Descrizione

A un anno e mezzo di distanza dal precedente Alien Peyote tornano i Jesus Franco & The Drogas con un EP in vinile che vuole essere al tempo stesso un compendio del precedente lavoro e un preludio a un nuovo sound che si affaccia all'orizzonte, lasciando intravedere nuove interessanti mutazioni del loro rock'n'roll transgender. "Damage Reduction" è il titolo che dà il nome al disco, in perfetto stile Jesus Franco & T.D., uno stile che attinge come sempre a un immaginario degradato, ma ironico, che racconta delle bassezze umane senza mai prendersi troppo sul serio.

Giunti ormai al decimo anno di attività, i Drogas festeggiano con questo EP in cui ancora una volta il rock è celebrato e venerato come una sorta di totem ancestrale, un mezzo espressivo da dissezionare e riassemblare in nuove forme capaci ancora di parlare a tutti. La "riduzione del danno" immaginata nel titolo è quella nei confronti del degrado inarrestabile a cui la civiltà dei consumi ha condotto l'essere umano; ma il modo di trattare l'argomento è quello sghembo e veemente dei Jesus, che finisce sempre per bruciare le brutture del mondo in un mare di chitarre distorte.

Utilizzando come titolo il numero che fu lo pseudonimo con cui si fece conoscere il primo batterista dei Dead Kennedys ("6025"), poi passato alla chitarra prima di ritirarsi definitivamente, colpito da una crisi religiosa, i Jesus aprono il disco nei panni di predicatori psichedelici intenti in un visionario sermone anti- consumistico, a ritmo di danza indiana in versione panzer, incalzata da chitarre oceaniche convulse in droni e feedback, che mostrano già una prima mutazione del sound in direzione di atmosfere più cupe e astratte. Atmosfere che trovano una conferma in "Money (Won't Change Me)", in cui il tema topico del dissidio tra la necessità di una stabilità economica e l'esigenza di rimanere fedeli ai propri principi si fa mezzo ideale per una scorrazzata dalle parti dell'Amphetamine Reptile.

Il lato B ci mostra invece l'aspetto più familiare dei JF&TD, quello che avevamo già conosciuto con Alien Peyote, elevato qui a una sorta di "brand". In"The Wrong Side of El Paso" una coppia si ritrova nella parte malfamata di El Paso (la parte messicana) per rimediare un po' di coca, ma finisce per litigare: lui ha perso il portafogli e lei ha speso gli utlimi spiccioli in un paio di scarpe da due soldi viste in vetrina; sotto nel frattempo scorre a tutta velocità un treno sonico di riff da cineteca del rock, riff utilizzati come vocaboli di una lingua pura e universale, parlata con scioltezza e ad alti livelli di potenza. In "Austin" infine i Jesus fondono cadenze stoogesiane e chitarrismi à la Tom Verlaine per fare da sfondo alle invettive anti- istituzionali di un camionista vessato dalle tasse che spende tutti i suoi pochi soldi in droga e puttane.

Eccolo qui l'universo dei JF&TD, storie surreali, grottesche, che mettono in evidenza le contraddizioni della cosiddetta civiltà dei consumi, prendendo l'America non solo come orizzonte degli eventi di questo tipo di civiltà, ma anche come terra mitologica della cosmogonia del rock, perché è di questo che ci parlano i Jesus Franco & T.D. con la loro arte. E proprio quel rock sembra essere per questa band l'unica possibile "riduzione del danno".

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