"Ho pensato che poteva bastare e avanzare Noyz"

A tu per tu con la leggenda del rap italiano, all'indomani dell'uscita di Funny Games e dell'abbandono di parte del suo nome (Narcos). "Forse era voglia di cambiamento, segno di maturità", dice. "In fondo io sono sempre stato Noyz, fin dalla mia prima tag"

Noyz, foto di Alessio Mariano
Noyz, foto di Alessio Mariano

Noyz Narcos ha riaperto il sipario sul suo mondo con FUNNY GAMES, il suo nuovo album dopo il joint con Salmo. "Non è un ritorno è un avvertimento, un album oscuro che non cerca spettatori: cerca bersagli" si legge nella presentazione. Il titolo è un omaggio al film cult di Michael Haneke. Alle produzioni c’è Sine, i due hanno fatto tutti in combo, isolati in uno spazio essenziale, hanno ricreato quell’atmosfera cruda e diretta dei primi anni.

Insieme a loro una lista di feat. in cui spiccano Achille Lauro, Conway The Machine, Gast, Guè, Jake La Furia, Kid Yugi, Madame, Nerissima Serpe, Papa V e Shiva. "Gli ospiti dell’album entrano come personaggi di un incubo che cammina", ci spiegano.

Ecco la nostra intervista alla leggenda del rap italiano.  

Funny Games è un disco bello denso e pieno, quando hai iniziato a lavorarci?

Guarda, ho iniziato le lavorazioni di quest'album a novembre scorso, esattamente un anno fa, come ogni album mio. Meno di un anno non ci ho mai messo a fare un disco.

Funny Games è anche un film horror del 1997 scritto e diretto da Michael Haneke. Come nasce questo disco e questo collegamento?

Allora, guarda, l'ultima cosa che io faccio di ogni mio disco, e con l'odio di tutto il team che lavora sempre con me, è la grafica e il titolo, devo avere l'idea chiara sul quadro musicale prima di dare un titolo a un album e prima di trovare una grafica che lo rappresenti. Musicalmente volevo tornare a un suono un po' più vecchio, un po' più come era la prima roba mia, anche perché ho capito forse che l'album della maturità di un artista non lo vuole sentire nessuno in realtà. Cioè se a uno piace un artista, gli piace la sua musica, non vuole un cambio, non vuole che diventi completamente diverso da quello che era, quindi ho preferito tornare un po' indietro sui miei passi.  Il processo creativo della copertina è stata un’illuminazione guardando il mio primo disco, dove infatti c'è un cappuccio simile a quello che c'è in questa copertina, che è un frame preso dal film dal primo Venerdì 13 in cui il personaggio di Jason Voorhees ha quella maschera da hockey con i buchi sulla faccia. Quando ancora non aveva una maschera se ne era semplicemente costruita una con una federa di un cuscino facendoci due buchi. E quel cappuccio lì, senza rendermene conto, è diventato forse il cappuccio del logo del Truceklan, che è il logo che ho disegnato io. E poi io sono sempre uno che si è vestito con il cappuccio e quell'immagine lì è un incappucciato, è una persona comunque losca, non è una maschera proprio, è semplicemente una sorta di copertura. Quando vedi uno con un cappuccio non è come se vedi uno mascherato, è semplicemente uno che magari non si vuole far vedere per due minuti perché sta entrando in un centro commerciale e si mette il cappuccio, almeno io lo faccio a volte. Quest'immagine è molto forte perché questo cappuccio, a differenza di quello di Non Dormire che era un frame di un film, è proprio un cappuccio, che suo malgrado ricorda molto il cappuccio del Ku Klux Klan, ma che non è quello lì poi, è semplicemente una federa di un cuscino strappata con due buchi, quindi è un cappuccio di fortuna, una maschera di fortuna.

Il film è veramente crudo e grottesco, cosa c’è del film nel tuo disco?

Mi piaceva questo gioco della parola funny associata a una cosa così crudele; diciamo anche che la grafica, con un logo abbastanza violento, con una faccia, con dei colori molto contrastanti così, in qualche modo andava sdrammatizzata. Il film non è manco nella mia top ten dei film horror, sinceramente, ne preferisco altri, non è un film che per me sia così un culto come può essere un altro. È semplicemente la casualità con cui una persona può diventare vittima di un mostro, di un personaggio squilibrato insomma, quindi non è una guerra personale di uno contro qualcuno, non è una vendetta o un omicidio o una cosa mirata, è semplicemente la casualità che la persona sbagliata ha bussato alla porta sbagliata e qualche malcapitato si è trovato vittima della follia di una persona che in quel momento andava a caso, non aveva una guerra personale, voleva solo sfogarsi. 

Quindi il disco è tuo sfogo e noi siamo vittime felici delle tue barre.

Comunque sì, va a giustificare il mio sfogo, la mia musica è stata sempre abbastanza aggressiva, è sempre stata la mia valvola di sfogo. C'è sempre stato poi questo personaggio, questo faccione che poi non è mai stata la mia foto, è sempre stato un personaggio camuffato che però poteva anche essere un'altra persona, non necessariamente potevo essere io, cioè comunque poteva essere il tipo che un giorno sbrocca e decide di fare una strage.

Eccola, la tag
Eccola, la tag

Continuando a parlare della copertina del disco ho notato che hai scritto solo Noyz, e lo dici anche nell’intro, Ultimo banco, ti presenti così: Noyz, 2025, Funny Games, buon divertimento stronzi. Non c’è più Narcos, non è casuale.

No, è da tanto che volevo liberarmene di questo cognome; quando l'ho coniato insieme al mio compare Metal Carter abbiamo notato che tutti i rapper che ci piacevano di più avevano un nome d’arte composto da una sorta di nome e cognome, quindi c'era Method Man, Ghostface Killah e quindi mi sembrava che Narcos andasse ad arricchire il nome Noyz, che era il mio nome dei graffiti. Andando a guardare poi nel tempo mi ha causato più rotture di coglioni che altro questa associazione a Narcos, perché comunque è stato travisato, come fossi un narco, un narcotrafficante o non lo so, anche se comunque come nome suonava molto bene, era una cosa che funzionava però era un po' che me ne volevo liberare. 

E in realtà anche nell'album di Salmo se non sbaglio c'è scritto solo Noyz.

Hai ragione, ma pensavo che quello fosse come un capitolo a parte, e che con il nome Salmo suonasse comunque meglio solo Noyz. Forse è un segnale di maturità, forse una voglia di cambiamento, una voglia di fare una cosa nuova, di distaccarsi un po' da questa cosa che comunque mi sono portato sempre dietro, e comunque la mia vera essenza è Noyz, che è il mio nome di battaglia dei graffiti che mi sono scelto da ragazzino e che mi ha accompagnato tutta la vita; a un certo punto ho pensato che poteva bastare e avanzare Noyz.

E comunque noi, i fan, la gente, ti chiamiamo solo Noyz. 

Narcos devo dire che mi dà quasi fastidio, non sono io, io sono Noyz.

Quindi ora le tue magliette col tuo nome e cognome completo Noyz Narcos avranno ancora più valore.

Le mie magliette, i miei albumi come le mie cose vecchie valgono perché sono cose in cui spesso cambia qualche cosa, io ho sempre rinnovato le grafiche, ho restaurato i loghi, le ho fatte in diversi colori, sono appassionato di arte e di graffiti e ho sempre dedicato molto alla parte dell'immaginario, quindi della grafica, del logo; sono grafico pubblicitario, ho sempre lavorato in grafica; il logo è una cosa molto importante e dai primi gruppi anche di cui ero appassionato, penso ai Metallica o agli Iron Maiden, o ai Doors, quei loghi te li ricorderai per tutta la vita. Il logo per me è una cosa molto figa, ho sentito il bisogno negli anni di rinnovarlo e di cambiarlo in diversi album.

Parliamo di Sine, produttore di tutto il disco, le basi sono talmente belle e potenti che a volte distraggono addirittura dai tuoi testi, vuoi solo sentire la musica.  

Sine è un produttore che a livello mondiale è veramente competitivo, è veramente una persona competente che ha delle skills musicali e delle accortezze musicali che molti lasciano al caso; invece lui non lascia proprio niente al caso, è una persona fottutamente meticolosa che cambia, ricambia, è sempre alla ricerca di qualcosa che non funziona e soprattutto molte volte in cui per me siamo arrivati a un livello in cui la base funziona di brutto, lui continua a dire che è inchiodato, che c'è qualcosa che non va. Finché non ne viene a capo, finché non risolve quel punto che non gli funziona, è anche capace di buttare al secchio un pezzo, capito? Che poi è come per me per le rime, è una cosa maniacale. È  uno veramente competitivo che potrebbe lavorare negli Stati Uniti o in UK o in Francia. Ha una personalità tutta sua, non è quello sborone, non l'hai mai visto sul palco a saltellare oppure a fare troppe sviolinate sulle sue capacità, è una persona molto riservata che sa di avere delle capacità molto grosse, che però non le mai sbandierate ai quattro venti.

Sine secondo me riesce a tirare fuori il meglio di te, un sodalizio perfetto il vostro.

Pur essendo Sine uno che ha collaborato con dei grandi artisti, grandi nomi, come dici tu è una vera alchimia quella che abbiamo creato insieme io e lui, abbiamo creato un suono veramente a parte. Io c'ho il mio rap che è un marchio di fabbrica, è così, non è che è cambiato tanto nel tempo, lui invece nel tempo è diventato anche più versatile nelle basi; ma quando si incontrano questi due personaggi, esce un suono che è come se fosse una band, come se fosse un gruppo; io faccio collaborazioni con tanti produttori però se la base del mio pezzo è del Sine sicuramente la riconosci; abbiamo creato veramente un suono nostro che poche coppie di rapper e produttori sono riusciti a fare, mi viene in mente Guru e Premier, Prodigy e The Alchemist, Snoop Dogg e Dr. Dre. I dischi più scrausi di Snoop sono quelli fatti con altri produttori, quando c'era Dre sotto di lui era un altro suono. Èanche il lavoro dei produttori, tirare fuori il buono dagli artisti, e Sine lo sa fare bene.

Il risultato del vostro lavoro insieme sono infatti canzoni memorabili che nel tempo hanno contribuito a definire appunto il tuo suono. 

Conoscendomi bene anche come persona è riuscito a tirare fuori il meglio di me; ho lavorato con altri produttori a cui comunque gli bastava che tu avessi composto la tua parte e per loro già la canzone era fatta, mentre invece anche in questo disco mi è capitato che magari una chiusura di una strofa o un attacco o una parte in mezzo che per me andava bene, che magari era una cosa figa, lui mi continuava a dire no puoi scrivere di meglio. E io sono talmente meticoloso che prima di dire che va bene già ne ho provate tante, perché pure io non mi accontento mai, ma lui riesce a dirmi comunque no, puoi scrivere un'altra cosa migliore. Questo fa in modo che poi escono questi pezzi incredibili che non hanno un punto debole in tutta la canzone e diventano veramente delle canzoni, che non sono pezzi perché a fare i pezzi sono buoni tutti quanti, ma fare canzoni è un po' più difficile.

I tuoi featuring, partiamo dai giganti, Jake e Guè.

Loro sono al top del gioco da tantissimo tempo e sono da sempre secondo me nella top dei primi in Italia. Devo dire la verità, scavando su chi vuoi mettere nel disco, chi non vuoi mettere, quello mi piace però, quello così, quello cosà, alla fine della fiera, quando vado a ascoltare del rap italiano, per forza di cose, alla fine le cose migliori le fanno gli over quaranta, secondo me. Poi nei ragazzini, nei giovani, nei trentenni, nei ventenni ci puoi trovare delle genialità, delle cose nuove, sicuramente delle cose fighe, però secondo me se io mi devo andare a sentire la canzone che mi gasa, sono quelli della nostra generazione che riescono veramente a fare questo genere in quella maniera che a me mi fomenta. 

Genialità contro esperienza.

Io sono uno che sa apprezzare molto i giovani e dare spazio ai giovani e provo ad ascoltare anche robe loro, però ci sta che poi per avere la sicurezza di andare a sentire una cosa di un certo calibro ci vuole una persona che abbia vissuto una vita un po' più lunga e abbia conosciuto diverse fasi di questa cultura, di questo suono, di questo movimento, perché noi abbiamo vissuto un movimento come una cultura, invece questi ragazzini più nuovi l'hanno vissuta più come fosse un business o un possibile lavoro o un gioco o un hobby o una passione. Ma sicuramente non ne hanno vissuto la vera anima che l'abbiamo respirata noi che abbiamo fatto quelle serate da cinquanta persone, in uno scantinato, con un cane che te piscia sulla scarpa e sullo zaino, quello che ti arriva addosso, col sound scrauso e i microfoni che fischiano, ora è tutto troppo bello, troppo perfetto, troppo grande, troppo.

Infatti, parliamo un attimo di live, sempre più grandi, per sempre più persone, spazi giganteschi.

A me piacerebbe fare un concerto di quelli da trecento persone nel clubbetto, belli appiccicati, belli sudati. Anche questo distacco che spesso c'è tra il pubblico e il cantante è una cosa che odio, avere quattro metri e poi le transenne tra me e il pubblico, veramente non mi fa mai entrare in quel mondo di condivisione con il pubblico. Comunque io resto dietro la mia barricata e tu dietro la tua, non c'è quel contatto che c'era prima, vedere le persone sempre un po' più piccole di quelle che vedevi prima, prima c'era gente che ti toccava fisicamente. Che può essere pure fastidioso, ringrazio pure che mi sono trovato a fare palazzetti, posti giganti, grandi arene, però venendo pure da un ambiente anche punk, avendo assistito ad altri tipi di concerti, quella dimensione lì a me piace molto.

Le transenne antipanico le vogliono tutti, sono un must nei rider degli artisti ormai.

Non so, forse la gente si sa comportare meno, ha meno rispetto comunque di un artista perché a me è capitato di assistere a concerti stando veramente vicino a personaggi grossi, tanto vicino da potergli toccare le scarpe, ma non l’avrei mai fatto, uno perché penso che mi dia una pedata, due perché comunque stai suonando, non ti voglio in qualche modo distrarre, la gente invece ora ti spara una torcia in faccia, ti tira il ghiaccio, ti trovi davanti a persone che magari ti fanno il dito. Ma quelle non sono persone che sono andate a vedere un concerto e sentirsi bella musica.

Forse i social hanno accorciato le distanze tra gli artisti e i fan, molti di loro si sentono vostri amici perché pensano di conoscervi bene tramite i post, le stories, le foto, la condivisione della vostra vita anche privata.

Sicuramente si sentono amici tuoi, io non mi sentivo amico di un rapper che mi poteva piacere, di un cantante che mi poteva piacere, non mi sentivo amico, non sapevo chi fosse, ma soprattutto non sapevo neanche che faccia avesse finchè non lo vedevo la prima volta dal vivo. Quindi sì, sicuramente i social facendoti entrare nelle case della gente in quella maniera da amico, sicuramente vanno un po' ad abbattere quel tipo di barriera che ci deve stare tra artista e fan. Il fan non dovrebbe approcciare l'artista perché spesso ne potrebbe rimanere deluso, perché un conto è la musica che fai e un conto è la persona che sei. Quindi non è detto che se ti piace da morire la mia musica io ti sto simpatico come persona o sono una persona piacevole. 

Torniamo alle collaborazioni nel disco, da Raekwon e Cam’ron in Virus a Conway The Machine (qui nel pezzo Bloodymary anche con Jake La Furia): come è nata la collaborazione con lui?

Sicuramente lui è uno di quegli artisti che in questi ultimi anni mi ha colpito e mi ha appassionato molto, l'ho visto la prima volta a New York quando sono esplosi insieme a suo fratello con Griselda Records e già lì mi aveva impressionato. Poi durante il suo percorso come personaggio, come sound, come attitudine mi piaceva molto, l'ho beccato a Milano a un concerto che ha fatto, siamo stati insieme nel backstage, ci siamo scambiati due chiacchiere, il tipo era molto disponibile, abbiamo parlato molto e non è così scontato che un artista del genere al suo concerto si mette proprio a parlare così. Sapeva che ero un cantante anche io così ci siamo fatti anche un bel fotone, avevo un gancio di una persona che lavora oltreoceano con questi artisti, sapevo che comunque fanno questo tipo di collaborazione e così ho chiesto, è stata proprio voluta. Mi piace che in un album italiano ci sia un momento in cui entra un cantante straniero. Perché per un momento disintossica anche l'ascoltatore dalla stessa voce che è presente in tutto l'album. Una volta era Raekwon, una volta era Cam’ron, una volta è Conway, stiamo parlando di voci importanti, è come se tu ti senti un mixtape. Prima nei mixtape passavi da un artista ad un altro, come quando ti senti la radio e passi da un artista ad un altro, passare da Noyz a Jake a Conway su una stessa traccia con uno switch beat, sicuramente sono cinque minuti di musica che sono una cosa nuova, non sono la minestra riscaldata della canzone fatta con una strofa da 16 e ritornello, è comunque un momento di musica inaspettata in cui tu ti fai un bel viaggio musicale per cinque minuti con tre mostri forti a rappare.

Sniper con Madame è una traccia molto bella e particolare, un po' lontana e diversa da quello che fai, la presenza di Madame si sente.

Se uno legge Noyz feat Madame probabilmente si aspetta il pezzo d'amore, ma non lo è perché non è da Madame. Devo dirti la verità, nel diggare come diciamo noi in slang tra le possibili collaborazioni, tralasciando quelli che vanno a colpo sicuro che sono Jake, Guè e compagnia bella, l'ho proposta io Madame e tutto il mio team ha sgranato gli occhi dicendo: come Madame? A me lei ha impressionato, è una persona che secondo me scrive bene, ha una gran bella voce, mi piace il suo personaggio, mi piace il percorso che ha fatto, è una di quelle persone che non scimmiottano nessuno ma che si sono create un loro genere e comunque è subito sembrata una cantante professionista, con un suo suono ben chiaro, un suo immaginario insomma, poi essendo autrice a me piacciono le persone che scrivono essendo io un cantautore, mi sembrava una bella penna, sono contento che anche con lei come con tutti gli altri ci siamo incontrati vis a vis per fare la traccia, abbiamo avuto modo di conoscerci, di discutere un’oretta prima di definire la traccia e sono stato contento di non essere stato deluso dal personaggio. Sniper è un gran bel pezzo.

Foto di Alessio Mariano
Foto di Alessio Mariano

Anche con Achille Lauro è un po’ una chicca, e voi due insieme siete i suoni e le voci di Roma, ma non si parla di Roma.

Quello con Lauro era un pezzo dove mancava il ritornello, c’erano queste due strofe mie e basta ed era un pezzo che poteva benissimo finire nel gabinetto se non veniva benedetto da un super ritornello e Lauro devo dire che ha spaccato proprio. I ritornelli cantati io proprio non li so fare e in quella canzone serviva quello. Lauro ha avuto una intuizione devo dire molto bella, sono stato proprio contento che l’abbia fatta e ci ha messo del tempo, ho apprezzato anche questo, ci ha lavorato lui, il suo team, ha tirato fuori un gran super ritornello e c’è comunque uno storytelling, c’è una storia dietro.

Ci sono molte parti quasi nascoste nelle canzoni, citazioni, campionamenti, ispirazioni, alla fine di John Belushi per esempio, c’è un parlato.

Quello te fa onore perché la voglia di mettere dei piccoli intro o outro nei pezzi sono accortezze che fa Sine e che ho fatto sempre anche io nella mia musica, è da ascoltatore non moderno, a Spotify non gliene frega un cazzo delle accortezze, o di capire che dopo aver ascoltato un pezzo sentire un altro tipo di musica anche corto e diverso ti pulisce le orecchie. La funzionalità skip è perchè sennò si abbassa il rating dell’artista. Io credo che quando iniziano i pezzi con una intro, con una musica che non c'entra manco niente con la musica che ci sarà dopo i ragazzi mandino avanti, io non lo faccio perchè mi interessa come a te, perché sono delle parti fondamentali che danno del super plus al disco e se ti senti il disco senza saltare niente ti fai un bel viaggio musicale che in un’altra maniera non te lo potresti fare.

Non skippate quindi che si perdono parti importanti musicalmente e culturalmente. Sei pronto per un Funny Games Live 2026? Potresti fare tanti live in tanti clubbetti, come dicevi prima...

Sì, non vedo l’ora di portarlo live, mi annoio a fare sempre le stesse canzoni, avremo altri bei pezzi da mettere nel live.

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L'articolo "Ho pensato che poteva bastare e avanzare Noyz" di Carlotta Fiandaca è apparso su Rockit.it il 2025-12-01 12:05:00

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