Heza - Padova, via mail, 28-06-2004

I rodigini Heza sono una delle ultime produzioni RedLed, e dopo una bella gavetta sono giunti finalmente al primo disco "ufficiale". Alle domande di Rockit ha risposto Marco Ragni, voce della band.



Partiamo subito con la domanda dalle 100 pistole, come diceva il buon Sandro Paternostro: che senso ha fare grunge oggi? Perché – non negatelo, ci sono le prove – voi fate grunge…
Marco Ragni: Per Heza ha senso fare musica, le etichette le lasciamo ai giornalisti. Se vuoi chiamarlo grunge… in realtà, è solo la somma di cinque differenti personalità facenti parte di un’unica entità, Heza. I nostri stili di vita, le nostre gioie e le nostre paranoie han fatto si che nascesse questo tipo di musica,quest’album. Non è detto che il prossimo disco suonerà uguale, siamo alla continua ricerca della nostra perfezione e comunque fieri di quello che facciamo, consci di avere dei limiti che sono poi la nostra forza. Insomma definiscici come vuoi, per noi è musica, è vita.

Scorrendo e ascoltando i testi è evidente una grossa componente religiosa, più specificamente cristiana: penso a “A Gerico”, ma anche a diversi passaggi di altri pezzi, “Eterno”, “Niente da perdere”, “Labirinto” e potrei continuare… Christian rock?
R.: Mi fa un po’ sorridere questa tua domanda… Tu senti cristianità in “Eterno” e “Niente da perdere”? Pensa che le ho scritte quand’ero un praticante buddista! E sono vagamente ispirate. Questo per farti capire quanto le religioni siano legate tra loro da un forte credo: l’amore per la vita e il rispetto del prossimo. Per quanto mi riguarda, ho cercato di riportare la mia vita nei testi che scrivevo, non ho voluto fare della propaganda, ho solamente parlato di quello che più mi riempiva la mente e il cuore, e credo lo stesso si possa dire di Matteo, l’autore tra l’altro di “A Gerico” e della buona parte dei testi del disco. Ognuno può leggerci quello che vuole, non siamo intolleranti, se poi a qualcuno non va giù il fatto che si parli di fede profonda, beh quello non è un problema nostro, ci dispiace ma noi siamo anche questo.

I testi evidenziano uno stile inconsueto, che definirei “mediorientale”: si sente l’influenza della Bibbia, ma citate anche Kahlil Gibran…
R. Come sopra… Ci fa piacere che sottolinei lo stile personale dei testi. Anche un po’ di Islamismo? Heza nel mondo!

C’è un continuo oscillare tra certezze (la fede) e tipico smarrimento esistenziale grunge (“Niente da perdere”) che spesso deriva – guarda in po’ – da dubbi di fede…
R.: Esatto! Questa canzone parla di dubbi, parla della mia fede svanita, parla di sogni inseguiti, parla di una persona in particolare che con le sue belle parole ci aveva lusingato, parla di me. La vita è fatta di dubbi e certezze, poche del resto. Nei brani che abbiamo scritto c’è la quotidianità, la nostra, ma anche quella di buona parte della generazione che ci appartiene, quindi non solo grunge .

Ma non c’è troppa religione in giro? Non si finisce di scannarsi per lei…
R.: Il problema non è la religione, è la gente che la usa come pretesto. La religione non crea differenze, l’uomo sì.

Dai testi emerge anche una polemica contro l’apparire. E poi è carino il rovesciamento dello slogan pubblicitario “perché io valgo” in “naturale”…
R.: Sì, è stata un’idea di Matteo, ogni tanto usiamo anche l’ironia. Comunque non è una polemica, è solamente un volersi distaccare da certi stereotipi. Se penso a quello slogan mi vengono solo in mente le parolacce che ho “tirato” quando ho dovuto cantare la parte in studio. Dovevo urlare così forte per esprimere il mio dissenso che non riuscivo mai a prendere la nota… quante risate!

Nel vostro disco suonano Fabrizio Coppola e Malastrana. La produzione artistica è divisa tra voi e David Lenci (a proposito, lo sapete che esiste un David J. Lenci giudice minorile, pensa un po’, a Seattle? Quando si dice il destino…). Dai, diteci qualcosa su queste collaborazioni.
R.: Hum… come mai conosci giudici minorili? Collaborare con qualcuno è sempre un’esperienza appagante, soprattutto quando lo fai con degli amici che come te inseguono un sogno. Fabrizio è stato una piacevole sorpresa. Quando lo abbiamo visto in studio la prima volta, ci stava sulle palle, sai lui registrava di notte e sembrava la star. Mai fermarsi alle apparenze. Tra un bicchiere di vino e un piatto di pasta, abbiamo fatto conoscenza ed è nata questa semplice collaborazione in cui Fabrizio si presta a suonare le percussioni in un paio di brani. I Malastrana sono un buon gruppo della nostra città, ci conoscevamo da un po’: ci sembrava bello coinvolgerli in questa avventura. Loro hanno scritto delle parti di elettronica, ma non sono venuti in studio, lo hanno fatto nella loro “casetta”.

Siete stati a Rock tv, state girando per un po’ di radio, Stefano Bertelli (Estra, Persiana Jones, Invasione degli omini verdi, Moravagine) ha girato il vostro video e ha inserito una vostra canzone nel film che sta completando… cosa prova una band emergente quando assaggia la sua prima fetta di torta del mondo dei media?
R.: Niente di particolare, è bene restare con i piedi per terra, anche se ad onor del vero, non è che stiamo diventando delle stelle del panorama musicale italiano. E’ stato divertente girare un video e soprattutto è stato spassosissimo vedere “quei due” a Rock Tv. Speriamo di crescere anche da questo punto di vista, con più impegni e apparizioni televisive. Su dai, comprate in massa il nostro cd, non fermatevi alle semplicistiche recensioni, veniteci a vedere in concerto!

Veniamo al sodo. Si suona in giro? Si vende?
R.: Suonare è diventato un lusso, ormai si richiedono solo Tribute Band. È sempre più difficile trovare considerazione da parte dei gestori di luoghi pubblici. Sembra che alla gente interessi solamente sentire dei Juke Box umani. Per quanto riguarda le vendite, ti posso dire che stanno andando come il primo disco dei Velvet Underground, quello con la banana in copertina. Nel 1967 a New York vendettero un migliaio di copie, poi… Mai sentito parlare di Lou Reed? Siamo fiduciosi…

Concettualmente, adoro Marzullo. Perciò fatevi una domanda e datevi una risposta.
R: Pensate che i giornalisti che soffrono di “Marzullite” siano come i musicisti "Coveristi”? Sì.

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L'articolo Heza - Padova, via mail, 28-06-2004 di Renzo Stefanel è apparso su Rockit.it il 2004-06-28 00:00:00

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