Descrizione

L’oscurità si attraversa necessariamente da soli. Questo deve aver pensato il compositore e chitarrista torinese, avvicinandosi all’idea che sarebbe diventata il suo quarto disco solista (l’undicesimo se si contano le sue frequenti collaborazioni). A dieci anni dall’esordio Undici Pezzi Facili, Paolo decide che non è più tempo per rincorrere un film girato da altri: non c’è bisogno d’immagini di terzi per scavare nel proprio cuore. Nessun ospite quindi (o quasi) per un viaggio nel profondo che pretende solitudine e che parte e arriva su accordi di chitarra, unico baluardo. Tutto è generato da quello strumento, se si escludono pochissimi e scarni beat, come nell’ipotesi trip hop di Ablazioni. Il resto è suono che apre sentieri, suggerisce idee, rincorre fantasmi. Così, gli spazi dello studio di registrazione (mai cosi presenti e fisici come ora) coadiuvati dal sound design da fine artigianato di Gup Alcaro,
hanno permesso a Spaccamonti di addentrarsi in un viaggio che è crudo e intimo, scuro ma alla continua ricerca di luce. Come l’animo umano, croce e delizia. Quello di Paolo, mai cosi a nudo. Attraverso la Paris, Texas terminale di Nina, lo spazio vuoto di Un Gelido Inverno, la sincope di Paul Dance che apre al limbo Sunn O))) di
Fumo Negli Occhi, fino allo sguardo all’insù a cercare una via d’uscita (Luce). Abbandonatevi al racconto di Volume Quattro, alla sua verità.
— Mauro Fenoglio (Rumore)

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