Un album di techno con venature trance, particolarmente emotivo.
Ho sentito Spada via email e dice che si trasferisce a Miami. L'ho sentito mica perché è mio amico ma perché gli ho comperato il disco in cd e dobbiamo vedere come fa a spedirmelo ora che è in mezzo ad un trasloco fra il Trentino e la Florida, che non è esattamente dietro l'angolo. E questo, cioè il fatto che nonostante avessi a disposizione la copia promo del disco io mi sia procurato a mie spese “Renaissance”, che è credo il primo album di Spada, è di per sé una recensione. Molto positiva. Ma siccome non posso dirvi “Io mi sono preso il disco, fate altrettanto ché adesso poi Spada c'ha anche delle spese”, allora articoliamo pure e diciamo che Spada è fra quei pochi di cui mi sia capitato di parlare qui su Rockit che non stanno da nessuna parte. Ovvero non sono in un trend particolare, non sono dei veri epigoni ma nemmeno fanno della musica totalmente aliena da altre esperienze musicali (per forza, dite voi, tutto è già stato fatto bla bla). Fanno semplicemente cose che possono richiamare questo o quello ma le fanno senza badare alle mode e le fanno anche molto bene.
Spada, dunque, nella fattispecie, ha messo insieme un album di techno con venature trance particolarmente emotivo (sentite “Mum” con i suoni del bambino che scherza e gioca e la macchina fotografica che scatta) che ti fa dire una volta Plaid (i suoni di “Norah”), una volta persino Burial (“Sunrise”); una volta Paul Oakenfold (“Night and day”) e una volta pure Derrick May (“Snowpark”). Un album che per appartenere al genere si rivela melodicamente ricco e con dalla sua vere perle come “The first light” e “Renaissance” (ft. Zefora). Quindi prima che Spada parta e ciao ciao Italia, prendete il disco così si almeno ci si paga il taxi.
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La recensione Renaissance di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-10-29 00:00:00
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