Malamore

Malamore

Gianluca Mondo

2015 - Cantautoriale, Punk, Blues

Descrizione

“Questo è un disco punk nella tradizione di Joe Strummer e Johnny Thunders”. Sarebbero sufficienti queste parole per raccontare “Malamore”, il nuovo disco di Gian Luca Mondo ad un solo anno dall'uscita del precedente “Petali”, lavoro che ha fatto conoscere il cantautore piemontese come una delle voci più vere e carnali degli ultimi anni.

“Malamore”, scritto quasi interamente di getto e registrato in tre-quattro giorni con la produzione dello stesso Carlo Marrone che aveva lavorato a “Petali”, è in ogni aspetto un disco dallo spirito totalmente punk.
Punk le canzoni, più dirette ed esplicite, con testi brevi e la consueta filigrana di blues delle origini che si fa maggiormente traballante e veritiera.
Punk l'approccio vocale, quasi sempre cantato e lontano dai talkin' blues di “Petali”, fra falsetti e un'irruenza che fa inevitabilmente rima con urgenza.
E punk anche la copertina a bassa qualità d'immagine, dove le figure rappresentate sono contornate da una luce fra il biancastro e l'azzurro. Un bagliore acido a bassa risoluzione che coincide con l'abrasiva essenzialità degli arrangiamenti (solo piano, chitarre acustiche ed elettriche urticanti, qualche grezza percussione) e l'intenzione da “buona la prima” delle registrazioni – mentre nel retrocopertina un'immagine “urlante” di Kafka Mondo (l'incredibile gatto Canadian Sphynx di Gian Luca) testimonia l'essenza primigenia di ciascuno dei brani di “Malamore”.

E' così che la title-track, presente qui nell'unica registrazione mai fatta, apre il disco come una sorta di preghiera a “una donna che ha la pelle di freddo vetro, e il suo piscio fa 40 gradi, e la lecco, la lecco davanti e di dietro”. E “Van Gogh Blues”, a dispetto del titolo, dice la sua sugli ultimi istanti di vita di Cesare Pavese. Ed è in tale modo che le altre canzoni parlano di animali e di chi li abbandona con la forza di parole infuocate di simbolismi e richiami mitici (“Canzone del Baio”), o provano a fare i conti con i ricordi belli e quelli brutti (“Ringraziamento”) o ancora dicono parole franche a chi se ne va (“Lettera cattiva”) per poi fare i conti con sé stessi e farli in una condizione di disarticolante nudità (“VagaMondo”).

Tutto questo per ribadire ancora una volta, e in tutte le sue forme, la forza salvatrice e dolorosa dell'amore, dinanzi al quale ogni canzone, anche quelle che esplicitamente non parlano d'amore, è un atto purificatorio. Come in una partita a carte dove Gian Luca Mondo – dopo essersi inginocchiato davanti alla figura sempre viva e presente di Lou Reed – sfida la Vita avendo poche carte in mano, ma con la decisione inevitabile (poiché intercostale come tutto le cose che sono vitali) di chi vuole giocarsele tutte, queste carte, fino in fondo e con la massima intensità. Perché poi ci sarà la guerra che, svela Gian Luca, “sarà il tema portante delle mie prossime canzoni: qui l’amore puro muore, incomincia la guerra dell’amore sopravvissuto contro i cattivi”.

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