Lorenzo Senni: "Ero sotto scacco da me stesso, poi il disco ha preso forma"

Il primo lavoro del campione italiano dell'elettronica per la Warp esce in un periodo assurdo, ma lui ai live a distanza non crede affatto. Il racconto della genesi di "Scacco Matto", nato da un incontro con Kasparov e grazie all'insegnamento dei Cure

Lorenzo Senni foto via Facebook
Lorenzo Senni foto via Facebook

"Primo italiano a firmare per la Warp" è un'etichetta difficile da staccarsi di dosso: quando la tua casa discografica è la stessa di Brian Eno, Aphex Twin e Autechre, giusto per citarne alcuni, sarebbe anche giustificabile montarsi la testa. Lorenzo Senni, invece, autore di successi di pubblico e critica clamorosi come Persona, è un tipo incredibilmente alla mano, e lo si può cogliere soprattutto quando parla delle sue passioni. Su tutte la fotografia, e poi ovviamente la musica, che lo ha svezzato da adolescente nella sua città di origine, Cesena, con l'hardcore e che lo ha poi portato a girare il mondo e a conquistare primi posti e podi a pioggia nelle classifiche internazionali di gradimento degli artisti elettronici. 

Ci siamo sentiti nelle scorse ore, quando è da poco uscito il suo ultimo disco Scacco Matto, attesissimo e già suonato dappertutto in queste giornate assurde. 

Come te la stai passando? 

Come tutti, alla fine. Io fortunatamente abito vicino a uno studio, che in realtà è più un seminterrato, dove ho tutte le mie cose e quindi sono venuto praticamente ogni giorno qua. Ho mantenuto una routine. Per quanto il disco, le date e tutto il resto, è tutto più complicato. Ma mi sono messo il cuore in pace per ora, siamo tutti messi un po’ così.

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Pensi che l’uscita del disco sia stata penalizzata da questa situazione?

Non saprei in realtà, ci sono tanti fattori da considerare ed è difficile capire se sarebbe potuta andare meglio o peggio. Tante uscite sono state posticipate, quindi c’è stato più spazio per la mia musica, però da un altro punto di vista mi sono trovato a fare poi tutta la "press" nel momento di picco, quando in realtà editoriali come Resident Advisor Crack non c’era nessuno e quasi non si lavorava. Quello è stato un un po’ un casino, poi, per quanto mi riguarda, anche i live fanno una bella parte di promozione, perché la gente viene coinvolta dal disco vedendomi suonare. Però, ripeto, non possiamo farci niente. Ieri mi hanno mandato il primo prospetto delle vendite e rispetto ad artisti che si pensava avrebbero venduto più di me non c'è male, quindi non so dirti. Di solito ci sono delle spie che ti permettono di capire presto come sta andando un disco, ma adesso è talmente un casino che non si riesce.

Anche chiuso in casa, riesci a fotografare?

La fotografia è il mio progetto più a lungo termine, perché fotografo tutti i giorni da 15 anni. Con questo disco sono riuscito a immergermi nuovamente in questa mia grande passione: la cover del disco è una fotografia degli anni sessanta fatta da John Divola, un fotografo che seguo da tantissimi anni e che ho sempre sognato di avere sulla copertina di un mio album. Quando l’ho incontrato a L.A., mi sono riavvicinato a tanti aspetti della fotografia che avevo un po’ perso. Con il lockdown pesante andavo in studio la sera e tornavo di notte, ed era incredibile vedere delle vie così deserte: uno scenario davvero strano. Mi ha ricordato un libro che si chiama Summer Nights, di Robert Adams, dove sono fotografati in bianco e nero dei paesini degli Stati Uniti senza anima viva: mi sono fatto ispirare da lui. Ne ho fatte diverse, ma ancora non ho visto il risultato, perché sto aspettando che i laboratori ritornino in attività. L'ho fatto perché quando andavo in studio la sera non è che avessi troppa voglia di fare musica, visto che avevo appena finito un disco. Sono curioso di vedere cosa è venuto fuori, anche perrché la pellicola in bianco e nero non la uso spesso.

Bianco e nero come le caselle degli scacchi: come mai hai scelto Scacco Matto come titolo?

Io ho sempre giocato a scacchi, anche se sono un pessimo giocatore. Per dire, Chess.com è una figata, se ti piace giocare diventa una droga, però l'idea del titolo del disco è arrivata durante la lavorazione, quando mi sono reso conto di trovarmi in questa situazione un po’ di scacco con me stesso, visto quello che volevo fare e quello che invece riuscivo a fare in termini di produzione musicale, ma anche di concept e idee. Poi ho incontrato Garry Kasparov al DLD a Monaco di Baviera, una tre giorni dove persone particolarmente ispirate presentano delle idee. È una cosa su invito, infatti non so come mi abbiano chiamato, sta di fatto che ho scambiato due parole con Kasparov e lì ho avuto la conferma che quello doveva essere il titolo.

Un segno del destino.

Per me è stato un po’ come per i Cure quando dovevano registrare Disintegration, una volta trovato il nome sapevano cosa fare in studio, mentre prima mancava il focus. Io quando ho trovato Scacco Matto ho capito davvero quello che stava succedendo in studio e mi ci sono messo a ragionare sopra, per poter costruire tutto il disco.

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Ho trovato molto bella l’idea del promuovere il disco giocando a scacchi online.

Quella è stata una via di mezzo per necessità. Il tema scacchi era già venuto fuori con i ragazzi di Warp anche in termini di promozione del disco, poi io avevo in programma di fare una settimana di eventi qua nel mio studio, tra cui un torneo di scacchi, e poi un party, tutto aperto al pubblico 24 ore su 24. Purtroppo per via del virus non si è potuto fare, allora abbiamo trovato questa piattaforma in cui sentire il disco, giocare a scacchi e chattare. A me ha divertito parecchio, avrei chattato anche per più quattro-cinque ore, ma alla fine ero veramente stremato. Anche perché il primo giorno i ragazzi di Warp pensavano che si connettessero boh, venti persone (ride), visto che il sito non reggeva il traffico, quindi abbiamo dovuto rimandare al giorno dopo.

Il tuo passato hardcore come ricompare su Scacco Matto?

Io e il mio grafico Daniel (Sansavini, ndr) ci divertiamo a inserire tanti riferimenti nei dischi, più o meno nascosti. Il font di LS per esempio è quello degli Uniform Choice, le x sono degli Anal Cunt, mentre Warp Records riprende la scritta dell’etichetta Victory Records. Così anche i titoli dei brani: Dance Tonight Revolution Tomorrow richiama un album della band screamo Orchid, Power of Failing è anche un disco dei Mineral. Wasting Time Lorenzo Senni Songs riprende di nuovo gli Anal Cunt, che sono una band che non posso sostenere al 100%, perché sono un po’ dei cani, politicamente scorretti, antigay e quant’altro, per quanto in maniera molto ironica. Non è una band che mi ispira per le loro idee, però i titoli dei loro brani sono arte. Questo in particolare è un sentimento che mi capita di provare quando sono in studio: ogni tanto mi passa per la testa se quello che sto facendo ha davvero un senso.

Invece in The Shape of Trance to Come eri andato a ripescare Ornette Coleman.

Non solo, però! Ornette Coleman, sì, aveva pubblicato The Shape of Jazz to Come, ma poi i Refused avevano fatto The Shape of Punk to Come e Lasse Marhaug The Shape of Rock to Come. Siamo tutti figli di Ornette Coleman, nel senso che lui aveva gettato le basi del free jazz, quello dei Refused è un disco post hardcore di culto e Marhaug fa invece harsh noise. Io ho fatto The Shape of the Trance to Come, ma è tutto probabilmente tranne che trance. L’ho usato per un singolo perché sarebbe stato troppo pretenzioso usarlo per un disco, e non potevo credere che nessuno ci avesse mai pensato prima. Sia chiaro che non volevo scrivere la nuova trance, è una mia visione personale, che ha come riferimento degli aspetti di quel genere. Tanti pensano che io sia un esperto della trance, ma in realtà tutto quello che so l'ho imparato in questi anni, attraverso migliaia di tracce. Se mi fosse interessato veramente al genere avrei fatto trance a tutti gli effetti, mentre a me interessano solo alcuni elementi di quella musica. Nelle recensioni alcuni dicono "ma questa non è trance!", quasi spazientiti. Infatti non pretende di esserlo.

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Lorenzo Senni, quello che pubblica con la Warp... Come sono andati questi anni?

Bè, ovviamente non me lo sarei mai aspettato, devo esser sincero, però quando ho incominciato a essere più a Londra e a vedere quanto fossero interessati a quello che facevo, ho iniziato a pensare che sarebbe potuto succedere. Per chi fa musica elettronica, può essere visto come un traguardo e ovviamente sono onorato di far parte del roster, però va anche detto che c’è tanto lavoro in più se vuoi continuare a comunicare le tue cose in maniera personale. Hai tanti uffici e persone diverse che si occupano dei vari aspetti del disco, e tutti che si rivolgono a te. È una cosa che fa piacere, ma porta via tempo e ti obbliga a rispettare le scadenze. Poi è stata una figata il fatto che mi abbiano chiesto di fare un disco dopo un EP: era una sorta di prova, serviva a loro per capire se io fossi la persona giusta per loro e a me per vedere come mi trovavo a lavorare in questo ambiente. Poi, avendo anch’io un’etichetta, mi rendo conto di come sia stare dall’altra parte, perché puoi trovarti artisti molto talentuos,i che però sono difficili da gestire, e magari spariscono per mesi. Io spingo molto per collaborare fra noi artisti di questa nuova generazione, chiamiamola così, visto che ci conosciamo tutti. Sarebbe bello fare più cose assieme, non solo come collaborazioni. Mi piacerebbe che Warp riuscisse a dare questa idea di community di artisti, io dalla mia cerco di avere un ruolo attivo. Purtroppo la situazione attuale ha frenato la cosa.

Cosa cambia tra le esibizioni in Italia e all’estero?

Devo dire la verità, a parte gli inizi, in cui mi trovavo a suonare in un contesto internazionale poco conosciuto, fatto di persone che più o meno fanno parte di una scena, quando ho incominciato a lavorare con la trance e a farmi conoscere agli eventi più noti, ho trovato più supporto all’estero. Questo credo, però, fosse dovuto a un fattore esotico, adesso la maggior parte del mio pubblico è in Italia. È la famosa storiella che una volta che hai ricevuto una credibilità all'estero, poi in Italia sono pronti ad accettarti. Non è stato così al 100% in realtà, perché comunque ci sono stati tanti in italia che hanno dovuto scoprire le mie cose prima di rendersi conto che potevano avere un certo valore e altri che sono ancora convinti che non abbia nessun valore artistico musicale, però adesso mi trovo un pochino a essere visto, usando un termine brutto, come "orgoglio nazionale". Adesso trovo tanto supporto qua, quando vado all’estero ci sono tanti italiani che o già sono lì o approfittano dell’occasione per venirmi a sentire e farsi un giro. Io non ho mai avuto la pretesa di dover convincere nessuno con la mia musica, però apprezzo molto che ci sia questo sostegno.

In Italia il carro del vincitore non ha più posti a sedere da un pezzo...

Ah ma io sono lo stesso, mi rivedo molto in quelli che seguono la mia musica. Io sono entusiasta e coinvolto allo stesso modo con alcuni artisti, specialmente se italiani, quindi capisco perfettamente il meccanismo che scatta.

Faccio un nome, Caterina Barbieri, ma potrei farne tanti. Davvero un gran momento per l'elettronica italiana...

Ci sono tante persone di talento, verissimo, ma c'è un problema di fondo. Per dire, in Inghilterra c'è un mercato, c'è un’industria che crea dei prodotti che devono consumati. Questo genera un mercato, soldi che girano e possibilità di espandersi. Per quanto sia un mercato della creatività, là i dischi e gli artisti li devono sfornare. Da noi non c’è questa cosa, le dinamiche non sono così forti. Se noi avessimo un’etichetta che fosse capace di essere così potente potremmo, per dire, sfruttare i ricavi degli artisti più noti per far crescere questa tendenza.

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Sarà possibile esibirsi tenendo le distanze?

A me non interessa. Cioè, mi interessa sopravvivere (ride) perché alla fine il novanta per cento degli ingressi economici vengono dai live, però non riesco a fare cose nelle quali non credo, per cui non sono particolarmente fan di questi live streaming. Io sono sempre stato in band da quando avevo 14-15 anni, a me piace molto stare sul palco e tutto il contesto del live. Spero che questa cosa non cambi, non riesco a immaginare dei concerti in cui non si possa stare vicini. Poi secondo me i giovani, a meno che non abbiano perso qualcuno, non sono stati toccati troppo da vicino, nel senso che non hanno così paura di questo virus, e appena ci sarà il via libera non penso che ci saranno troppe precauzioni. Aspetto che ci sia una soluzione, un vaccino, tutto quello che serve per poi poter tornare a quella normalità.

Fra l’altro dovevi esibirti al Primavera Sound di Barcellona...

Io ero davvero gasato per il Primavera, il palco era uno dei più fighi, vicinissimo al mare. Purtroppo le cose sono andate così, io ho tantissime altre date cancellate. Una cosa che spero è che tanti festival prendano l’esempio del Dekmantel, loro per l’anno prossimo hanno deciso di tenere la stessa line up che doveva esibirsi quest’anno, più altri artisti. Per artisti come me che avrebbero dovuto suonare tanto quest’anno è un problema, come è un problema pensare che il prossimo anno ci saranno tanti dischi fuori e che i promoter possano pensare solo ai dischi appena lanciati. Spero di poter recuperare tutti i festival, anche se sarà impossibile, ma vorrei davvero che il Primavera fosse uno di quelli propensi a riproporre gli stessi nomi.

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L'articolo Lorenzo Senni: "Ero sotto scacco da me stesso, poi il disco ha preso forma" di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2020-05-08 11:32:00

Tag: album

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