Inoki: sulla strada ancora

Questa è la storia di un quartiere di Milano, la Barona, e dell'ultimo romantico dell'hip hop italiano. Chiamati a percorrere un pezzo di strada assieme, oggi che il rapper di "Medioego" ricomincia l'ennesima vita nella stessa. Sempre fedele a una linea che non c'è più

Via De Pretis: Inoki sulla panchina, Mimmo con la penna - tutte le foto nel servizio sono di Marco Previdi
Via De Pretis: Inoki sulla panchina, Mimmo con la penna - tutte le foto nel servizio sono di Marco Previdi

Quante volte può un uomo ricominciare da capo? Quante volte può cambiare casa o imboccare il bivio che nessuno si augurerebbe prendesse, come nel finale di una serie tv coreana? Quante volte può osservare gli astri disallinearsi sopra la sua testa per difendere un'idea che ha di sé stesso, prima che la vita gli imponga di arrendersi?

Le risposte, questa volta, non soffiano nel vento, ma mi aspetto di trovarle a un tavolino azzurro dei gelati, appoggiato su un marciapiede di fronte al bar tabacchi di via De Pretis. Lì, seduto con un toast davanti, c'è Fabiano detto Inoki.

La penultima volta che ci eravamo visti era a gennaio, per una diretta Instagram. Lui stava in Salento, faceva lunghe dirette su Twitch e cucinava un sacco, aveva messo a punto un polpo in umido spettacolare. Era uscito da pochi giorni Medioego, il disco che segnava il suo ritorno dopo sei anni. Un ritorno in grandissimo stile. 

L'ultima volta che l'avevo visto, invece, era stato pochi giorni fa. Ero sulla 74, il mezzo che collega tutto il quartiere Barona, periferia Sud di Milano. Inoki era in una delle ultime file, le stampelle appoggiate al sedile davanti, e parlava al telefono di date da organizzare. Appena sceso, ho mandato un messaggio a una conoscenza comune per capire se fosse possibile che l'avessi beccato sul bus sotto casa. Ma non stava in Salento?

Non me l'ero sognato. La nuova vecchia vita del Nomade Fabiano è nella città del Duomo, da cui qualche anno fa se n'era andato per non farsi schiacciare dalle troppe tentazioni e dalle troppe ambizioni. Ora è tornato, inseguendo la musica come ha sempre fatto. Pieno di fotta e di cazzi da risolvere, come sempre è stato. Ma forte di un disco che lo ha rimesso al centro, quando ormai pareva fuori dai giochi. O, almeno, così pensavano gli altri. 

E visto che il 12 novembre è uscito, sempre per Asian Fake, il capitolo due di Medioego, con sei nuove tracce – tre inedite e tre remix – ora eccoci seduti uno di fronte all'altro, mentre lui chiude il pasto con il caffè e poi una sigaretta. 

Quindi che ci fai a Milano?

Mi sono separato dalla madre di mia figlia e dopo un mesetto da solo in Salento mi sono reso che non avevo più nulla da dire là. Allora sono tornato nell'unico posto dove volessi davvero stare.

Cosa rappresenta per te Milano oggi?

Milano è dove succede tutto, dove trovi gli stimoli per agire. È l'unica città italiana in cui ti senti nel mondo.

Tu una vita normale mai?

Senti, ci ho provato. Ma ogni volta mi rifiuta. Ogni volta che provo ad avere un'esistenza più regolare, succede un evento che mi riporta alla vita d'artista. Ci ho rinunciato ormai.

Hai capito il perché?

Sono cresciuto così, e vivo così da quando ho 13 anni. Ho provato in ogni modo, e a più riprese, a fare una "vita normale", a diventare regolare. Ma pare non sia nella mia natura. Ho fatto pace con me stesso per il fatto che sono nato per fare l'artista, e tale morirò. E che difficilmente diventerò un buon imprenditore, un buon marito o un buon padre di famiglia.

Attorno a noi i casermoni di via De Pretis, un "serpentino" ininterrotto di palazzoni che danno sui campi di grano del Parco Agricolo Sud, a metà strada tra l'ospedale San Paolo e il Barrio's, che con la sua forma di astronave e i suoi murale dedicati alle donne partigiane rappresenta una delle principali "attrazioni" della zona. Il Barrio's – la cui attività procede ancora oggi tra mille difficoltà con spettacoli teatrali, partite di bocce tra anziani, serate di cover band e i trick di un nutrito gruppo di skater che qui si danno appuntamento ogni sera – è stato uno dei luoghi seminali del rap italiano, celebrato da un filmografia di prestigio che va da Fame chimica agli sketch dei Soliti Idioti fino al recente (e affatto imperdibile) Zero su Netlix. 

Il cinema è molto affezionato alla periferia, o meglio all'idea di periferia che questa periferia meglio di altre riesce a trasmettere. Per mesi l'ingresso dei palazzoni popolari di via Mazzolari, a due fermate di 74 da qua, è divenuto il set di Blocco 181, la serie di Sky con Salmo. Per le riprese avevano portato al fondo del parco Teramo – in quegli stessi edifici in cui il local hero Marracash fu protagonista di un'invasione di elefanti nel lontano 2008 – una quantità di camion e persone impressionanti. Pare che in quartiere non sia stato troppo apprezzato il fatto che nessuno si sia cagato gli "autoctoni", nemmeno per i ruoli da comparse. 

Inoki, invece, non recita. Ora sta in uno degli appartamenti sopra le nostre teste, che condivide con il padre di un suo amico, cui si era liberata una stanza perché la figlia è andata a convivere. 

Come sei finito qua?

Dopo la rottura con la mia ex, sono stato due mesi a Bologna a fare la convalescenza della gamba e poi sono venuto qua perché c'era quest'amico fraterno che mi poteva dare una mano. Alla Barona ho trovato ospitalità e solidarietà: sono arrivato qua un po' da handicappato, in sedia a rotelle. In via De Pretis è come stare in un paesino, ci sono le scuole e le poste, è pieno di bambini e di famiglie di ogni etnia. Mi sento a mio agio, mi sembra il posto ideale per ripartire e ricostruirmi la vita. 

A proposito, come va la gamba?

Ci sta mettendo parecchio a guarire, perché dovrei comportarmi da bravo paziente e fare risonanze, magnetoterapie e tutte queste altre parole con i magneti, che però non ho tempo di seguire, perché devo occuparmi della mia rinascita personale e di quella professionale. 

Tu hai una cattedra di storia dell'hip hop in Italia. Che ruolo ha avuto la Barona in questa vicenda?

Una storia di primo piano. Prima ancora di Marra, che conoscono tutti, qua c'erano i 16K, c'era Tawa, c'era Aken (aka Vincenzo da via Anfossi, ndr). Tutt'ora qua abitano Mure, la Debby, tutta una serie di personaggi storici del Muretto, venuti fuori in un periodo in cui alla Barona sono nate cose importanti. Le cose si rinnovano e oggi ci sono altri nomi, c'è Young Rame, c'è Abbi, ci sono Tonino, Momo detto Mimmo che si diletta con la drill, un sacco di ragazzi che mi fermano da quando sono qua e mi dicono che vogliono fare musica.

Mimmo ora è accanto a noi. "Dopo ci vieni a fare due penne, gli chiede Inoki. Lui annuisce. "Mimmo è il king delle penne a Milano", mi spiega Fabiano, "in tutti i video dei rapper in cui c'è una penna, da Paky in giù, è lui". C'era anche lui, qualche giorno fa, assieme al gruppo di ragazzi che ha girato il video di un pezzo per strada suscitando indignazione dei mass media locali. Una versione South Side del macello che era venuto fuori per i video di Neima Ezza e soci al quartiere San Siro. Sul suo profilo Instagram Inoki ha difeso i ragazzi, cosa che gli è valsa un bel po' di insulti. "Vivono nel mio palazzo e fanno rap, inoltre mi hanno portato loro in ospedale quando mi sono spaccato la gamba: certo che li difendo", ha spiegato. 

Un'altra età, un'altra scuola, altri valori e disvalori. Ma nelle loro facce e nelle loro storie Fabiano riconosce la strada e per il suo codice è quel che conta. Per questo ti rendi conto che nel quartiere è stato subito adottato. Come a fine maggio, quando era venuto qui per dare l'ultimo saluto a un ragazzo di questi palazzi, Davide, morto in un incidente in moto. Ci alziamo e andiamo a vedere il memorial a lui dedicato su un muro, proprio dietro al tavolino in cui è iniziata la chiacchierata. Il giorno in cui è stato dipinto per strada c'erano centinaia di persone, gli amici e pure le anziane delle case popolari, che si erano portate la sedia per strada e sono rimaste a vedere la vernice colare per ore. Funziona così alla Barona. 

Quel giorno facesti anche un "piccolo live" qua sotto casa sua, se ne trova traccia su Instagram...

Ero qua per un ragazzo. Davide aveva 21 anni, era fortissimo a giocare a calcio e si faceva chiamare ChemiNess perché era un mio fan. Ho cantato un pezzo e abbracciato gli amici e la famiglia. C'era un sacco di gente quel giorno ed eravamo tutti commossi. 

Intanto ho visto che stai facendo delle serate a Bologna. Di che si tratta?

Io ho da tempo questo sogno di aprire un locale mio a Bologna, e chiamarlo Bolo by Night. Ho iniziato a ragionarne con un socio, Ruggero, che mi ha proposto di partire da una serie di eventi in città. L'idea è di presentare la nuova scena rap alla città di Bologna: il prossimo appuntamento, il terzo, sarà all'Estragon e avrà come ospite Paky. Il primo lo avevamo fatto in un parco, il secondo su un autobus e poi in giro per la città.

Secondo te il rapporto delle persone con la socialità è cambiato dopo questi due anni di pandemia?

Parecchio. Per troppo tempo ci siamo guardati solo attraverso uno schermo, e ora vedo gente che trova fatica a tornare a guardarsi negli occhi. Con Bolo by Night ci vogliamo ritagliare uno spazio di libertà, in cui diamo la possibilità di esprimersi a molti giovani artisti. Alcuni di loro sono cresciuti in epoca Covid, non hanno mai avuto il privilegio di stare su un palco e tenere in mano un microfono. Troppi artisti nascono e muoiono sui social, sento l'esigenza di fare le cose come prima più forte che mai. Anche per superare definitivamente quella repressione che negli ultimi anni si è sentita forte, e che non deve diventare la regola.

E se fossimo diventati tutti un po' guardie, di noi stessi e degli altri...

È un problema che personalmente non mi ha mai toccato. Se qualcuno ora si sente sbirro dentro, spero si vaccini presto (ride).

Domenica 21, invece, sarà all'Apollo, tra i due Navigli, assieme a Dj Shocca. Magari ci andrà con la 74. Che prima di arrivare a Porta Genova si attorciglia un po' di volte tra la Barona e il quartiere Sant'Ambrogio, ultimi avamposti prima che Milano diventi Corsico, Assago, Buccinasco e altri posti così. Fino agli anni '70 dell'800 la Barona era una città a sé, la sensazione è che a qualcuno la cosa sia rimasta dentro.

Vabbè, i live si diceva. 

Hai visto che ora tutti i tuoi colleghi fanno i live con la band?

Io gli altri non me li cago. Io erano 15 anni che volevo girare con la band, solo che non mi pagavano mai abbastanza. Con Medioego c'è stata la possibilità di fare 10 date fatte bene e ho messo assieme un gruppo di persone che conosco da una vita, sono tutti super jazzisti bolognesi, abituati a "sporcarsi le mani" con il rap visto che sono la band storica di Lugi, di Deda, fino ai Sangue Misto. Una goduria.

È più difficile o più facile da preparare un live così?

Più bello, senz'altro. Ora non riuscirei più a tornare indietro, ho fatto un paio di live senza band di recente e mi è sembrato di tornare a guidare la bici dopo anni col culo su una bella macchina. Io rappo in ogni condizione e su ogni musica, dai rave al reggae, soprattutto in Salento. Io mi adatto a ogni cosa, ma con la band è tutto diverso. Non tornerei più indietro. 

Lasciamo il bar tabacchi alle spalle e andiamo verso piazza Enzo Papi: con la sua struttura a esedra e i suoi porticati di cemento avrebbe dovuto ospitare una serie di servizi e attività per il quartiere. Non di rado simili progetti ideati per rendere più "abitabili" le periferie rimangono belle intenzioni o slogan elettorali. Gli esempi virtuosi ci sono: il Barrio's è un progetto fantastico e pionieristico di attivazione della socialità e di integrazione dal basso, così come il Villaggio Barona, tra via Ettore Ponti e via Zumbini, non distante da qui e dal Biko, oggi tempio della black music in città. Altra volte rimangono saracinesche chiuse, quando non piloni abbandonati sull'asfalto. Tipo qua. Ne tenga conto il sindaco di Milano Beppe Sala, che oggi immagina una città "a 15 minuti" in cui spostarsi dal proprio quartiere sia una scelta e non più una necessità.

Qui, in piazza Papi, c'è uno dei posti più belli e assurdi del quartiere: la fontana del Centauro dell’artista polacco Igor Mitoraj. È un'opera visionaria, resa quasi lisergica dalla calata nel contesto. Riprende i temi e gli stilemi dell'arte classica, a cominciare da quello della sofferenza dell'uomo, e ricorda un po' De Chirico. Un'opera sorella sta a Brera, dove viene più facile immaginarla. Attorno alla fontana siede un gruppo di ragazzi, tutti molto interessati all'arrivo di Inoki. Lui li invita a fare la foto tutti assieme. Loro gli chiedono se possono riprenderlo nelle sue stories. I diritti d'immagine qua sono una cosa molto seria. 

Sei un tipo da repack?

Così pare. Più che altro sono un tipo da "fare tante cose". Infatti sono già sotto con un altro progetto, che non ti spoilero, se no la prossima volta non abbiamo nulla da dirci. Ho fatto il repack di Medioego perché avevo la sensazione che ci fossero ancora tante cose da dire, perché nel disco c'erano quasi zero feat. e volevo coinvolgere degli artisti che stimo in questo progetto. 

Da dove salta fuori il feat. con Samuel?

Ci sta, no?! Anzitutto dalla voglia di lavorare con un grande artista e un mio coetaneo, visto che sul disco, a parte forse Noemi, sono tutti molto più giovani di me. Con Samuel c'era st'idea comune di provare a traccia vecchia scuola, un classicone maturo. A me ricorda Quelli che benpensano, in qualche modo. 

Quante volte sei passato alla radio in vita tua?

Tre o quattro volte. Io ho citofonato, però non mi hanno aperto (ride).

Nayt per me è super.

È uno che non spara puttanate, e per gente della sua età oggi è crema. Pure Bresh e Disme sono così. Abbiamo evitato Gucci, Prada e tutte quelle robe lì. Non è decisamente il nostro. 

Hai riportato Ghemon a fare rap, si ricordava ancora?

E certo, come ci si fa a scordare? Per gente come noi mettersi a rappare verrà sempre naturale. Io e lui ci conosciamo da vent'anni, da quando ancora si chiamava Ghemon Scienz, e più o meno da allora ci ripetiamo che dobbiamo fare un pezzo assieme. Di promesse così ne ho fatte molte negli anni, ora intendo rispettarle tutte. 

Uno dei pezzi più potenti è prodotto dal francese Onra. Chi è?

Lui è un super culto dell'hipster rap, quel rap figo, ricercato, per malati di vinile. Roba, per stare all'Italia, alla Mistaman e Unlimited Struggle. Onra è franco-giapponese e in Europa è tipo il numero uno di questa wave. Abbiamo voluto fare questa join venture e non vedo l'ora di portarlo a Milano e fare delle figate assieme.

Siamo arrivati nel giardino dei palazzi di via De Pretis, quelli che ospitano la nuova vita di Fabiano. Ci sono delle panchine di marmo in cerchio, con un grande spiazzo centrale. Non faccio nemmeno in tempo a pensare a quante penne possa avere fatto qua Mimmo, che lui appare. Ha uno scooterone enorme e pesantissimo, ma lo alza come fosse una bmx fino a fargli strisciare la targa sull'asfalto. Ora è Inoki a chiedere ai ragazzi che sia tutto ok se lui si fa fare qualche foto. Tutto ok, dicono loro. Pure più che ok.

Ti aspettavi un simile successo per Medioego, dopo anni artisticamente non semplici?

Questa cosa doveva succedere. Era nell'aria da tempo, soprattutto era nei miei pensieri da tempo. Ma non mi basta certo così. Il disco mi ha riposizionato dove dovevo stare, ora si tratta di correre per davvero.

Per arrivare dove?

Per produrre di più: più live, più video, più feat., più pezzi. Per aiutare la scena a crescere: anche se in passato ci avevo rinunciato, perché avevo visto troppe cose che non mi piacevano, voglio tornare a ricoprire il mio ruolo di motivatore e scopritore di talenti.

Cos'è il successo per te?

Guardarsi allo specchio e stare bene, essere felici di stare su questo pianeta. La serenità è il successo, a prescindere dalle fortune o le disgrazie che ti possano capitare. 

Cosa ti ha ridato la fiducia nel rap?

Per un certo periodo, tipo 10 anni fa, il rap è stato solo una marchetta, al che io mi sono dissociato e ho iniziato a dissare tutti. Quando da marchetta siamo passati a barzelletta, ho rivalutato persino la marchetta, che in confronto a quella roba pareva cultura. E mi sono detto che ognuno deve provare a fare la sua parte, mettersi in gioco e provare a trarre qualcosa di buono da tutto quello schifo che l'industria spesso porta con sé.

Se un disco hip hop senza mediazioni nel 2021 è arrivato nel mainstream, però, è senz'altro merito anche di tutti costoro. 

Vero. Ma se devo spendere dei grazie lo faccio solo per chi ha creduto in me, tipo Salmo o tipo Tedua. Io negli anni me la sono presa con tutti, compresi loro, ma loro hanno capito che nonostante io abbia un carattere non proprio semplice, magari su qualcosa potevo avere anche ragione e mi hanno aiutato a riprendermi la chance che meritavo di avere. Il grazie più grande, però, lo devo a me stesso, alle tonnellate di merda che mi sono mangiato in quel periodo e al coraggio di tornare sul mercato con le proprie verità.

Tra poco il sole calerà sulla Barona: prima se lo inghiottiranno i palazzi, poi scenderà fin dentro i campi di grano e i canali che rendono questa zona un po' meno Milano di altre Milano. Tempo delle ultime domande, di tornare a quell'indagine da cui siamo partiti. Sfacciata, dolorosa, indisponente. Fondamentale.

Inoki è uno che ritorna sempre.

La realtà è che io non me ne sono mai andato. Magari cambio zona, bar o giro, ma dal 1992 a oggi non mi sono mai spostato dalla strada. Sempre stato lì, fra. Non è un caso che tu mi abbia beccato sulla 74, e non sulla limousine. 

A che punto sei con la tua rinascita professionale, e con quella personale?

Per quanto riguarda la musica sono molto soddisfatto dei risultati che ho raggiunto quest'anno, mi sento all'inizio di un percorso che mi entusiasma. Spero che questo possa trainare anche la rinascita personale. Prima avevo trovato la serenità in una compagna e una figlia, ora non ci sono più e la cerco nel lavoro.

Dov'è che proprio non ce la fai?

L'ultima dipendenza vera che ho, come canto in un pezzo di Medioego, sono le sigarette, tutto il resto ormai riesco a gestirlo. Ed è una cazzata, perché fanno male e non danno nulla. La sigaretta per me è oggi è il rimasuglio di un percorso malato che è il momento di concludere.

Quando finisce il Medioego?

Se il Medioevo ci ha messo centinaia di anni prima di passare la mano, temo che il Medioego ce ne metterà almeno mille.

E il tuo di Medioevo, quando finisce?

Un paio d'anni, penso. 

A proposito, dove ti trovo la prossima volta?

Credo sempre Milano Sud, ci becchiamo sulla 74. 

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L'articolo Inoki: sulla strada ancora di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2021-11-16 11:52:00

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