato un margine d’autonomia maggiore a Sick et Simpliciter o si tratta semplicemente del risultato degli anni trascorsi insieme?
Luca è stato egualmente presente anche negli altri album, ma lavorando insieme da tempo la nostra affinità è migliorata. Certamente, la modalità di composizione differente di quest’album mi ha permesso di presentarmi di volta in volta con una bozza di armonia in testa rendendogli tutto più facile, più comprensibile. Ma sarebbe stato lo stesso se mi fossi presentato anche con un provino acustico o un paio di strofe. Luca si occupa di tutti gli aspetti del sound del nostro progetto, dalla produzione elettronica alla post-produzione, dalla cura di ogni singolo suono al suo amalgama con tutti gli altri, gli devo molto sotto l’aspetto della mia crescita come musicista, fattore che ha migliorato ulteriormente la sinergia che già esisteva fra noi due. Credo che lo step ulteriore compiuto da quest’album sia stato proprio la fisiologica maggior facilità di comprensione di Luca nei confronti delle idee che gli proponevo, e il caso più emblematico in questo senso è sicuramente stato “Così così”. Era il periodo di ultimazione di “Ce lo chiede l’Europa”, ero molto preso. Una notte ho sognato che eravamo in studio e stavamo facendo una sessione d'ascolto dei provini del disco. In particolare c'era questo pezzo che mi era rimasto in testa, e quando mi sono svegliato mi sono reso conto che quel pezzo ancora non esisteva. L’ho registrato vocalmente sul cellulare che ero ancora sotto le coperte, ormai sveglio, alla tastiera ho trovato i primi accordi e ho scritto un paio dei versi più significativi della canzone. Quando ho presentato la prima bozza a Luca, al primissimo tentativo, l’aveva sviluppata esattamente come me la ero immaginata, anzi, sognata. Evidentemente, nel sogno c’era anche lui.

Sempre durante l’intervista di “Amore Povero” mi anticipasti anche di un suo progetto?
Lui ha un sacco di musica bellissima in serbo nel suo hard disk, ma sta/stiamo ancora cercando di capire il modo migliore per farla uscire. E mentre cerca il tiro giusto, questo altro progetto nostro procede alla grande, portandosi anche via un bel po' di energie.

Gli ascolti musicali finiscono inevitabilmente per influenzare, almeno in parte, qualsiasi composizione. Cosa hai ascoltato durante la registrazione di “Ce lo chiede l’Europa”?
Sicuramente quello che ascolti t’influenza, infatti, per questo disco, nella fase di scrittura più intensa ho deciso di smettere d'ascoltare musica italiana. In generale ho ascoltato principalmente rap straniero e dintorni (leggi: black music), Anderson Paak, Kanye West… Quando parlo di dischi rischio sempre di rispondere con l’ultimo album che ho ascoltato questa mattina, ad esempio, Lomepal è un rapper francese che ritengo fenomenale. Anche l’ultimo album di Teyana Taylor mi ha fatto volare: lei esce per la label di Kanye West e ha un progetto che definirei r’n’b.

Dopo “Amore Povero” hai collaborato con Willie, con gli Era Serenase e con CRLN: come mai in quest’album non c’è neanche un featuring?
Rispetto ai miei primi lavori ho sicuramente un’autonomia maggiore. Da “Amore Povero” in poi, inoltre, ho sempre lavorato a stretto contatto con Luca. Non è che durante la stesura di “Ce lo chiede l'Europa” non ci sia stata occasione di scrivere di pezzi anche con altri, è più che al momento di comporre la scaletta ci piaceva l'idea, a 'sto giro, di fare un disco composto al 100% da noi (piccolo scoop: tra le bozze c'era un pezzo feat. Willie, ci siamo detti che comunque di sicuro non si butta via. Vedremo poi cosa ne sarà!)

Perché fra tutti gli artisti hai scelto di intitolare una canzone proprio a Mirò?
Io non sono un grande esperto di arte figurativa, mi piace vedere tutto ma non sono ferrato. Il motivo del titolo di quella canzone è, molto semplicemente, che l'idea del pezzo mi è venuta a una mostra su Mirò. In particolare, si trattava di una raccolta di opere appartenenti all’ultimo periodo di Mirò, quello di massima astrattezza, un tripudio di linee e di cerchi. Per dirla alla francese, non ci ho capito un cazzo. Ma d'altronde se sei Mirò, ti espongono in tutte le città d’Italia e d’Europa, un motivo ci sarà no?

La copertina del singolo si riferisce ai due fidanzatini della canzone o è una citazione dei Sangue Misto?
No, significa “Samantha ama Marcello”, ma scriverlo così esplicito ci sembrava troppo spoilerante rispetto al pezzo. Di questa analogia con i Sangue Misto ci siamo accorti anche noi, ma solo in seguito come battuta.

Nel tuo album precedente in “Caramelle” paragonavi il tuo smettere di fumare con la fine di una relazione. In “Lontana tu”, invece, reciti questa frase “ti penso mentre fumo”. Hai per caso ricominciato?
No, almeno non con le sigarette.

“Girasoli” è una canzone dedicata a tuo fratello, un'altra persona che ricorre più volte nei tuoi testi.
Ho un fratello maggiore che vive a Londra. Come si intuisce dal pezzo, mio fratello ha avuto una figlia, da quando è nata mia nipote ho sempre avuto l’idea di scrivere una canzone il cui ritornello suonasse come una ninna nanna. Quindi quando finalmente ho scritto il testo di questo brano, il fatto che lo spunto derivasse dalla bambina di mio fratello mi ha spontaneamente portato a parlare di quando io e mio fratello eravamo bambini.

Un’altra curiosità su questa canzone: menzioni un disco che ti ha regalato proprio tuo fratello con il quale ti sei appassionato al rap, qual’era?
Il disco era “Greatest hits” degli Articolo 31. Glielo aveva masterizzato un'amica, lui dopo aver fatto un paio di ascolti lo aveva snobbato abbastanza in fretta. Io invece mi ci ero innamorato, sapevo tutte le canzoni a memoria e mi sentivo un figo a saperle rappare a memoria senza errori. Quello è stato il primo seme che mi ha portato poi, qualche anno dopo, ad appassionarmi così tanto al rap da convincermi poi a iniziare a farlo in prima persona.

 


Dutch Nazari è attualmente impegnato in tour, di seguito i prossimi appuntamenti in cui vederlo dal vivo.

15/12/2018 Bologna - Covo

20/12/2018 Milano - Biko

22/12/2018 Torino - Spazio 211

 

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L'articolo Dutch Nazari - Più dietro a un pianoforte che sopra a un beat di Marco Beltramelli è apparso su Rockit.it il 2018-12-13 12:39:00

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