Descrizione

«I pomodori non crescono / sugli scaffali dei supermarket / nemmeno l’insalata / né gli altri ortaggi di stagione. / Le patate non nascono / nelle cassette del negozio accanto / anche la frutta fa un po’ di strada / per arrivare fin qui.»

Succede che un giorno, un bambino, con i suoi occhi ingenui e i suoi pensieri freschi di vita, si stupisca che no, i frutti non nascono tra i corridoi del supermercato, e che sì, quei pomodori rossi e succosi non sono già “pronti”, ma costituiscono il risultato di mesi di lavoro, schiena piegata e dedizione.
Succede, allora, che una sensibilità come quella del poeta nascosto Giors decida di rispondere in musica a quel bambino ingenuo, e che, dalle riflessioni maturate ripensando a quell’incontro, dia espressione alle proprie perplessità sul mondo contemporaneo e ai propri umori.
Ciò che ne scaturisce è un brano denso di emozione, sudore e verità, in cui si incontrano le fatiche della terra, la vanità dei tempi odierni e la poesia dei campi. Il principe della terra, il nuovo singolo dell’artista sconosciuto disponibile su tutte le piattaforme online a partire da venerdì 15 luglio, è proprio questo: un monito, severo ma dolce al contempo, a guardare sotto allo strato di polvere che la modernità ha posto sui nostri pensieri e le nostre azioni, alla scoperta dell’autenticità e della letizia.
Non un modo per rifuggire dall’oggi e rincuorarsi nel passato, bensì un tentativo di porre in luce ciò che è davvero importante e sincero, ossia i nostri cuori, le nostre emozioni e ciò che la verità non filtrata dallo schermo blu dei cellulari ci offre ogni giorno.
Il cielo, i campi, i fiori, un acquazzone che «ti fa prender l’ombrello, abbracciare un amore, e fa bella musica, come in una canzone»: è questo il colore delle nostre esistenze, i dettagli impercettibili che il nostro occhio non sempre coglie, ma che, battito dopo battito, si depongono sulle nostre anime, a costruire i nostri sentimenti e i nostri desideri.
Un elogio, cullato da una sonorità country che molto riecheggia le sfumature dei campi, a chi ancora fatica sulle colture, senza domeniche e festivi e con quei sapori che «sanno di lunedì». Il “principe della terra” è, dunque, il contadino, ossia colui che è ancora ben saldo al terreno e sa cogliere la bellezza non solo nel cielo sereno e «bello» dei meteorologi, ma anche nel buio che accompagna le notti, negli elementi che costellano la natura – come rievoca la copertina dalle pennellate fortemente van goghiane – e nel tempo che passa e non ci dona ciò che desideriamo in modo subitaneo, ma ci fa pregustare ciò che giungerà facendo attendere le nostre ambizioni.
Per preservare la nostra Terra dobbiamo, infatti, rispettarne i ritmi e, per farlo, dobbiamo volgere lo sguardo indietro, a ciò che è stato e non è mediato da schermi o cellulari.
Solo così potremo apprezzare il rosso di un pomodoro, il rito purificatorio di un acquazzone estivo e «sogni, zanzare e preghiera che danzano insieme, a far passare la notte per un’alba che viene».

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