La miniera d'oro che è il mondo della library music e delle colonne sonore che abbiamo in Italia è qualcosa in cui è davvero facile perdersi. Ci sono discografie meravigliose che vanno da compositori notissimi, come Ennio Morricone e Piero Umiliani, a quelli appena un gradino sotto in termini di fama, come Piero Piccioni o Alessandro Alessandroni, e così via, per un intero microcosmo che oggi dobbiamo riscoprire del tutto. Tra i nomi che sono ben nascosti e che una volta scovati diventano un'ossessione, uno che avrebbe meritato di raccogliere molto più di quanto non abbia fatto è Giuliano Sorgini, morto negli scorsi giorni all'età di 83 anni.
Sorgini, che è stato campionato da artisti che vanno da Jamie XX a Busta Rhymes, ha lavorato per anni per il cinema e per la televisione, occupandosi di più o meno di qualsiasi cosa: documentari - spesso con alla regia Riccardo Fellini, fratello di Federico -, film horror, pure roba dal filone erosvastica, ossia film erotici con ambientazione nazista che in Italia ha avuto un piccolo seguito negli anni '70. Ma pure tantissime altre cose, tra cui una marea di progetti rimasti nel cassetto che purtroppo non hanno mai visto la luce. E tutto questo sempre con un sound tanto eclettico quanto riconoscibile, al punto che, ascoltato oggi, sembra davvero inspiegabile come un artista del genere non abbia avuto maggiore seguito nella golden age della library music italiana.
Per raccontarci la grandezza di questo personaggio ci siamo rivolti al suo discografico, nonché uno dei suoi più grandi fan: Pierpaolo De Sanctis di Four Flies Records, etichetta che negli ultimi anni si è occupata di recuperare l'enorme repertorio di Sorgini e di pubblicarlo, in molti casi per la prima volta in assoluto.
Come sei entrato in contatto con la musica di Sorgini la prima volta?
Io l’ho sentito la prima volta alla fine degli anni ‘90. In realtà ascoltavo tutt'altro, arrivavo dal noise e dal post rock, quando improvvisamente iniziarono a uscire delle compilation di musica italiana per immagini. Le copertine erano di Sandro Simeoni, noto cartellonista del cinema italiano, sono suoi i manifesti de La dolce vita e di tanti B-movie dell'epoca. Era un momento in cui si iniziava a recuperare tutta quell'estetica anni ‘60/’70, alcune etichette come Easy Tempo e Irma si occupavano di ristampare musiche library e colonne sonore. Per me è stato come recuperare dei pezzi di puzzle, perché molti di quei film li avevo visti da ragazzino in televisione e quindi mi ricordavo di alcune colonne sonore stupende, dopo anni finalmente riuscivo a dare un nome agli autori delle musiche. In alcune di queste compilation c'erano brani di Giuliano Sorgini che già allora mi sembrarono fantastici.
E come l'hai conosciuto di persona, invece?
L'ho incontrato la prima volta 11 anni fa, mentre stavo facendo le riprese di un documentario mai uscito sui compositori di library music. Avevo conosciuto Alessandroni, Cipriani, ma Sorgini era solo un nome sui dischi e nient’altro, c’era e tutt’ora c’è molto poco. Quasi nessuno sapeva nulla su di lui, ma io volevo incontrarlo a tutti i costi. Ero completamente ossessionato da un suo disco, Under Pompelmo, un album di ambientazione beat ma molto psichedelico - solo il lato A era una suite di 16 minuti - che aveva registrato con una band dell'epoca, i Visconti, dopo averli conosciuti per caso al bar da Vanni, di fronte agli studi della Rai. Riuscii a contattarlo e fu subito molto disponibile.
Che impressione ti ha fatto all'inizio?
Mi è sembrato un tipo un po’ strano: da un lato molto affabile, generoso, accogliente, dall’altro aveva dei momenti di chiusura, penso perché in tanti di carriera si sarà trovato davanti a tante persone che l’hanno deluso. Gli piaceva molto parlare, condividere, viveva per la musica. Lui abitava in questa villa fuori da Roma, manco sfarzosa, piena di nastri, dischi, strumenti. Suonava continuamente, appena aveva 5 minuti. Era ancora molto attivo, ma allo stesso tempo si era isolato, provava ancora a fare delle cose con la Rai, ma nel frattempo era cambiata la generazione.
A cosa stava lavorando ultimamente?
Le ultime cose che ha fatto erano delle musiche per i saggi dell'accademia di danza di Roma. Era molto appassionato di opera, ne ha scritte diverse, tra cui una versione deL’asino d’oro di Apuleio che sognava di fare.
E di materiale inedito suo quanta roba c'è?
Negli anni abbiamo rimesso a posto il suo archivio, completamente abbandonato, con tutti i nastri in scatoloni sigillati. Li abbiamo presi uno a uno, li abbiamo ripuliti e poi restaurati. Ci siamo trovati di fronte a un sacco di nastri originali, come la colonna sonora di Non si deve profanare il sonno dei morti, che è forse il disco per cui è più famoso, ma anche un sacco di musica mai pubblicata, library non sue, pure della roba di Ornella Vanoni e album di musiche per bambini. Sorgini era questo: riusciva a passare dai suoni dark psichedelici a ninna nanne col carillon e, quando aveva i mezzi, anche a musica orchestrale per 50-60 elementi.
Di tutto questo cosa è uscito nel frattempo?
Da lì sono nati album che abbiamo pubblicato noi come Africa oscura, con musiche registrate tra il 1974 e il 1976 per dei documentari sull'Africa, o Occulto, con una selezione dei suoi lavori per le colonne sonore di film horror a basso budget. Per questo secondo disco, molte delle musiche derivavano da sue collaborazioni Angelo Panacciò, regista di film abbastanza inclassificabili, erotici con velleità intellettuali, su cui ci sono degli aneddoti non ripetibili.
Come viveva queste pubblicazioni a distanza di anni?
Ogni volta che usciva un disco glielo portavo, era sempre molto contento di toccare un suo disco che prima non esisteva. Lui si considerava un compositore nell’ombra, si chiedeva come mai nessun giornalista importante si sia interessato alla sua carriera. Avrebbe sicuramente meritato di più, almeno in termini di possibilità. Ha fatto una quantità di musica inenarrabile, Sorgini in SIAE sta ovunque, anche in dischi che non portano il suo nome. Ha lavorato instancabilmente penso 12 ore al giorno, 6 giorni alla settimana per non so quanti anni.
Qual è il suo progetto musicale più assurdo secondo te?
The Pawnshop. Era un gruppo formato da lui, Alessandroni e la moglie di Alessandroni, Giulia De Mutiis, nato come una rock band inglese finta. Si sono chiusi in sala al Sound Workshop di Piero Umiliani per due sessioni in cui hanno registrato 5-6 brani in stile freak beat: chitarre elettriche, distorsori, voci urlate. Sembrava il gruppo rock che l’Italia non ha mai avuto. Avevano due 45 giri prima dimenticati, poi diventati oggetto di culto grazie ai collezionisti. Nel suo archivio abbiamo trovato, oltre alle basi strumentali di quei brani, un inedito. Quando l’ho sentito mi sono tremate le gambe dallo stupore. È come se un fan dei Beatles trovasse una loro canzone mai pubblicata. E Sorgini è stato il mio Lennon-McCartney.
Cosa ne sarà della sua eredità musicale?
Noi abbiamo i diritti di molte sue cose inedite. Piano piano questa parte di repertorio la pubblicheremo nel tempo. Già a inizio 2026 faremo un disco dal nome Savana selvaggia, con musiche con contaminazioni africane usate per dei documentari. Il nostro impegno è quello di valorizzare il più possibile la sua eredità, almeno quella non ancora edita. Per quanto ci riguarda è il nostro compositore di punta, quello con cui ho passato più tempo insieme.
Cosa resterà più di ogni altra cosa di Giuliano Sorgini?
Il suo approccio musicale. Le sue cose sono uniche, ha un'identità musicale molto precisa, se lo conosci è difficile scambiarlo per qualcun altro. Non c’è nessun equivoco sul suo suono e questa cosa lo rende incredibilmente moderno. Tra i compositori della golden age riusciva ad avere un approccio molto sperimentale, ma con una grande capacità melodica che riusciva a sintetizzare in una struttura molto moderna, molto audace. E poi riusciva fare cose incredibili con pochissimi mezzi, il che è abbastanza unico. La grandezza di molti compositori la fanno gli arrangiamenti, oltre ai grandi temi ci sono grandi turnisti e grandi arrangiatori, se prendiamo nomi grossi abbiamo anche grandi interpreti. Sorgini no: lui era do it yourself.
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L'articolo Giuliano Sorgini era troppo avanti per essere capito di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2025-07-17 12:30:00
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