Tutto è pronto. MArteLive, straordinario "sistema artistico" della capitale, festeggia i suoi primi 25 anni, ie lo fa con un’edizione speciale dal titolo MArteLive Connect, che il 14 e 15 ottobre occuperà 10 palchi trail Lanificio, cuore pulsante del Festival, l’Atelier Montez e il MONK di Roma.
Il festival – che l'anno prossima celebrerà la sua Biennale – dopo un quarto di secolo continua a essere un ponte tra passato e futuro, mettendo assieme la musica e varie discipline, artisti emergenti e poco conosciuti come quelli che partecipano al suo celebre e partecipatissimo Concorso e altri affermati, con percorsi internazionali e grandi riconoscimenti. Un festival diffuso, capace di generare un forte impatto culturale, artistico ed economico e sociale significativo. Che mira a trasformare i luoghi in cui si trova in comunità creative e a "reinventare la modernità" attraverso l'arte. Un’esperienza totale (come dal titolo del suo clou, Lo Spettacolo Totale), con performance contemporanee, installazioni, workshop e, soprattutto, una grande energia condivisa.
Ci siamo fatti raccontare di più da Giuseppe Casa, fondatore di MArteLive 25 anni fa e ancora oggi anima della rassegna.
Venticinque edizioni sono parecchie. Che effetto vi fa e che rapporto avete con gli anniversari?
È strano, perché 25 anni sembrano tanti ma a me sembra di non essermi mai fermato. MArteLive non è mai stato un evento, ma un organismo vivo che cresce, cambia e assorbe energie. Gli anniversari non mi emozionano come traguardi, ma come passaggi di trasformazione. Ogni volta che ci guardiamo indietro scopriamo un nuovo significato del percorso.
Quali erano gli obiettivi e la visione 25 anni fa e quale oggi?
All’inizio l’obiettivo era rompere il muro tra palco e pubblico, tra le discipline, tra chi “c’era già” e chi non aveva spazio. Era un’urgenza più che una strategia. Oggi quella visione è diventata un ecosistema. MArteLive è ancora un atto di superamento delle barriere, ma più consapevole. Non vogliamo solo dare spazio, vogliamo generare sistemi culturali che si autosostengano, mettere in rete energie creative e farle camminare insieme. Quando ho visualizzato MArteLive, 25 anni fa, vedevo nel live il futuro: si vendevano i cd, ma percepivo che sarebbero morti, e che invece la cosa che sarebbe rimasta per sempre sarebbe stata il livee. Il live che spacca... o la sua esperienza. Sapevo che le persone avrebbero sempre voluto vivere esperienze, e oggi è cosi. Questa cosa nel tempo abbiamo voluto farla diventare un System - il MArteLive System - e ci stiamo lavorando ancora
MArteLive "reinventa la modernità". Mi piace molto questa espressione. La puoi spiegare meglio?
Per me “reinventare la modernità” significa riportare al centro la contaminazione. La modernità oggi è satura, compressa dentro algoritmi e target. Noi la reinventiamo mettendo in discussione gli schemi, riattivando il contatto umano e il caos creativo. È un atto di libertà artistica e umana. Non c’è nostalgia del passato. C’è una modernità che torna viva, distorta, piena di contraddizioni. Pronta ad avere un impatto multidimensionale sulle persone, sugli spazi e sulle arti che incontra. MArteLive non ha mai seguito le mode, le ha spesso anticipate: forse ha anche fatto cose che sono superate, ma non importa, perché se la cosa funziona, se è arte, allora noi la facciamo. Ad esempio i Plaid, Fujiya & Miyagi, che in questi giorni si esibiscono ad Atelier Montez e Lanificio sono moderni? Sono passati? Ma cosa importa? Questi spaccano!
Perché è importante oggi fare un festival multidisciplinare, mentre sempre più realtà si muovono in "verticale"?
Perché la realtà non è verticale. È intrecciata, complessa, multiforme. L’arte nasce dall’incontro tra linguaggi. Un festival multidisciplinare oggi è un laboratorio del futuro, uno spazio dove i mondi si parlano. È lì che si crea davvero innovazione: quando un attore incontra un dj, un danzatore lavora con un videomaker, o un artigiano trasforma un palco in scultura mentre un musicista segue il processo, improvvisando. Una delle cose a cui punto di più nella vita è esprimere il massimo potenziale: un festival multidisciplinare ti permette questo, perchè ti da la possibilità di esprimere al massimo la tua essenza, in diversi modi.
Perché un festival diffuso mentre tanti vanno verso il maxi evento?
Perché l’arte ha bisogno di respirare nei luoghi, non di chiuderli dentro un recinto. Il festival diffuso restituisce alle città la loro anima, rigenera spazi e persone. Non ci interessa riempire un solo Teatro, ma accendere dieci spazi diversi con la stessa scintilla. È un atto politico e poetico insieme. La Biennale MArteLive nel 2022 ha avuto una grossa affluenza di pubblico, 55 mila persone, tra tutti i progetti speciali: non sono poche e nel 2026 puntiamo a crescere ancora. Per capire cosa sono i progetti speciali, consiglio di vedere questa pagina.
Si riesce a calcolare quanti artisti si siano esibiti in questi anni?
Abbiamo superato i 15.000 artisti tra Concorso MArteLive e ospiti. Impossibile contarli tutti. Alcuni oggi sono grandi nomi, altri hanno scelto strade diverse ma restano parte della nostra storia. Penso ai primissimi reading di scrittori che ora pubblicano per grandi case editrici. Oppure Valerio Lundini. Alcune storie interessanti come la scoperta dei Nobraino (con un contratto firmato in bagno prima di farli salire su un palco importante), o di Gio Evan, che aveva un disco sepolto nel suo sito, e c’ero io che insistevo per rimanaggiarlo e farglielo pubblicare, perchè ero sicuro che avrebbe fatto successo: cosi è andata. Oppure quella volta che io e Tonino Carotone ci siamo incontrati nel camerino e abbiamo inventato una canzone - L'uomo col cappello - che è diventato un audio su WhatsApp. Poi ci sono tante storie che non posso raccontare! La cosa che mi emoziona di più è quando un artista mi dice: “La prima volta che sono salito su un palco è stato al MArteLive”. Quello è il senso di tutto per me.
Perché credete ancora nei concorsi e nella necessità di scoprire nuovi nomi e volti?
Perché il talento esiste, ma ha bisogno di incontrare opportunità. I concorsi, se fatti bene, non sono gare ma dispositivi di scoperta. Non cerchiamo vincitori, cerchiamo connessioni. Ogni anno incontriamo persone che hanno solo bisogno di una spinta, di uno sguardo che li riconosca. Hanno bisogno di essere visti. È la parte più bella e più pura del nostro lavoro. Scoprire un nuovo talento e vederlo crescere sotto la tua ala è una delle cose più belle che possa accadere.
Cos’è esattamente MArteLive Connect?
MArteLive Connect è il nostro modo di dire che l’arte non vive da sola. È una rete fisica, digitale e immaginaria che connette artisti, operatori, spazi, persone e istituzioni. Vogliamo che chi entra nel nostro ecosistema non si senta un ospite, ma una parte attiva di questo flusso. “Connect” è una parola chiave del futuro: connettere energie, storie, visioni. Venticinque anni dopo, noi non celebriamo il passato: lo afferriamo, lo impastiamo e lo trasformiamo. Abbiamo capito che non esiste un palco dove chiudere le arti, perché la città stessa è il loro palco. I locali, le strade, le persone diventano parte della scena. MArteLive Connect libera 16 linguaggi artistici che si cercano, si trovano, si scontrano e infine si incontrano su 10 palchi diversi, tra Lanificio, Monk e Atelier Montez. Noi non chiediamo al pubblico di venire a guardare cosa succede, ma di attraversarlo. Di sentirlo, abitarlo, respirarlo. Non si tratta di spettacoli o line-up: si tratta di un atto artistico che accade e non si ripete più, perché quegli artisti non torneranno a incontrarsi nello stesso luogo, nello stesso momento, sullo stesso palco. Ho sempre detto che è un viaggio lisergico al naturale — come prendere un trip senza prenderlo davvero.
Venendo alla musica, che pensi della situazione oggi?
È un momento di grande confusione e di grande possibilità. Credo molto nella GEN Z. C’è una sovraesposizione ma poca profondità. Gli eventi si moltiplicano, ma spesso mancano le visioni. Però c’è anche una nuova generazione che si muove in modo indipendente, con autenticità, cercando esperienze vere. Credo che la svolta dipenda da questo: se torniamo a fare musica per incontrarci, non solo per apparire, allora sarà in meglio.
Ci fai i nomi dei progetti musicali che più ti incuriosiscono oggi in Italia?
Andrea Lazlo de Simone, senza dubbio alcuno. I tamango, che sono delle stessa scuola istrionica dei Nobraino. I Neoprimitivi.
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L'articolo MArteLive continua a reinventare la modernità di Redazione è apparso su Rockit.it il 2025-10-14 14:37:00
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