OKLAND

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2017 - Trip-Hop, Sperimentale, Elettronica

Descrizione

Il filo conduttore di questo EP è quello dell’interazione esistente nella società moderna tra l’uomo e la tecnologia. In realtà, sin dalla sua comparsa sulla Terra, l’homo sapiens si è sempre ibridato con gli strumenti che ha ideato. Che cos’è la tecnologia se non l’arte del saper fare (“tékhne-loghìa”)? Oggi, però, quel processo di trasformazione e cambiamento della società, che è sempre esistito, risulta essere molto più veloce grazie a tutto quelle innovazioni che vanno sotto il nome di tecnologia dell’informazione. Questa eccessiva rapidità potrebbe arrecare danno allo stesso essere umano minando il suo fragile equilibrio emotivo e psicologico.

Gli Okland si interrogano sulla connessione / contrapposizione della sfera umana e di quella digitale utilizzando nei quattro brani che compongono questo EP due diverse linee sonore che si intrecciano continuamente l’una nell’altra. Da un lato abbiamo le sonorità più acustiche ed emotive: gli strumenti acustici danno vita ad un’atmosfera calda e solare, mettendo al centro dell’indagine musicale la nostra stessa anima, le nostre emozioni più intime, il nostro bisogno di interagire e stringere rapporti con i nostri simili. L’altra faccia della medaglia è rappresentata dai suoni freddi e lunari dei synth, questa componente elettronica dà vita ad atmosfere solitarie e distaccate, l’uomo viene immerso in un flusso continuo di byte che penetrano, sempre più a fondo, nelle sue ossessioni e nei suoi timori.

Quattro canzoni, perennemente in bilico tra uomo e macchina, nelle quali la band torinese indaga sulla retroazione che lo sviluppo tecnologico ha sul singolo individuo. Se da un lato essa potrebbe potenziare e far emergere alcuni aspetti nascosti dell’essere umano, dall’altro potrebbe causare la definitiva scomparsa di altri aspetti gettando l’uomo nello sconforto e nella solitudine. L’alienazione, infatti, è il pericolo più grande: l’uomo diviene totalmente dipendente dalle macchine e rinunzia del tutto ai rapporti personali con i propri simili. Il tema dello spodestamento dell’uomo ad opera delle macchine è stato frequentemente studiato ed analizzato, basti pensare alle opere di Isaac Asimov o Philip K. Dick. Quest’ultimo descrive, spesso, un mondo in cui domina la confusione, nel quale l’uomo ha serie difficoltà nel riconoscere sé stesso dagli androidi che ha fabbricato, temendo di venire irrimediabilmente spodestato da queste creature artificiali.

La paura di scomparire per sempre è anche il tema della prima canzone dell’EP, “Celeno”. Celeno è una delle arpie, un essere mostruoso legato alla tempesta ed all’oscurità, che nel brano rappresenta il processo di dissoluzione a cui sta andando incontro l’essere umano, sempre più attento e preso dalle innovazioni tecnologiche e sempre più disinteressato delle sorti dei suoi simili meno fortunati. Uno dei rischi, infatti, del sistema neoliberista ipertecnologico che si sta imponendo nel mondo è quello di far accrescere sempre più le disparità e le diseguaglianze tra ricchi e poveri. Da questo forte squilibrio, da questa profonda incomunicabilità tra le persone non potrà che generarsi caos, distruzione, guerra. Il secondo brano, “Indra”, divinità vedica della violenza, suscita, infatti, inquietudine e trepidazione nell’ascoltatore che viene gettato al centro di questa scena tempestosa. Forse solo l’arte ed in particolare la musica ha il potere di toccare il cuore dei singoli individui, di rompere i muri di indifferenza, di trovare qualcosa di luminoso e positivo nel buio e nel freddo della notte. “Màni” è il terzo brano dell’EP, rappresenta anche un’invocazione liberatoria, il passaggio dalla notte al giorno: Máni è colui che guida il carro della Luna, che al termine della notte cede il controllo al fratello Sol, colui che guida il carro del Sole.

La fine dell’EP è affidata all’unico brano non completamente strumentale, “Dive”, un brano nel quale le atmosfere più pessimiste e distropiche sembrano essere state messe da parte in nome di una ritrovata fiducia nelle capacità dell’uomo a governare il cambiamento senza farsi più travolgere dalla tempesta. Ci riuscirà davvero?

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