Dirtyfake Shallow Depths 2012 - Indie, Grunge, Alternativo

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Tanta melodia e atmosfera: i Dirtyfake crescono e firmano un disco bello.

“Nascono amori più intensi col buio” mi ha detto una volta qualcuno. E così “Shallow depths” l'ho ascoltato al buio, mentre affrontavo un lungo viaggio, ricordando ogni tassello del viaggio musicale dei Dirtyfake: un EP bello, ma derivativo e un LP che apriva tante buone speranze per il futuro. Questo terzo lavoro è a un passo dalla cima della montagna. Questi sono i Dirtyfake. Non sono più i Dirtyfake che suonano come i Radiohead, i Pavement, i Codeine. Questi sono i Dirtyfake nella loro pura vera essenza. Il rock come lo suonerebbero i Dirtyfake. Non che abbiano inventato un genere, sia chiaro, le influenze sono sempre le stesse e si sentono, però questo disco non suona più come un tributo a qualcosa di già fatto. Suona come i Dirtyfake che hanno interiorizzato trent'anni di musica, dalla new wave, al grunge, al post-rock, all'indie rock americano degli anni 90, hanno mescolato tutto nel calderone della loro sala prove e respirato i fumi intossicanti di chitarre rampicanti, bassi che hanno il ritmo del passo, atmosfere scure e nostalgiche.

Dalle concessioni quasi surf-punk di “Early revolution”, alla seducente e avvolgente spirale di “Christic love”, al marciodentro di “Pick one more number”, si passa alle soffuse e dolci note di “About a son”, una ballata straordinariamente nostalgica, che soffia come un vento di speranza, accompagnando i passi di un valzer sulla luna: meraviglia delle meraviglie, le chitarre finali, come mille braccia protese verso il cielo. Vale lo stesso per “La vita è una severa maestra”, dal testo duro raccontato però con una maestria nello sviluppo della melodia che da sempre contraddistingue i Dirtyfake. A coronare, “Evergrey”, il brano più bello del disco, come occhi viola che guardano a nuvole grigie, a incubi di fughe e comodi letti di cori accorati.

Tutto questo è “Shallow depths”, che dalle basse profondità emerge sempre più verso l'alto, a crescere, stupire, cullare. Di melodie così non se ne sentono tante. Mi auguro che il prossimo passo dei Dirtyfake sia quello definitivo.

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La recensione Shallow Depths di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-09-21 00:00:00

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